05 Capitolo New York 13 Settembre "Complicazioni" - Parte 2

72 11 7
                                    

JUSTIN

Poco prima della festa.

Il mio Lumia vibra continuamente. Una delle mie assistenti si è materializzata in un baleno per ricordarmi che ho una vita sociale telematica da curare indipendentemente dalle mie tragedie personali. E poi c'è l'accordo con Microsoft che mi ha dato una vagonata di soldi per usarlo in pubblico. Spera che i ragazzini si sentiranno invogliati a comprarne uno se lo vedranno tra le mie mani.
Io ci credo poco, ed in fin dei conti uso gli smartphone pochissimo. C'è gente che twitta al posto mio, posta aggiornamenti di stato su Facebook, aggiorna la mia Snap story... per non parlare di Instagram. Dovrebbero essere scatti naturali, improvvisati, impulsivi. Invece sono progettati. Daddy JJ ha preteso di assumere un direttore della fotografia per quello.
Alla finisce la percentuale di materiale non filtrato che finisce sui social è microscopica, infinitesimale.
Mi rendo conto che chi mi segue da sempre probabilmente sa cogliere le differenze. Forse quella manciata di persone capisce se uno scatto viene davvero dalla fotocamera del mio smartphone, se una frase scritta ha avuto origine nelle mia testa.
Io ci spero, in un angolino della mia mente. Chissà che un giorno non possa parlare con qualcuno di loro.
In realtà la cosa mi spaventa anche un po'. Perché non sono sicuro di ciò che accadrebbe.
E se scoprissi che mi sto solo illudendo? Se non esistesse quel tipo di persona? Forse è lo stesso per tutti, e per colpa mia.
Ho deciso di cambiare gli equilibri. Ho permesso al mio staff di dipingermi come il tipo di persona che il mercato discografico chiedeva che fossi.
Pericoloso, taciturno, perso. Le ragazze hanno dato di matto, come e più di prima.
Ho lasciato il trono del ragazzino a posto ai miei eredi. Ci sono gli One Direction, Shawn e decine di altri cloni.
In un certo senso è stata una liberazione. In molti altri modi è stato solo come scegliere una gabbia diversa.
Adesso devo camminare, parlare, esibirmi, persino fare sesso come il nuovo stereotipo impone.
Un giorno ne sarò vittima. Soffocherò. Ne sono certo. Diventerò una di quelle star maledette che muoiono a 27 anni? Come Amy Winehouse?
Non sarebbe tanto male. Cristallizzato nella memoria di milioni persone. Un sogno condiviso impossibile da scalfire. Un fantasma che tormenta i sogni bagnati di così tante persone al punto di diventare quasi materiale, parte della nostra cultura pop.
Come Merylin o James Dean.Forse non si potrebbe aspirare a fine migliore.
Stronzate. Smettila Justin.
Spesso la realtà è molto più livida. Miserabile.
James Dean era un debole malato. Ho letto un post online qualche giorno fa. Un giornalista ha scritto un romanzo raccogliendo testimonianze su James. Racconta che era follemente innamorato di Marlon Brando. Che avevano una relazione nascosta. Un rapporto sadomasochista.
James lo implorava di fare sesso con lui e gli chiedeva di essere violento. Aveva delle bruciature di sigaretta sul corpo che molti suoi amici avevano visto. Diceva che gliele aveva procurate Brando, e che lui era stato consenziente.
Passava nottate intere fuori dalla porta d'ingresso della casa di Marlon sperando che lui lo facesse entrare. Succedeva raramente, e quando la porta si apriva gli amplessi erano violenti e crudeli.
Lui lo amava, ma Brando non lo aveva mai ricambiato. Pare che alla fine James si sia spento dentro, cercando di affogare la solitudine nell'alcool.
Quanto deve essere stato profondo il buco che si portava nel petto? Quanto doveva essere potente quella disperazione nei suoi occhi?
Su Wattpad ci scriverebbero una fanfiction con i fiocchi.
Ne sono certo. Questo abisso c'è anche mia mente, è ammiccante. Le persone ne sono attratte come la luce e la gravità nel gorgo di un buco nero. Una forza a cui non ci si può opporre.
Però quella forza è dannatamente distruttiva. Una volta che sei tra le sue spire finirai per farti male.
Ma chi prendo in giro?
Farti male? No. Ti annienterà!
Loro non hanno paura. Lo sanno. Sentono il pericolo e fanno finta di nulla. Vogliono annusare l'odore del sangue e della morte. Vogliono assaggiare le mie labbra, farsi sottomettere, gridare e piangere, poi addormentarsi.
Come Noemi. Come tutti gli altri.
Il telefono vibra e so che è lei. La dannata festa. Siamo in ritardo perché mi sono perso dentro me stesso.
"Non venire da me, ho un problema con Jaxon. Vengo io. Ci vediamo tra qualche minuto, piccola."
Jaxon si è quasi addormentato tra le mie braccia. I due idioti che ci ritroviamo come genitori adesso stanno a cuccia. Tengono le distanze con la coda tra le gambe.
Il mio piccolino.
Me lo sono fatta addosso quando ho capito che l'acqua lo aveva quasi soffocato. Ho sentito le ginocchia cedere. Il mondo ha smesso di ruotare ed il tempo ha smesso di scorrere.
Poi ha gridato, tossito, pianto. Ed è stata la cosa più bella che abbia mai sentito. Se poteva cacciare delle urla così forti non doveva star poi così male.
Dio è stato buono con me, oggi.
Dovrei sentirmi grato per ciò che ha fatto per me. Invece mi sento solo in colpa. Perché non so se posso fare qualcosa per sdebitarmi.
Berdie è accanto a me e mi accompagna fino alla cameretta di mio fratellino.
Ha tenuto la bocca chiusa e mi ha aiutato a cambiarlo, asciugargli i capelli, mettergli il pigiama.
Ho visto con quanta delicatezza si è mossa. Come se Jaxon fosse fatto di cristallo, un oggetto preziosissimo di cui avere la massima cura.
Gli ho cantato una canzone mentre gli accarezzavo i capelli per farlo dormire. Ho visti suoi occhi, i nostri occhi, cedere al sonno e poi la mascella che sia allentava piano piano.
Vedere che dormiva beato mi ha fatto respirare di nuovo. Come se qualcuno mi avesse tolto un macigno dal petto.
Berdie è rimasta in disparte, in silenzio. Quando mi volto a guardarla mi rendo conto che sta tremando. Sotto l'accappatoio indossava ancora i vestiti fradici.
La guardo dritta negli occhi. Lei sostiene il mio sguardo.
"Grazie."
La ragazza annuisce. Non si perde in chiacchiere. Non arrossisce. Non distoglie lo sguardo. Non fa la svenevole come tutte le altre.
In effetti non riesco a capire cosa le passi per la testa.
Non mi succede spesso. No, anzi, non mi succede mai.
E la cosa mi piace.
Daddy JJ è sulla soglia della porta.
"Justin ti prego. Tua madre sta impazzendo. So che sei arrabbiato e so che è colpa nostra. Ma devi permetterci di stare un po' con Jaxon. Vogliamo solo sapere come sta."
Toxic Mama è dietro di lui. Piange ancora, è rossa in viso e tiene lo sguardo basso. Si vergogna come una maledetta ladra.
Se lo merita. Ho smesso di provare compassione per lei molto tempo fa, quando ha deciso che droghe ed alcool erano più importanti di noi.
Mio padre però è davvero sconvolto. Forse si merita un po' di spazio.
Mi faccio da parte. Lo lascio entrare.
Lo trafiggo con lo sguardo.
"Io e Berdie abbiamo un impegno. Jaxon dorme. Cerca di non svegliarlo."
Berdie mi guarda sorpresa. La trascino per un braccio fuori dalla stanza mentre mio padre cerca di dire qualcosa.
Lo ignoro e mi dirigo verso una delle camere degli ospiti.
"Impegno? Che impegno?" mi chiede lei.
"La festa di Noemi."
"Ma io... io."
"Non sei stata invitata, lo so. Ma adesso si. Prendilo come un ringraziamento."
"Senti, Justin, sono lusingata, davvero. Ma io preferisco restare con Jaxon. Credo che sia molto meglio così. E poi non credo sia il caso."
"Stai dicendo che non vuoi venire alla festa con me?"
Lei si ferma e mi guarda negli occhi. Alla fine succede anche a lei. Una sfumatura rossa sulle guance. Il respiro leggermente più veloce.
Mi guarda i pettorali e gli addominali. Distoglie lo sguardo. Ha cambiato idea.
Nessuno rifiuta Justin.
"Bene. In quell'armadio ci sono dei vestiti puliti. Sono sicuro che troverai qualcosa della tua taglia" le dico mentre indico la cabina dal lato opposto della stanza.
***
"Mi dispiace"
"Per cosa?"
Sto guidando verso casa di Noemi. Berdie ha scelto degli abiti semplici. Non ci tiene a mettere in mostra tette e culo come tutte le altre. Una cosa inusuale. Le è inusuale, in ogni dettaglio.
Mi chiedo perché.
"Per la faccenda della sedia, in classe. Mi dispiace davvero."
"Fa nulla."
"Sono stato uno stronzo. Mi riesce bene, ultimamente."
"Che intendi dire?"
Rimango in silenzio. Sento il suo sguardo addosso.
"Noemi deve darsi una calmata. So che ti ha picchiato."
"Gia. Dovrebbe."
"Le parlerò."
"No."
"Come dici?"
"Ho detto di no. Non c'è bisogno che tu mi protegga. Nessuno mi protegge. Me la cavo da sola, e so fare a botte. Ma grazie del pensiero."
La rispetto per questo. Non ribatto.
***
Alla festa

Le apro la portiera per farla scendere dall'auto. Gli stalkerazzi ci sommergono di fotografie. Lei per un attimo esita, ma si riprende in fretta. Non abbassa lo sguardo, non si copre copre con le mani per evitare i flash. Un'altra sorpresa per me. Non lo credevo possibile.
Mi stringe il braccio però. Sta lottando per continuare a tenere la testa alta. Si finge forte.
Non appena mettiamo piede nella sala aperitivi Noemi ci intercetta. Ha gli occhi iniettati di sangue ma non per la gelosia. Si tratta di orgoglio ferito. Dopotutto ho al mio fianco una ragazza che non è lei. Per di più una che odia.
Si avventa contro Berdie, che mi guarda per un attimo.
"Stanne fuori."
I suoi occhi me lo dicono chiaramente.
"Me la cavo da sola, e so fare a botte."
***
Ho cercato di badare ai fatti miei. Di non intromettermi nella rissa. Ma stavano esagerando. Mi sono caricato Noemi in spalla mentre scalciava e l'ho trascinata verso la camera da letto.
"Non puoi! Mi hai capito bene, bastardo? Non puoi umiliarmi così!"
Grida, piange mentre la metto giù, sulla soglia della enorme suite che chiama "stanzetta".
"Perché proprio lei? Che ti ha fatto? Te la sei portata e letto? Ti odio!"
Sto zitto. Piange di rabbia, ha il viso stravolto.
"Ti odio!" ripete.
La zittisco con un bacio mentre si dimena, mi schiaffeggia e mi graffia il collo come una gatta.
"Tu mi ucciderai, Justin. Mi ucciderai!"
La sollevo di nuovo, apro la porta con un calcio e la getto sul letto.
Lei si scosta i capelli dal viso digrignando i denti.
"No. Questa volta non la passi liscia. Voglio sapere perché. Che ci fa quella stronza alla mia festa? Perché hai deciso di farmi del male?"
Non rispondo.
Inizio a spogliarmi.
Lei si ammutolisce.
***
Il mattino dopo

Mi sveglio quando la luce del mattino mi costringe a farlo. Noemi non è nel letto. Guardo il Lumia, è tardissimo per intraprendere qualsiasi attività rispettabile.
Il mattino oggi non ha l'oro in bocca.
Mi alzo e guardo la mia immagine nuda riflessa nello specchio.
Vedo i segni dei morsi e dei graffi di Noemi. Ha pianto, ha gridato ancora, mi ha baciato. Mi ha giurato che se non le do una spiegazione ucciderà Berdie con le sue mani. Si è addormenta dicendomi che mi odia e che mi ama.
Non so a quale di quelle verità credere.
Berdie.
Quella ragazza strana si merita di più. Ha visto solo il peggio del mio mondo e io non ho saputo ripagarla per il suo coraggio.
Devo fare qualcosa. Devo trovarla. Devo parlarle. Subito.

Too late to say I'm sorryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora