Dopo quel bagno, che era durato un po' troppo, Cato porse a Clove un asciugamano che la ragazza usò per coprirsi.
«Che ore sono, secondo te?» chiese la ragazza, indicando la posizione del sole.
«Direi, circa,» Cato sembrò pensarci un po' su «le undici.»
«Aspetta. Undici?!» chiese incredula la bruna.
«Sì, perchè?» Cato non vedeva il motivo di tanta preoccupazione, ma poi capí. «Diamine, l'allenamento.»
«Sbrighiamoci.»«Siete in ritardo!» tuonò Angel «Vi stiamo aspettando piú di mezz'ora, stavamo mandando qualcuno a cercarvi.»
«Che avete da dire a vostra discolpa?» chiese Xavier con tono minaccioso.
«Mi sono svegliata tardi.» mentì Clove.
«Non è una cosa positiva. Se fossi stata nell'arena, saresti morta.» la rimproverò Xavier, poi si rivolse a Cato «Tu che hai da dire?»
«Avevo da fare con mio padre.» inventò prontamente.
«Qualunque cosa tu avessi avuto da fare, che non si ripeta piú. Vale per tutti e due. Chiaro?»
I ragazzi annuirono e cominciarono ad allenarsi, sotto lo sguardo attento dei loro supervisori. Mentre Clove faceva pratica con la lancia, Angel si accorse di qualcosa che faceva capolino dalla maglia della ragazza.
«Clove ferma.» la richiamò.
«Cosa c'è?» fece Clove.
«Cos'hai sulla schiena?» gli chiese l'allenatore.
La ragazza lanciò uno sgaurdo furtivo a Cato, che stava ascoltando preoccupato.
«Non è niente.» si giustificò lei.
«Vorrei comunque dare un'occhiata. Posso?»
Clove annuì sapendo che ormai le ferite erano in via di guarigione e non avrebbe avuto motivo di preoccuparsi.
Anche Xavier e Cato si avvicinarono per controllare.
Angel alzò la maglia di Clove, lentamente come a volersi preparare allo shock, negativo o positivo. Quando la schiena della ragazza fu completamente scoperta, un'espressione di terrore si disegnò sul volto dei due allenatori.
«Cos'hai fatto Clove?» chiese sconvolto Angel.
La ragazza si irrigidí e cominciò a balbettare qualcosa.
«Non è niente.» provò a giustificarsi.
«Questo lo chiami niente?»
Cato guardava tutto ciò preoccupato, pensava che la crema che le aveva messo stesse facendo effetto, invece non era cambiato nulla.
«Dobbiamo chiamare un dottore a avvisare sua madre.» si intromise Xavier.
«No!» esclamò Clove «Non chiamate mia madre.»
«Clove, lei è l'unica persona che possiamo avvertire e tu sei sotto la sua responsabilitá. È nostro dovere farlo.» le spiegò Angel.
«Vado a chiamare un dottore.» disse Cato, allontanandosi.
«Vi scongiuro non chiamatela, so cavarmela da sola. Posso sopravvivere senza lei.»
«Ci dispiace Clove, dobbiamo chiamarla per informarla.»
«Lei lo sa giá.» rivelò Clove «Non c'è bisogno di avvertirla.»
«Ma chi è stato a procurartele?» si intromise Xavier.
«Lei.» sussurò la ragazza.
«Lei chi?» chiese ancora Xavier.
«La donna che continuo a chiamare madre, la stessa donna che voi volete far venire qui.»
I due allenatori si guardarono con un'espressione stranita, dopo di che annuirono e decisero di non chiamare la donna. Aspettarono che Cato tornasse col dottore e poi lasciarono Clove nelle sue mani esperte.
Dopo mezz'ora il dottore era andato via e aveva lasciato Clove in infermeria con Ava, che le stava accanto per controllarla. Poco dopo entrarono anche Xavier e Angel per assicurarsi che la ragazza stesse bene e per dirle che, dati i maltrattamenti subiti da sua madre, era meglio per lei rimanere per un po' in una stanza del dormitorio dell'accademia, che era destinato ai ragazzi del Distretto Due che non avevano una famiglia e una casa; Clove accettò e mandò Cato a prendere le sue cose in quella che una volta considerava "casa sua".
Il ragazzo ritornò poco dopo con i pochi indumenti di Clove e, cosa piú importante, con i suoi coltelli.
Dopo aver aiutato Clove a sistemare le sue poche cose, la lasciò sola ad ambientarsi in quel luogo. Per prima cosa si tolse le scarpe e si distese sul letto, il cui materasso era leggermente scomodo ma presto si sarebbe abituata: aveva dormito su cose piú scomode di quello.
Dormí per un'ora e, dopo il pranzo con gli altri ragazzi, andò ad allenarsi con loro e aspettò che arrivasse Cato ma quel pomeriggio non si fece vedere.
Cercò i bagni per fare una doccia e dopo aver girato ovunque ed essere entrata in uffici e stanze altrui, si decise a chiedere indicazioni a qualcuno. Incontrò un ragazzo moro, che le ricordava vagamente suo fratello. Il ragazzo le spiegò chiaramente dov'erano i bagni e quando Clove arrivò, vide che le docce erano in comune e tanti ragazzi stavano facendo la doccia, ne cercò un libera e non esitò a buttarsi sotto il getto d'acqua calda. Stava per uscire dalla doccia quando si rese conto che non aveva portato neanche un'asciugamano per coprirsi, avrebbe fatto una cosa stupida se fosse uscita senza cercare qualcosa per coprirsi ma ormai erano rimaste poche persone, che difficilmente avrebbe incontrato ancora e quindi decise di uscire dalla doccia a testa alta, come avrebbe fatto una vera vincitrice, infischiandosene delle occhiatine da parte degli altri; corse nella sua stanza dove si asciugò e indossò qualcosa di comodo per incontrare Cato di lí a poco.
Non c'era molto da fare in quei primi giorni di giugno al Distretto Due: si poteva passeggiare o fermarsi a prendere qualcosa da mangiare dal fornaio, cose noiose, era tutto lento, calmo e avvolto da un piacevole tepore pomeridiano che faceva venir voglia di dormire piú che stare all'aria aperta.
Cato la aspettava ai confini del distretto, come sempre, per stare un po' soli e parlare.
«Come mai non sei venuto agli allenamenti?» chiese Clove.
«Non mi andava tanto, tu ti sei ambientata?»
«Sono lí da poco, come posso essermi giá ambientata?» ribattè secca.
«Sì hai ragione, forse era un po' stupida come domanda.» sorrise.
«Ho giá fatto una figuraccia con alcuni di loro.» continuò infastidita.
«Che hai fatto?»
«Prometti che non ti arrabbierai.» Cato annuì «Io ero andata a fare una doccia, che sono in comune, e c'erano altri ragazzi. Avevo dimenticato di prendere qualcosa per coprirmi, sono uscita dalla doccia senza niente e mi hanno visto, all'inizio poco mi è importato ma ora...» raccontò la ragazza.
«Hai paura che ti insultino?»
«No, ma mi ricorderanno per questo.»
«In qualche giorno lo dimenticheranno e ti ricorderanno solo per la tua bravura con i coltelli.» la rassicurò Cato.

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Hold my hand
RomansaVi siete mai chiesti il perchè di quel cambio di regola che nel libro non viene spiegato?Se la risposta è sì,proveró a spiegarlo in questa fan fiction. ----------- «È tardi ormai,ma nonostante tutto ricordati che ti amo.»disse la giovane esalando il...