Quando i particolari di questa conversazione furono riferiti da Miss Dashwood alla sorella, il che avvenne subito, l'effetto su di lei non fu esattamente quello che la prima aveva sperato di vedere. Non che Marianne sembrasse negare la veridicità di qualche particolare, perché ascoltò con un'attenzione costante e remissiva, non fece né obiezioni né osservazioni, non tentò affatto di giustificare Willoughby, e sembrava mostrare con le sue lacrime come ritenesse impossibile farlo. Ma anche se questo comportamento rafforzava Elinor nella convinzione che la colpevolezza di lui le si fosse ormai ben fissata in mente, anche se ne vedeva con soddisfazione gli effetti, nel non evitare più il Colonnello Brandon in occasione delle sue visite, nel suo parlare con lui, un parlare persino spontaneo, con una sorta di compassionevole rispetto, e anche se vedeva il suo stato d'animo meno violentemente eccitato di prima, non poté arrivare a vederla meno infelice. La sua mente si era stabilizzata, ma stabilizzata in una cupa depressione. Era colpita dalle rivelazioni sul carattere di Willoughby anche più profondamente di quanto fosse stata colpita da quelle sul suo cuore; la seduzione e l'abbandono di Miss Williams, la sventura di quella povera ragazza, e il dubbio su quali potessero essere state a suo tempo le sue intenzioni su lei stessa, gravavano in modo così opprimente sul suo stato d'animo, che non riusciva a costringersi a parlare di ciò che provava nemmeno a Elinor; e covando in silenzio il proprio dolore, procurava alla sorella più pena di quanta ne avrebbe potuta esprimere confessandolo più spesso e senza remore. Dar conto dei sentimenti e delle parole di Mrs. Dashwood, nel ricevere e nel rispondere alla lettera di Elinor, sarebbe solo una ripetizione di ciò che le figlie avevano già provato e detto; una delusione non meno dolorosa di quella di Marianne, e un'indignazione persino più grande di quella di Elinor. Da lei arrivarono lunghe lettere, a distanza ravvicinata una dall'altra, per dire ciò che soffriva e pensava; per esprimere la sua ansiosa sollecitudine per Marianne, e implorarla di sopportare con forza d'animo la sua sventura. Davvero grave doveva essere la natura del dolore di Marianne, se sua madre poteva parlare di forza d'animo! doveva essere mortificante e umiliante l'origine di quei rimpianti, nei quali lei desiderava che non indulgesse! Andando contro il suo stesso interesse di tranquillità personale, Mrs. Dashwood aveva deciso che per Marianne sarebbe stato meglio essere ovunque, in quel momento, tranne che a Barton, dove tutto intorno a lei le avrebbe rammentato il passato nel modo più violento e penoso, mettendola costantemente di fronte a Willoughby, così come l'aveva sempre visto là. Raccomandò perciò alle figlie di non abbreviare in nessun modo la loro visita a Mrs. Jennings, la durata della quale, sebbene mai stabilita con precisione, era stata considerata da tutti di almeno cinque o sei settimane. Una varietà di occupazioni, di impegni e di compagnie, che non era possibile procurarsi a Barton, là ci sarebbero stati senz'altro, e avrebbero anche potuto indurre Marianne, così sperava, ad avere qualche interesse al di là di se stessa, e persino qualche divertimento, per quanto lei potesse ora respingere con disprezzo l'idea di entrambe le cose. Dal pericolo di rivedere Willoughby, la madre la riteneva al sicuro in città quanto lo sarebbe stata in campagna, dato che lui sarebbe stato bandito da tutti coloro che si proclamavano amici della figlia. Nulla di volontario poteva farli incontrare; nessuna disattenzione poteva esporli a una sorpresa; e le possibilità erano meno favorevoli nella folla di Londra piuttosto che nell'isolamento di Barton, dove avrebbe potuto trovarselo di fronte mentre faceva la visita d'obbligo a Allenham a seguito del matrimonio, cosa che Mrs. Dashwood, che dapprima l'aveva considerata una probabilità, riteneva ora una certezza. Aveva anche un altro motivo per desiderare che le figlie restassero dov'erano: una lettera del figliastro l'aveva informata che lui e la moglie sarebbero stati in città prima della metà di febbraio, e riteneva giusto che qualche volta vedessero il fratello. Marianne aveva promesso di farsi guidare dall'opinione della madre, e quindi l'accettò senza opporsi, anche se si rivelava diametralmente opposta a ciò che desiderava e si aspettava, anche se la riteneva del tutto sbagliata, fondata su basi erronee, poiché chiedendole di prolungare la permanenza a Londra la privava dell'unico possibile sollievo alla sua infelicità, la confortante presenza della madre, e la condannava a una compagnia e ad ambienti che le avrebbero impedito di avere un attimo di pace. Ma per lei era motivo di grande consolazione il fatto che un male per lei avrebbe portato del bene alla sorella, ed Elinor, d'altra parte, sospettando che non sarebbe stato in suo potere evitare del tutto Edward, si consolava pensando che, sebbene il prolungamento del soggiorno avrebbe ostacolato la propria felicità, per Marianne sarebbe stato meglio di un immediato ritorno nel Devonshire. La sua premura nel salvaguardare la sorella dal sentire anche solo accennare al nome di Willoughby non fu sprecata. Marianne, benché senza esserne consapevole, ne trasse tutti i vantaggi, poiché né Mrs. Jennings, né Sir John, e nemmeno la stessa Mrs. Palmer, ne parlarono mai di fronte a lei. Elinor si era augurata che lo stesso riguardo fosse esteso a lei stessa, ma fu impossibile, e fu costretta ad ascoltare giorno dopo giorno l'indignazione di tutti loro. Sir John non l'avrebbe creduto possibile. Un uomo del quale aveva sempre avuto tutte le ragioni per pensare bene! Una persona così simpatica! Non credeva che ci fosse un cavaliere più audace in tutta l'Inghilterra! Era una faccenda inspiegabile. Lo mandava al diavolo con tutto il cuore. Se per caso l'avesse incontrato, non gli avrebbe rivolto la parola per nulla la mondo! No, neanche se si fossero ritrovati fianco a fianco in qualche bosco di Barton, e fossero stati costretti ad aspettare insieme per due ore. Che mascalzone! che essere spregevole! E pensare che l'ultima volta che si erano incontrati gli aveva offerto uno dei cuccioli di Folly! e questa era la ricompensa! Mrs. Palmer, a modo suo, era altrettanto in collera. Era determinata a troncare immediatamente ogni rapporto con lui, ed era grata alla sorte per non averlo mai conosciuto. Avrebbe voluto con tutto il cuore che Combe Magna non fosse così vicina a Cleveland, ma non significava nulla, poiché era troppo fuori mano per una visita; lo detestava così tanto che aveva deciso di non menzionarne più il nome, e avrebbe detto a tutti quelli che conosceva che buono a nulla fosse. Il resto della solidarietà di Mrs. Palmer si palesò nel procurarsi tutti i particolari possibili sull'imminente matrimonio, e nell'informarne Elinor. Fu presto in grado di dire da quale fabbricante fosse in costruzione la nuova carrozza, quale pittore stesse facendo il ritratto a Mr. Willoughby, e in quale negozio si potessero vedere gli abiti di Miss Grey. La calma ed educata indifferenza di Lady Middleton sulla questione fu un gradito sollievo per lo stato d'animo di Elinor, oppresso com'era di continuo dalla rumorosa gentilezza degli altri. Per lei fu un grande conforto essere certa di non suscitare nessun interesse almeno in una persona nella sua cerchia di amicizie; un grande conforto sapere che ce ne fosse una che l'avrebbe incontrata senza provare nessuna curiosità circa i particolari, o nessuna ansia per la salute della sorella. Ogni qualità a volte può essere innalzata, dalle circostanze del momento, al di sopra del suo valore reale; e lei era talvolta così stremata da quelle invadenti premure da stimare la buona educazione più indispensabile dei buoni propositi per la propria serenità. Lady Middleton esprimeva il proprio giudizio sulla questione più o meno una volta al giorno, o due, se l'argomento ricorreva più spesso, dicendo "È davvero terribile!" e grazie a questo sfogo continuo ma garbato, fu in grado non solo di incontrare all'inizio le signorine Dashwood senza la minima emozione, ma ben presto di incontrarle senza nemmeno accennare a una parola sull'argomento; e avendo così sostenuto la dignità del proprio sesso, ed espresso la sua decisa condanna per ciò che di sbagliato c'era nell'altro, si ritenne libera di guardare all'interesse dei suoi ricevimenti, e quindi decise (anche se in contrasto con l'opinione di Sir John), dato che Mrs. Willoughby sarebbe stata una donna ricca ed elegante, di lasciarle il suo biglietto da visita non appena si fosse sposata. Le delicate e discrete domande del Colonnello Brandon non furono mai sgradite a Miss Dashwood. Si era ampiamente guadagnato il privilegio di discutere intimamente della delusione della sorella, con l'amichevole zelo con il quale aveva fatto il possibile per alleviarlo, e tra di loro parlavano sempre con molta confidenza. La principale ricompensa, per il suo penoso sforzo di rivelare i dolori del passato e le umiliazioni del presente, era lo sguardo compassionevole con il quale Marianne talvolta lo osservava, e la gentilezza della sua voce ogniqualvolta (anche se non succedeva spesso) era costretta, o si costringeva, a parlare con lui. Questo lo rassicurava circa il fatto che i suoi sforzi avevano prodotto un incremento di buona volontà verso di lui, e sempre questo dava a Elinor la speranza che in seguito quella buona volontà sarebbe aumentata; ma Mrs. Jennings, che era all'oscuro di tutto ciò, che sapeva soltanto che il colonnello continuava a essere serio come sempre, e che non poteva né convincerlo a fare lui stesso una proposta, né ad affidarle l'incarico di farla per lui, iniziò, dopo due giorni, a pensare che, invece della metà dell'estate, non si sarebbero sposati prima di san Michele, e alla fine della settimana che non ci sarebbe stato nessun matrimonio. L'ottima intesa tra il colonnello e Miss Dashwood sembrava piuttosto indicare che gli onori del gelso, del canale e della siepe di tasso sarebbero toccati a lei; e Mrs. Jennings per qualche tempo smise completamente di pensare a Mr. Ferrars. Ai primi di febbraio, un paio di settimane dopo la lettera di Willoughby, Elinor ebbe il penoso compito di informare la sorella che si era sposato. Ebbe cura di darle lei stessa la notizia, non appena si seppe che la cerimonia era stata celebrata, poiché non voleva che Marianne lo sapesse dai giornali, che la vedeva esaminare avidamente ogni mattina. Lei apprese la notizia con risoluta compostezza; non fece nessun commento, e in un primo momento non versò una lacrima; ma dopo un po' le scesero copiose, e per il resto della giornata rimase in uno stato non meno penoso di quando aveva saputo per la prima volta di doversi aspettare quell'evento. I Willoughby lasciarono la città non appena sposati, ed Elinor sperava ora, dato che non c'era più pericolo di vedere né l'uno né l'altra, di convincere la sorella, che non era mai stata fuori di casa da quando il colpo si era abbattuto su si lei, a ricominciare pian piano a uscire come prima. All'incirca in quel periodo, le due signorine Steele, arrivate di recente a casa del cugino nei Bartlett's Buildings, a Holburn, si ripresentarono dai loro parenti altolocati di Conduit e Berkeley-street; e vennero accolte con grande cordialità. Solo a Elinor non fece piacere vederle. La loro presenza le era sempre penosa, e non sapeva come ricambiare con garbo la gioia esagerata di Lucy nel trovarla ancora in città.
"Sarei rimasta proprio delusa se non vi avessi trovato ancora qui", disse ripetutamente, sottolineando con forza la parola.
"Ma ho sempre pensato che sarebbe stato così. Ero quasi certa che non avreste lasciato Londra ancora per un po'; anche se a Barton mi avevate detto, lo sapete, che non sareste restata più di un mese. Ma allora pensai che, molto probabilmente, avreste cambiato idea quando sarebbe venuto il momento. Sarebbe stato un vero peccato se ve ne foste andata prima dell'arrivo di vostro fratello e di vostra cognata. E ora di certo non avrete fretta di partire. Sono straordinariamente lieta che non abbiate tenuto fede alla vostra parola." Elinor la comprese perfettamente, e fu costretta a usare tutto il suo autocontrollo per dare a vedere che non fosse così.
"Allora, mia cara", disse Mrs. Jennings, "e come avete viaggiato?"
"Non in diligenza, potete starne certa", rispose Miss Steele, con un impeto d'esultanza: "abbiamo fatto tutto il viaggio in carrozza e siamo state accompagnate da un beau molto elegante. Il Dr. Davies doveva venire in città, e così abbiamo pensato di unirci a lui in una carrozza a noleggio; si è comportato con molta galanteria, e ha pagato dieci o dodici scellini più di noi."
"Oh, oh!" esclamò Mrs. Jennings; "davvero molto carino! e il dottore è scapolo, ci scommetto."
"Ecco", disse Miss Steele, con un sorriso lezioso, "tutti mi prendono in giro per il dottore, e non riesco a capire perché. I miei cugini dicono di essere certi che io abbia fatto una conquista; ma da parte mia giuro di non avere mai pensato a lui nemmeno per un istante. «Cielo! ecco che arriva il tuo beau, Nancy», ha detto l'altro giorno mia cugina, quando l'ha visto attraversare la strada davanti casa. Il mio beau, ma figurati! ho detto io, non riesco a immaginare che cosa intendi dire. Il dottore non è il mio beau."
"Sì, sì, parlate bene voi, ma non è così; è il dottore il fortunato, si capisce."
"No, davvero!" replicò la cugina, con affettata sincerità, "e vi prego di smentirlo, se mai ne sentite parlare." Mrs. Jennings le diede subito la rassicurante gratificazione che di certo non l'avrebbe fatto, e Miss Steele ne fu pienamente soddisfatta. "Suppongo che andrete a stare con vostro fratello e vostra cognata, Miss Dashwood, quando arriveranno in città", disse Lucy, ritornando alla carica, dopo una tregua dalle sue allusioni ostili.
"No, non credo che lo faremo."
"Oh sì, credo proprio che ci andrete." Elinor preferì non darle la soddisfazione di altri dinieghi. "Che bello che Mrs. Dashwood possa fare a meno di voi due per tutto questo tempo!" "Tutto questo tempo, ma come!" s'intromise Mrs. Jennings.
"Se la visita è appena cominciata!" Lucy rimase in silenzio.
"Mi dispiace di non poter vedere vostra sorella, Miss Dashwood", disse Miss Steele. "mi dispiace che non stia bene"; infatti Marianne al loro arrivo aveva lasciato la stanza.
"Siete molto gentile. Mia sorella sarà ugualmente dispiaciuta di non aver avuto il piacere di vedervi; ma ultimamente è stata afflitta da un mal di testa di natura nervosa, che l'ha resa incapace di stare in compagnia o fare conversazione."
"Oh, cara, che peccato! ma vecchie amiche come Lucy e io! credo che noi potrebbe vederci; e vi assicuro che non diremmo una parola." Elinor, con estrema cortesia, declinò la proposta. La sorella forse era a letto, o in vestaglia, e quindi non era in grado di raggiungerle.
"Oh, se è solo per questo", esclamò Miss Steele, "possiamo benissimo andare noi da lei." Elinor cominciava a ritenere che una tale sfacciataggine fosse un po' troppo per il suo carattere; ma le fu risparmiato l'onere di contenersi da una brusca reprimenda di Lucy, che in quel momento, come in molte altre occasioni, sebbene non conferisse molta dolcezza alle maniere di una sorella, aveva il vantaggio di porre un freno a quelle dell'altra.
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Ragione e sentimento - Jane Austen
Klassiker"Sette anni non basterebbero a fare in modo che certe persone si conoscano l'un l'altra, mentre per altri sette giorni sono più che sufficienti."