Capitolo 21

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I Palmer tornarono a Cleveland il giorno successivo, e le due famiglie di Barton si ritrovarono a doversi nuovamente intrattenere a vicenda. Ma la cosa non durò a lungo; Elinor si era a malapena tolta di mente gli ultimi ospiti, aveva a malapena smesso di meravigliarsi per la felicità immotivata di Charlotte, per il modo di agire così sciocco di Mr. Palmer, che pure aveva delle qualità, e per la strana incompatibilità che spesso esisteva tra moglie e marito, quando lo zelo sempre in attività di Sir John e Mrs. Jennings, le procurò altre nuove conoscenze da incontrare e osservare.
Durante un'escursione mattutina a Exeter, si erano imbattuti in due signorine, con le quali Mrs. Jennings ebbe la soddisfazione di scoprirsi imparentata, e ciò bastò a Sir John per invitarle subito alla villa, non appena i loro impegni attuali a Exeter si fossero esauriti. I loro impegni a Exeter svanirono all'istante di fronte a una simile invito, e, al ritorno di Sir John, Lady Middleton rimase non poco allarmata nel sentire che molto presto avrebbe ricevuto la visita di due ragazze che non aveva mai visto in vita sua, e della cui eleganza, e persino di una sufficiente distinzione, non era in grado di avere nessuna garanzia, poiché le assicurazioni in tal senso del marito e della madre non contavano assolutamente nulla. Anche il fatto di essere sue parenti non faceva che peggiorare le cose, e i tentativi di tranquillizzarla di Mrs. Jennings furono perciò piuttosto infelici, quando suggerì alla figlia di non badare al fatto che fossero così eleganti, perché erano tutti parenti e dovevano sostenersi a vicenda. Tuttavia, vista l'impossibilità di impedire la loro venuta, Lady Middleton si rassegnò all'idea, con tutta la filosofia di una donna beneducata, accontentandosi solo di rivolgere al marito una gentile reprimenda sull'argomento cinque o sei volte al giorno.
Le signorine arrivarono, il loro aspetto non era per niente volgare o inelegante. Erano vestite all'ultima moda, avevano modi educati, erano deliziate dalla casa, e in estasi per l'arredamento, e si scoprì che andavano talmente pazze per i bambini che la buona opinione di Lady Middleton era conquistata prima che passasse un'ora dal loro arrivo a Barton Park. Affermò che erano davvero due ragazze simpatiche, il che per sua signoria equivaleva a un'ammirazione entusiastica. Un elogio così acceso accrebbe la fiducia di Sir John nel proprio giudizio, e così si recò immediatamente al cottage per informare le signorine Dashwood dell'arrivo delle signorine Steele, e per assicurarle di come fossero le più care ragazze al mondo. Di un tale complimento, tuttavia, non c'era molto da fidarsi; Elinor sapeva bene che le più care ragazze al mondo si potevano incontrare in ogni parte dell'Inghilterra, in ogni possibile variazione di aspetto, lineamenti, carattere e intelligenza. Sir John voleva che l'intera famiglia andasse subito a Barton Park per vedere le sue ospiti. Che uomo benevolo, che filantropo! Per lui era una sofferenza tenere per sé anche solo un cugino di terzo grado.
"Su, venite", diceva, "vi prego, venite; dovete venire. So che verrete. Non potete immaginare quanto vi piaceranno. Lucy è straordinariamente carina, e così allegra e simpatica! I bambini già le stanno tutti addosso, come se fosse una conoscenza di vecchia data. E tutte e due desiderano tanto conoscervi, perché a Exeter hanno sentito dire che siete le più belle creature del mondo, e io ho detto loro che è assolutamente vero, e ancora di più. Sono sicuro che rimarrete incantate da loro. Sono arrivate con la carrozza piena di giocattoli per i bambini. Come potete essere così crudeli da non venire? Perché, sapete, in un certo modo sono vostre cugine. Voi siete mie cugine, e loro lo sono di mia moglie, quindi siete parenti."
Ma Sir John non riuscì ad averla vinta. Ottenne soltanto la promessa di una visita a Barton Park entro un giorno o due, e poi le lasciò sbalordito dalla loro indifferenza, per tornare a casa e vantarne di nuovo le attrattive alle signorine Steele, come aveva già vantato quelle delle Steele a loro. Quando ebbe luogo la visita promessa e la conseguente presentazione a quelle signorine, le Dashwood non trovarono nulla da ammirare nell'aspetto della maggiore, che era sulla trentina e aveva un viso ordinario e poco intelligente; ma nell'altra, che non aveva più ventidue o ventitré anni, riconobbero una notevole bellezza; aveva i lineamenti graziosi, occhi acuti e vivaci, e un'aria di eleganza, che sebbene non rivelasse una vera raffinatezza o grazia, conferiva distinzione alla sua persona. I modi erano particolarmente educati, e ben presto Elinor attribuì loro un certo grado di buonsenso, quando vide con quali costanti e giudiziose attenzioni si stavano rendendo simpatiche a Lady Middleton. Andavano continuamente in estasi per i bambini, decantandone la bellezza, cercando di attirarne l'attenzione, e assecondandone i capricci; e il tempo che riuscivano a sottrarre alle domande importune derivanti da questa accondiscendenza, lo spendevano nell'ammirazione di qualsiasi cosa facesse sua signoria, se capitava che facesse qualcosa, o nel copiare il modello di qualche nuovo abito elegante, che il giorno prima le aveva gettate in una ininterrotta delizia al solo vederglielo indosso. Fortunatamente per coloro che corteggiano il prossimo sfruttandone i punti deboli, una madre amorosa, sebbene, nell'andare a caccia di lodi per i propri figli, si dimostri la più rapace delle creature, è allo stesso modo la più credulona; le sue esigenze sono esorbitanti, ma si berrà tutto; e l'affetto esagerato e la sopportazione delle signorine Steele verso la sua prole erano perciò visti da Lady Middleton senza la minima sorpresa o diffidenza. Guardava con compiacimento materno a tutte le impertinenze e i tiri mancini ai quali le cugine si sottomettevano. Vedeva fasce slacciate, capelli tirati sulle orecchie, borse da lavoro frugate, forbici e taglierine sottratte, e non le sorgeva alcun dubbio sul fatto che fosse un divertimento reciproco. Rimase anzi sorpresa che Elinor e Marianne se ne stessere compostamente sedute, senza reclamare la loro parte in ciò che stava succedendo.
"John è così eccitato oggi!" disse, mentre il fazzoletto di Miss Steele veniva preso e buttato dalla finestra.
"Ne combina di tutti i colori." E subito dopo, quando il secondo bambino diede un violento pizzicotto a un dito della medesima signora, osservò amorevolmente, "Che giocherellone che è Williams!"
"Ed ecco la mia cara Annamaria", aggiunse, accarezzando teneramente una bambina di tre anni, che negli ultimi due minuti non aveva aperto bocca; "Ed è sempre così buona e tranquilla. Non si è mai vista una creatura così tranquilla!" Ma sfortuna volle che, mentre dispensava quegli abbracci, una forcella dell'acconciatura di sua signoria graffiasse leggermente il collo della bimba, producendo, in quel modello di virtù, un urlo talmente acuto che difficilmente una qualsiasi creatura dichiaratamente chiassosa avrebbe fatto di meglio. La costernazione della madre fu estrema, ma non riuscì a superare l'allarme delle signorine Steele, e tutto ciò che, in un'emergenza così critica, poteva essere suggerito dall'affetto per alleviare il supplizio della piccola sofferente, fu tentato da tutte e tre. La madre se la mise in grembo, fu coperta di baci, la ferita bagnata con acqua di lavanda da una delle signorine Steele, che si era messa in ginocchio per assisterla, mentre l'altra le riempiva la bocca di caramelle. Con una tale ricompensa per le sue lacrime, la bimba era troppo saggia per smettere di piangere. Continuò a gridare e a singhiozzare con forza, prese a calci i due fratelli che tentavano di toccarla, e tutti i loro tentativi risultarono inefficaci finché per fortuna Lady Middleton si ricordò che la settimana prima, in una scena di disperazione simile, era stata applicata con successo una certa marmellata di albicocche su una tempia contusa; lo stesso rimedio fu proposto ansiosamente per quello sciagurato graffio, e un lieve intervallo nelle urla della signorina nel sentire ciò, diede ragione di sperare che non sarebbe stato rifiutato. Fu quindi portata via nelle braccia della madre, alla ricerca di quella medicina, e dato che i due ragazzini decisero di seguirla, anche se esortati con forza dalla madre a restare dov'erano, le quattro signorine furono lasciate in una calma che la stanza non conosceva da molte ore.
"Povera creaturina!" disse Miss Steele, non appena furono usciti. "Poteva essere un incidente molto serio."
"Non vedo proprio come", esclamò Marianne, "a meno che non fosse successo in circostanze totalmente diverse. Ma questo è il solito modo di gonfiare le cose, quando in realtà non c'è nulla di cui allarmarsi."
"Che dolcezza di donna è Lady Middleton!" disse Lucy Steele. Marianne rimase zitta; le era impossibile dire ciò che non pensava, anche nelle occasioni più insignificanti; e quindi tutto l'onere di dire bugie dettate dalla buona educazione ricadeva sempre su Elinor. Fece del suo meglio, quando fu interpellata, per parlare di Lady Middleton con più calore di quanto ne provasse, benché di gran lunga minore di quello di Miss Lucy.
"E anche Sir John", esclamò la maggiore, "che uomo incantevole!" Anche in questo caso, l'elogio di Miss Dashwood, semplice e circoscritto al giusto, non ebbe alcun successo. Si era limitata a osservare come Sir John fosse cordiale e affabile.
"E che famigliola incantevole hanno! Non ho mai visto bambini così belli. Posso dire che mi hanno già completamente conquistata, e in verità io ho sempre adorato i bambini."
"L'avrei indovinato", disse Elinor con un sorriso, "da ciò che ho visto stamattina."
"Ho il sospetto", disse Lucy, "che riteniate i piccoli Middleton un po' troppo viziati; forse un po' lo sono; ma è così naturale in Lady Middleton; e da parte mia, amo vedere bambini vivaci ed esuberanti; non li sopporto se sono obbedienti e tranquilli."
"Confesso", replicò Elinor, "che quando sono a Barton Park, non penso mai con avversione a bambini obbedienti e tranquilli." A queste parole seguì una breve pausa, rotta per prima da Miss Steele, che sembrava molto ben disposta verso la conversazione, e che disse piuttosto inaspettatamente "E vi piace il Devonshire, Miss Dashwood? Immagino che vi sia dispiaciuto molto lasciare il Sussex." Un po' sorpresa dalla familiarità della domanda, o almeno dal modo in cui era stata posta, Elinor rispose di sì.
"Norland è un posto incredibilmente bello, non è vero?" aggiunse Miss Steele.
"Abbiamo sentito Sir John ammirarlo con entusiasmo", disse Lucy, che sembrava pensare fosse necessaria una qualche scusa per l'impertinenza della sorella.
"Credo che tutti non possano fare a meno si ammirarlo", replicò Elinor, "una volta che l'abbiano visto; benché non è immaginabile che tutti possano apprezzarne le bellezze come noi."
"E c'erano un gran numero di beaux eleganti lì? Suppongo che non ce ne siano così tanti in questa parte del mondo; da parte mia, credo che siano sempre un bella aggiunta."
"Ma perché dovresti pensare", disse Lucy, mostrando di vergognarsi della sorella, "che nel Devonshire non ci siano altrettanti giovanotti distinti che nel Sussex!"
"Ma no, mia cara, non pretendo certo di dire che non ce ne siano. Sono certa che ci siano moltissimi beaux eleganti a Exeter; ma sai, come farei a dire quanti beaux eleganti possano esserci a Norland; e temevo solo che le signorine Dashwood potessero annoiarsi a Barton, se non ne avessero quanti erano abituate ad averne. Ma forse voi giovani non vi curate dei beaux, e state bene con o senza di loro. Da parte mia, credo che siano estremamente piacevoli, se vestiti con eleganza e con modi educati. Ma non posso sopportare quelli trasandati e scortesi. A Exeter c'è un certo Mr. Rose, un giovanotto enormemente elegante, proprio un beau, un impiegato di Mr. Simpson, sapete, eppure se vi capitasse di incontrarlo di mattina, non lo degnereste di un'occhiata. Immagino, Miss Dashwood, che vostro fratello fosse proprio un beau, prima di sposarsi, visto che era così ricco."
"Parola mia", rispose Elinor, "non so dirvelo, perché non comprendo perfettamente il significato della parola. Ma posso dirvi questo, che se mai è stato un beau prima di sposarsi, lo è ancora perché in lui non c'è stato il minimo cambiamento."
"Oh! mio Dio! degli uomini sposati non si pensa mai che siano dei beaux... hanno altro da fare."
"O Signore! Anne", esclamò la sorella, "non parli che di beaux; Miss Dashwood crederà che non pensi ad altro." E poi, per cambiare discorso, si mise a elogiare la casa e l'arredamento. Questo assaggio delle signorine Steele fu sufficiente. La disinvoltura volgare e la stupidità della maggiore non facevano certo una buona impressione, e dato che Elinor non era abbagliata dalla bellezza, o dall'aria furba della minore, da non vedere la mancanza di vera eleganza e naturalezza, lasciò la casa senza nessun desiderio di conoscerle meglio. Non così le signorine Steele. Erano arrivate da Exeter ben provviste di ammirazione da dispensare a Sir John Middleton, alla sua famiglia, e a tutta la sua parentela, e una non trascurabile porzione era ora assegnata alle sue belle cugine, che affermarono essere le più belle, eleganti, educate e simpatiche ragazze mai viste, e con le quali erano particolarmente ansiose di approfondire la conoscenza. E perciò ben presto Elinor si accorse che approfondire quella conoscenza era per loro un destino inevitabile, poiché dato che Sir John era interamente a favore delle signorine Steele, il loro partito era troppo forte per opporvisi, e ci si doveva sottomettere a quel genere di intimità, che consiste nello stare seduti insieme un'ora e due nella stessa stanza quasi ogni giorno. Sir John non poteva fare di più; ma nemmeno si rendeva conto che potesse esserci qualcosa di più; stare insieme era, a parer suo, essere intimi, e dato che i suoi continui progetti per farle incontrare avevano successo, non aveva alcun dubbio che si fosse instaurata un solida amicizia. Per rendergli giustizia, c'è da dire che faceva di tutto per promuovere la loro confidenza, mettendo le signorine Steele a conoscenza di qualsiasi cosa sapesse o immaginasse circa la situazione delle cugine, anche nei particolari più intimi, ed Elinor non le aveva viste più di due volte, quando la maggiore si congratulò con lei per la fortuna della sorella nell'aver conquistato un elegante beau non appena arrivata a Barton.
"Sarà di certo una bella cosa vederla sposata così giovane", disse, "e ho sentito dire che è proprio un beau, ed estremamente bello. E spero che presto possiate avere anche voi la stessa fortuna; ma forse avete già un amico nel cassetto." Elinor non aveva motivo di supporre che Sir John avesse avuto più tatto di quanto ne aveva dimostrato verso Marianne, nell'esibire i suoi sospetti riguardo a Edward; in effetti tra i due era proprio quello il suo gioco favorito, dato che era più recente e più adatto a fare congetture; e dalla visita di Edward, non avevano mai pranzato insieme, senza un brindisi ai suoi affetti più grandi, con tali sottintesi e così tanti ammiccamenti e strizzate d'occhio, da suscitare l'attenzione generale. Anche la lettera F era stata invariabilmente citata, ed era stata fonte di così innumerevoli battute, che la sua caratteristica di lettera più spiritosa dell'alfabeto era ormai legata stabilmente a Elinor. Le signorine Steele, come si era aspettata, erano adesso le beneficiarie di quegli scherzi, e nella maggiore fecero sorgere la curiosità di conoscere il nome del signore a cui alludevano, che, anche se spesso espressa con impertinenza, era un perfetto esempio della sua totale indiscrezione nei confronti della loro famiglia. Ma Sir John non si trastullò a lungo con quella curiosità che era felicissimo di suscitare, poiché nel dire quel nome provava almeno lo stesso piacere che Miss Steel avrebbe provato nel sentirlo.
"Il suo nome è Ferrars", disse, in un sussurro udibilissimo; "ma vi prego di non dirlo, perché è un grande segreto."
"Ferrars!" ripeté Miss Steele;
"Mr. Ferrars è il fortunato, è così? Caspita! il fratello di vostra cognata, Miss Dashwood? un giovanotto molto simpatico, davvero; lo conosco molto bene."
"Come puoi dire così, Anne?" esclamò Lucy, che in genere correggeva tutte le asserzioni della sorella. "Anche se lo abbiamo visto una volta o due dallo zio, mi sembra un po' troppo per pretendere di conoscerlo molto bene." Elinor udì tutto questo con attenzione e sorpresa. E chi era quello zio? Dove viveva? Come si erano conosciuti? Avrebbe tanto desiderato che proseguissero su quell'argomento, anche se preferiva non essere coinvolta personalmente; ma non venne detto altro, e per la prima volta in vita sua, pensò che Mrs. Jennings mancasse di curiosità per i pettegolezzi, o di predisposizione a metterli in piazza. La maniera in cui Miss Steele aveva parlato di Edward, accrebbe la sua curiosità, poiché l'aveva colpita come qualcosa di alquanto maligno, e le faceva nascere il sospetto che quella signora sapesse, o si immaginasse di sapere, qualcosa di sfavorevole su di lui. Ma la sua curiosità fu vana, perché Miss Steele non badò più al nome di Mr. Ferrars quando Sir John ne accennava, o addirittura lo menzionava apertamente.

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