Capitolo 10: Le donne del Ten Bells

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Abberline si scaldò le mani soffiandoci sopra. Le strade di Whitechapel, quella sera, erano più fredde dell'inferno di Milton.

Aveva vagato per un po' per le stradine ormai tristemente note alle pagine dei giornali, per vedere se c'era qualcosa che era sfuggito, qualcuno che chiacchierava dicendo cose importanti.

Non aveva scoperto nulla. L'unica cose di cui si era reso conto, era che i poliziotti che facevano la ronda erano più impauriti delle donne che erano costrette a cercare qualche cliente in mezzo alla nebbia. Molte di loro erano anche ubriache e quindi non stavano in guardi come avrebbero dovuto.

Ben in tre, nell'ultima mezz'ora, gli si erano avvicinate, proponendo i loro prezzi e nessuna delle tre sembrava in grado di dire più di cinque parole senza farfugliarne almeno un paio.

La situazione di Whitechapel era qualcosa che sfuggiva del pensiero comune. La upper class sembrava non sapere quello che accadeva in quei vicoli. Eppure... Eppure Abberline vide più di un ricco signore aggirarsi vicino alle locande e vicino alle donne imbellettate e ubriache che aspettavano il colpaccio della serata per trovare i soldi per pagarsi una camera da qualche parte.

Ormai sconfitto da quella ronda volontaria che non aveva portato a nulla se non all'amarezza della realtà, Abberline puntò dritto verso la locanda Ten Bells.

Aveva sentito dire da più di un testimone che le vittime avevano tutte, o prima o dopo, fatto sosta lì per qualche notte.

Quando entrò nel locale, un vapore diverso da quello gelido della nebbia, gli riempì i polmoni. C'era odore di birra, di whisky, di fumo e di sudore.

Le voci erano alte e qualcuno cantava pure. Sperando di passare inosservato, Abberline andò al bancone e prese una birra.

L'oste non lo guardò nemmeno, mentre riempiva il boccale. Quando glielo mise davanti al naso, chiese i soldi e passò subito al cliente successivo.

Abberline avrebbe voluto interrogarlo, chiedergli qualcosa su Polly Nichols, Annie Chapman, Liz Stride e Catherine Eddowes, ma si rese conto che non era il momento adatto. In più, voleva sfruttare ancora un po' il suo così comodo anonimato.

"Voi siete Abberline, quello della polizia. Quello che sta sui giornali." sentì dire da una voce di donna accanto a lui.

Pulendosi goffamente la schiuma della birra dai baffi con il dorso della mano, Abberline si voltò a guardarla.

La donna aveva i capelli di un rosso spettacolare, molto mossi, aveva gli occhi azzurri come il cielo, era alta e, malgrado i suoi vestiti fossero visibilmente vecchi e logori in più punti, aveva un portamento decisamente orgoglioso.

"Voi siete...?" chiese Abberline, sulla difensiva.

 La donna guardò velocemente l'oste, poi si rivolse all'ispettore: "Vi va se ci sediamo ad un tavolo?"

"Certo." disse Abberline: "Volete qualcosa da bere?"

"Un bicchiere di sidro." fece lei.

 La sua voce era dolce, ma aveva una punta di crudezza che non scappò alle orecchie attente del poliziotto.

Con i rispettivi bicchieri, Abberline e la donna raggiunsero un tavolino un po' isolato. Si misero a sedere e si studiarono per un lungo momento.

"Come mai siete qui a Whitechapel?" chiese la donna, sorbendo un piccolo sorso di sidro.

"Non mi avete ancora detto il vostro nome." notò lui.

"Fa qualche differenza?" chiese lei.

"Può farne molta." affermò lui.

Prendimi quando puoi, signor LuskDove le storie prendono vita. Scoprilo ora