Carlo e Asia

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E chi l'avrebbe detto: il mondo non è piccolo, è semplicemente uno sputo. Andava tutto così liscio: Marta, Asia e Betta in un colpo solo. Un record, se vogliamo. Neanche a me, notoriamente uno stronzo,era mai successo. Ma è successo. Dopo dieci anni di relazione con Betta, può capitare di inciampare, no? Soprattutto se Marta è decisamente bella e, deliziosamente, sexy. Io mi chiedo: come si fa ad accontentarsi di una scappatella con una così? Il problema è che ci ho preso un po' la mano e, a un certo punto, mollarla era diventato impossibile. Dopo due anni di salti mortali, avevo addirittura deciso: mollo Betta e vado a vivere con Marta. Già mi vedevo, nel suo bilocale sulle colline, a cucinare in mutande, ascoltando musica a tutto volume, per poi fare l'amore senza fretta. Con tenerezza. Ci credevo. Davvero. Poi mi sono ammalato. Un'influenza bastarda, leggera, ma fastidiosa. Dopo un mese di raffreddore e 37.1 di febbre mi sono deciso ad andare dal mio medico di base. Proprio infila dal dottore, in mezzo ad almeno dieci vecchiette canute, un paio di sandali con il tacco faceva capolino poco più in là. E con i tacchi, un paio di jeans a vita bassa, una camicetta gialla e un viso da incorniciare: labbra da mordere, occhi grandi color nocciola e capelli ricci spettinati dei quali sentivo il profumo da lontano. Non ce l'ho fatta: le ho sorriso. Lei, un po' restia, mi ha risposto con un cenno d'intesa. Poi mi alzo, cambio posto, quasi attratto in modo animalesco da quella ragazza riccia. L'avrei spogliata, lì, all'istante. In mezzo alle vecchiette canute, l'assistente alla poltrona e quei due informatori farmaceutici che, di lì a breve, mi avrebbero rubato il posto. Non riuscivo a trattenermi, ma con un'abile mossa le ho sfiorato la mano, facendo finta di prendere uno dei giornali sul tavolino.

"Scusa", le ho detto spudoratamente.

"Di niente, figurati", mi ha risposto educatamente.

Sentendo la voce, ho sentito un fremito. In un attimo ero già schiavo della sua grazia e del suo odore. Speravo che il medico non mi chiamasse mai e in quell'attimo le ho detto: "Mi chiamo Carlo".

"Piacere Asia".

Le do la mano, ma è come se avessi già fatto l'amore con lei. Colgo l'occasione e azzardo: "Vista la fila e quei due bellimbusti con la valigetta che ci scavalcheranno, perché non usciamo a bere un caffè. C'è un bar con i tavolini all'aperto a trenta metri da qui... Poi, torniamo...".

"Perché no. E' un'ora che aspetto. Me lo merito un caffè".

Si alza e, io come un automa, la seguo. Sono già pazzo di lei.

Ci sediamo, subito, ai tavolini all'aperto. Lei ha caldo e si sbottona la camicetta.  M'impongo di distogliere lo sguardo dal suo seno, ma il cameriere le rovescia rovinosamente il caffè addosso. La camicetta da gialla diventa ambrata e qualche goccia penetra nella scollatura.

"Che disastro!", mi dice. "E ora come faccio? Tra un'ora ho il colloquio più importante della mia vita e mi presento così: con una macchia sulla camicetta e senza neanche poter prendere un paio di gocce di valium per colpa delle stramaledette vecchiette".

"Perché non vai a casa a cambiarti?", le suggerisco.

"Abito dall'altra parte della città, arriverei in ritardo. Non me lo posso permettere".

Il suo odore continua a tormentarmi, ho quasi paura di lei, ma azzardo:

"Abito qui dietro, se vuoi ti presto una maglietta di mia sorella ha le tue stesse te... taglia", mi correggo.

"Magari, sei un angelo. Andiamo al volo, però. Altrimenti faccio tardi".

Amore a faccia in giùDove le storie prendono vita. Scoprilo ora