2. Have you never loved anyone?

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Ero seduta sugli scomodi gradini che portavano alla veranda di casa mia e mi stavo rigirando tra le mani il bigliettino del nogitsune da almeno dieci minuti, continuando a fissare quelle macchie rosse.

Più le guardavo e più mi sembrava che quello, anziché quello di Grace, fosse il sangue di Stiles, perché sapevo che una volta tornato in sé — perché sarebbe tornato, ne ero certa — avrebbe fatto sicuramente più male a lui di quanto ne aveva mai fatto a lei — o a me. E ci stavo male, malissimo, perché non volevo che lui dovesse pagare per gli errori e per le crudeltà di altri.

Ne aveva passate tante, troppe, e a quel punto aveva già abbastanza sensi di colpa per tutti noi. Forse per l'intera Beacon Hills. O forse per tutto il mondo.

Era il primo momento, da giorni, in cui non ero circondata da uno dei miei amici. Non mi perdevano di vista neanche per un secondo: erano arrivati anche a fare i turni davanti a camera mia di notte. Follia pura, secondo me.

Credevano che sarei scappata via — staccando il telefono e lasciando un biglietto d'addio sul tavolo della cucina — nel giro di qualche minuto, scegliendo di partire alla ricerca di Grace per conto mio, se mi avessero lasciata sola per un istante. Non si fidavano di me. Anche se, in fondo, facevano bene, perché era proprio quello che pianificavo di fare da giorni — da settimane.

Ma adesso, con l'occasione perfetta servita su un piatto d'argento, mi mancava il coraggio. Continuavo soltanto a fissare l'orizzonte in cerca di una risposta, beandomi del silenzio. Ma, ovviamente, quel momento fu presto interrotto.

«Pensierosa?» chiese una voce diventatami ormai familiare, avvicinandosi a me lentamente.
Inizialmente pensai di non rispondere.
«Sì» dissi poi. «Ma non ti riguarda.»

«Come sei scontrosa» borbottò ironica, sedendosi accanto a me.
«Sei sempre così o è l'angoscia a renderti particolarmente simpatica?»
«Tu non migliori di certo la situazione» sibilai, lanciandole una veloce occhiata.

Lara raddrizzò le spalle e mi rivolse un sorriso a metà tra il compiaciuto e il risentito.
«Non sono io il problema, ma il motivo per cui sono qui.»
Mi irrigidii, quasi inconsapevolmente. «Il tuo problema, Rossa, è Stiles» continuò. «Ma non serve che te lo dica io, no?»

La guardai negli occhi per una frazione di secondo, concentrandomi poi sulle mie unghie mangiucchiate. «Che intendi dire?» chiesi.
Lei rise, beffarda. «Hai capito.»

Un brivido mi attraversò la schiena quando parlò ancora. «Devi essere davvero molto innamorata di lui, se hai preferito subire per tutto questo tempo il nogitsune piuttosto che chiamare immediatamente Scott.»

«Non so di cosa tu stia parlando» dichiarai, gelida, facendo per alzarmi. Lei però mi afferrò per un polso e non mi permise di muovermi.
«Perché, mi chiedo?» domandò, proseguendo come se nulla fosse. «Avremmo risolto la faccenda già da un pezzo, se tu avessi fatto qualcosa. Perché?»

Mi divincolai dalla sua stretta con una smorfia, massaggiandomi poi il braccio. «Non hai mai voluto bene a qualcuno?»
«Siamo decisamente oltre a quello, Lydia» replicò subito, diventando improvvisamente seria.
Poi sospirò, rilassandosi appena. «Senti, non voglio litigare. Voglio soltanto capire.»

Non mi piaceva, quella ragazza. Per niente. Non mi fidavo di lei e non riuscivo neanche a capire per quale motivo fosse lì con tutti noi, nelle nostre case. Mi sembrava ci stesse usando e avevo come l'impressione che ci avrebbe abbandonato appena se ne fosse presentata l'occasione, ma scelsi comunque di risponderle, anche se non ho ancora capito perché. Forse avevo soltanto bisogno di dirlo a qualcuno, di sfogarmi.

Bloodshed | Teen Wolf - Stydia Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora