36. Smettiamola con le stronzate

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Quando iniziai a frequentare le superiori, pensavo che fissare fosse davvero poco originale. Era una cosa che odiavo, sia che fosse per ammirazione, che per disgusto. Essere fissata mi aveva sempre fatta sentire a disagio, ma in quel momento sembrava l'unica cosa che potevo fare per evitare di dire qualcosa di stupido.

Ashton mi fissava e io ricambiavo lo sguardo, ero bloccata, non sapevo come tirarmi fuori da quella situazione. I suoi occhi mi squadravano e il suo sguardo diventava sempre più severo ad ogni momento di silenzio che passava. Non volevo dirgli di Andy. Avevo deciso di tenere la bocca chiusa. L'avrei tenuta chiusa e non avrei più parlato. Purtroppo però, avevo già detto troppo e Ashton era sul punto di esplodere.

"Chi hai incontrato, Evelyn?" Ripetè lui, la sua voce era profonda e piena di rabbia crescente. Ero sicura che sapesse già la risposta dal mio silenzio. Voleva che lo dicessi, ma io mi rifiutavo. Volevo solo andarmene e dimenticare tutto ciò che avevo detto, sperando che lui potesse fare lo stesso.

Ashton alzò un braccio e colpì con un pugno il mio comodino facendomi sobbalzare. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma non disse niente. Ero decisamente terrorizzata. Se si stava arrabbiando solo perchè non parlavo, non volevo immaginare cosa avrebbe fatto sapendo quello che avevo da dirgli. Il suo respiro si fece pesante.

"Dimmi-" sospirò pizzicandosi l'inizio del naso, "Dimmelo, non mi arrabbierò."

"Me lo prometti?" Lo trovato davvero difficile da credere. Non avevo ancora detto una parola e aveva già preso a pugni il mio comodino.

"Te lo prometto, cazzo," i suoi occhi verdi incontrarono i miei. A volte odiavo come i suoi occhi riuscissero sempre a tirarmi fuori le parole di bocca. Sia che si trattasse di qualcosa che avevo il bisogno di dire, sia che si trattasse di uno stupido pensiero. I suoi occhi erano il mio punto debole.

"Ho incontrato Andy dopo essere uscita dal salone di bellezza," dissi finalmente e osservai attentamente la sua reazione. Ero tesissima mentre aspettavo che esplodesse come una bomba ad orologeria. Ma lui continuò a fissarmi stringendo gli occhi.

"Andy," disse il suo nome con disgusto. Io annuii. "Andy."

"Ashton, lasciami dire-"

"Chissà perchè me lo sentivo," ridacchiò lui scuotendo la testa. Sapevo che non mi avrebbe lasciato parlare e per un momento pensai quasi che fosse meglio così, volevo che si sfogasse. Volevo che dicesse tutto quello che doveva dire prima di sentire quello che avevo da dire io.

"Non so quante altre volte dovrò avvertirlo prima di dovergli fare male sul serio," disse massaggiandosi le tempie e sedendosi sul letto. Sperai con tutto il cuore che non fosse serio.

"Non sapeva che fossi lì. Non è colpa sua." Mi rifiutai di far ricadere la colpa su Andy. Ero stata io ad andare a parlargli.

Ashton mi guardò come se avesse appena realizzato una cosa importante, "Sei andata a parlargli, vero?"

"Beh, sono stata la prima a notarlo," mormorai.

"Santo Dio," grugnì. Le sue nocche erano diventate bianche da quanto stava stringendo i pugni. Io presi in mano il cuscino accanto a lui e glielo porsi. Lui alzò un sopracciglio.

"Sfogati con questo," gli spiegai e per un momento, potei giurare di aver visto le sue labbra incurvarsi in un sorriso.

"Non sono arrabbiato," mentì e io alzai gli occhi.

"Non sono stupida."

"Nemmeno io. Che cosa gli hai detto?" Mi prese dalle mani il cuscino e lo ripose al suo posto.

Io esitai, ma vedendo quanto impaziente stava diventando Ashton, risposi, "Gli ho chiesto scusa per quello che è successo venerdì."

"Ti sei scusata per essere uscita con lui o per quello che è successo dopo?" Serviva chiederlo? Ero sicura che sapesse di cosa stavo parlando.

Fault (Ashton Irwin) - Italian translation -Where stories live. Discover now