[Forgotten]

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Your touch used to be so kind
Your touch used to give me life
I've waited all this time, I've wasted so much time
(Il tuo tocco era così gentile
Il tuo tocco per me era vita
Ho aspettato per tutto questo tempo, ho sprecato troppo tempo)

Dalle sue labbra sfuggì un rantolo, mentre indietreggiava fino a sbattere rumorosamente e dolorosamente contro il muro, svegliando così il Capitano.

Steve aprì lentamente gli occhi, la fronte aggrottata di chi è stato appena destato controvoglia.
Quando mise a fuoco il profilo di Tony, quando ne riconobbe i grandi scuri occhi, lucidi, alzò di scatto il busto, puntellandosi sui gomiti, e sgranò gli occhi, iniziando a muovere le labbra cercando inutilmente di articolare qualche parola.

«T-Tony...» riuscì infine a sussurrare.

Era lui. Era davvero lui. Era... Tony, il suo Tony, identico all'ultima volta che l'aveva visto.
La pura gioia che provò in quel momento, gli fece nascere spontaneo un largo sorriso.
Poi però si accorse dello sguardo ferito, distrutto, dell'altro e ripiombò dolorosamente coi piedi per terra. Il suo sguardo si fece via via più dolorosamente colpevole, consapevole di essere egli stesso la causa di quell'inesprimibile dolore che traspariva dagli occhi ambrati dell'altro. Le guance gli si colorarono velocemente di rosso.

Ma Tony... Benché la scena che si era trovato davanti fosse stata un'a dir poco spiacevole sorpresa, non era stata quella a farlo sprofondare in un baratro da cui – ne era convinto – non sarebbe più riuscito a risalire.
Erano passati tre anni, poteva ben capire che l'altro 'passasse il tempo' con qualcuno: nei suoi panni era improbabile che non avrebbe fatto lo stesso, quindi non poteva certo biasimarlo per quello.
Ma, oh, quello che lo colpì improvviso e doloroso come un fulmine a ciel sereno, fu lo sguardo di Steve.
Sotto la gioia iniziale e il seguente imbarazzo, di fatto, non aveva scorto quella luce che caratterizzava ogni sguardo che il Capitano a lui solo rivolgeva. Una luce che faceva risplendere le sue iridi come le più affascinanti cave marine, una luce che dava a Tony la speranza che il mondo non fosse così piatto, grigio e prevedibile come sempre aveva creduto.
E lo seppe in quel momento, con assoluta certezza: lo aveva perso.
Lo aveva fatto aspettare troppo a lungo, e Steve lo aveva dimenticato.

Sgusciò via dalla stanza veloce così com'era entrato, richiudendosi delicatamente la porta alle spalle, quasi come se temesse che il minimo rumore potesse spazzar via tutto ciò che rimaneva di lui.
L'ultima cosa che giunse alle sue orecchie, prima di iniziare a correre il più lontano possibile da lì, furono le parole assonnate, trasudanti affetto, che il Soldato rivolse a quel Capitano che oramai non era più suo.

~o~

Chiamò il barista con un cenno e quello in risposta fece scivolare sul lungo bancone il suo ennesimo Whisky che afferrò prontamente, tracannandolo tutto d'un fiato.

Dopo la fuga frettolosa dalla Tower, aveva vagato per le strade di Manhattan senza alcun obiettivo, lo sguardo vuoto di chi ha perso tutto. Si era fermato solo quando era calata la notte, di fronte ad uno dei tanti bar notturni. Si era lasciato cadere ad uno dei tanti sgabelli di cuoio nero davanti al bancone e aveva iniziato ad ordinare bicchieri su bicchieri di Scotch, senza riuscire a togliersi dalla testa quello sguardo che valeva più di mille parole.
Non c'era più spazio per lui.
Era questa la semplice e crudele verità che Steve gli aveva sbattuto in faccia.
E si sentì perso, fuori luogo, peggio che morto.

Fece passare lentamente il dito sul bordo doppio del proprio bicchiere di scotch, gli occhi fisso su di esso, con la concentrazione di chi sta compiendo qualche atto d'importanza vitale. La sua mente e il suo sguardo si persero in quel bicchiere, superandone la superficie e sprofondando nel riflesso dei propri occhi lucidi e arrossati. E gli restituì attraverso quello specchio - che rappresentava al tempo stesso la sua unica certezza e il suo più grande peccato - lo sguardo supplicante e devastato di un uomo che chiede aiuto, che chiede una spiegazione, che chiede un risarcimento. Un risarcimento per tutto ciò che quel Portale gli aveva portato via, ossia l'unico futuro a cui avesse mai aspirato, al fianco dell'unica persona che avesse mai veramente amato.
La sua mano si strinse con vigore quel bicchiere di scotch, concentrando tutta la sua forza in quel piccolo atto, cercando di mettere a tacere quella rabbia che improvvisa prese a scorrergli nelle vene. Solo quando il bicchiere cedette alla sua presa, rompendosi e ferendolo, questa rabbia scivolò via, lasciando dietro di sé un'arida desolazione mai aveva sperimentato con eguale intensità.
Senza un commento, si tolse lentamente e meticolosamente le schegge di vetro che erano rimaste conficcate nella sua mano. Non badò al barista che, borbottando, gli aveva porto dei fazzoletti, rimanendo per qualche attimo a seguire con lo sguardo le scie vermiglie che avevano preso a solcargli il palmo, come se stesse assistendo al componimento di un quadro dalle buone premesse.
Poi, lentamente, abbassò la mano e si avviò barcollando verso l'uscita del locale.
Non fece che pochi passi, oltre l'uscio di quel bar di periferia, che si dovette appoggiare pesantemente contro il lercio muro che dava sull'altrettanto lurido vicolo, per poi riversare tutto il pessimo l'alcool che aveva ingerito.
Alzando lo sguardo, scorse il luccichio della propria armatura che, ferma davanti a lui, sembrava essere lì pronta per proteggerlo.
Le sue labbra si aprirono in un largo, mesto sorriso.

Lost Creatures //Stony//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora