...Falling in the black
Slipping through the cracks
Falling to depths can I ever go back...
(...Precipito nell'oscurità
Scivolo nelle fenditure
Cado in un pozzo da cui non potrò mai risalire...)Le palpebre gli si erano sollevate lentamente, poi si erano strizzate sotto la luce invadente delle lampade a neon.
Bianche lenzuola avvolgevano il suo corpo coperto da una quadrettata tunica ospedaliera.
Aveva cercato di alzarsi puntellandosi sui gomiti, per poi ricadere sfinito sul cuscino.
L'infermiera di turno, vedendolo vigile, gli aveva sorriso.«Abbiamo vinto, Capitano» gli aveva detto.
A quel punto, aveva fatto scivolare lo sguardo più in là, sulle brandine degli altri Avengers posizionate poco distanti dalla propria.
Nessuno era stato ferito gravemente ed erano riusciti a salvare il mondo ancora una volta.
Eppure sui volti dei suoi compagni non brillava quella luce che sapeva di vittoria, di felicità, di vita. Avevano sguardi cupi, le sopracciglia aggrottate e le espressioni affrante di chi ha perso più di quanto potesse vincere.Un meschino presentimento aveva iniziato a farsi strada in lui. Un presentimento a cui non voleva dare ascolto, nonostante stesse prendendo possesso di lui.
Sotto alla pressione di questo, era scattato a sedere, attirando l'attenzione della squadra che gli aveva rivolto cenni di saluto. Clint aveva persino cercato di fare una battuta su quanto rumorosamente russasse nel sonno il Capitano, ma il suo sorriso appariva tirato, fioco, forzato, fuori posto.
A quel punto, aveva posato nuovamente lo sguardo in quello degli altri Vendicatori.
E si accorse che ne mancava uno.
Uno un po' arrogante, ammiccante, sfacciato, brillante.
Uno ambrato, dalle mille sfaccettature sfuggenti che aveva appena iniziato a cogliere.
Uno, la cui sola presenza calamitava gli altri sguardi.
Uno, che era diventato il centro di ogni suo pensiero.
Uno, che non c'era.Un lamentoso, silenzioso, piccolo gemito si librò dalla sua gola stretta in una smorfia soffocante, mentre uno dei dolori più forti che aveva mai provato si faceva strada nel suo corpo, frantumando le ossa, squarciando gli organi, avvelenando il sangue.
Mosse piano le labbra tremanti ad articolare una domanda di cui già conosceva la risposta, gli occhi lucidi che facevano da specchio all'agonia che lentamente lo stava uccidendo dall'interno.«Dov'è Tony?»
Poi l'oblio lo richiamò a sé, cancellando i suoi pensieri e i suoi ricordi.
~o~
Il freddo del braccio metallico, a contatto con la sua pelle nuda, lo fece rabbrividire. Nonostante questo, attirò il proprietario di quest'ultimo più vicino a sé, ancorandosi alle sue spalle e abbandonando il volto nell'incavo del suo collo. I capelli tenuti lunghi dell'altro, gli solleticarono piacevolmente le guance.
Erano passati tre anni.
Ancora non ci poteva credere che fosse passato tutto quel tempo da quel giorno.Durante i primi sei mesi dalla scomparsa dell'inventore, si era chiuso in un mutismo carico di dolore. Le uniche parole che pronunciava erano dirette a F.R.I.D.A.Y., che Tony gli aveva lasciato in eredità, e solo quando era da solo con l'AI. In quel periodo, aveva persino sfiorato l'idea del suicidio, solo per potersi rincontrare così con l'inventore. Solo il pensiero di deludere, così facendo, Tony l'aveva tenuto a bada.
Poi un giorno, quasi casualmente, si era imbattuto in quelle mail che loro due si erano scambiati, prima dell'inizio della fine. Tony gli aveva lasciato delle coordinate, tramite le quasi avrebbe potuto trovare il Soldato d'Inverno.
Il Soldato d'Inverno.
Bucky, il suo più caro amico.
Ricordava ancora con chiarezza il dolore che aveva provato quando l'aveva visto cadere da quel treno, un dolore che gli aveva scosso l'anima e che gli aveva fatto credere che non sarebbe più riuscito a sorridere.
Un dolore che solo l'inventore, in un modo a lui ancora estraneo, era riuscito a lenire.
Poi però la perdita di Tony aveva riaperto quella ferita ricucita, l'aveva ingrandita ed infettata.
Forse... Forse Bucky sarebbe riuscito a rimetterlo in sesto.
Era stato questo il suo pensiero quando aveva poi iniziato a cercarlo.
E infine l'aveva trovato, dietro il bancone di una caffetteria a Seattle.
La riconciliazione era stata tenera, ed ancor più le loro parole quando si erano confidati l'uno con l'altro, parlando senza filtri di tutto ciò che era successo loro, dei loro dolori e dei loro desideri sopiti.
E poi... Poi fu come se quegli anni di lontananza si fossero annullati, come se fossero tornati i due ragazzini di Brooklyn che volevano arruolarsi nell'esercito per servire la propria patria. Due ragazzini che erano l'uno la famiglia dell'altro, che erano cresciuti insieme, che erano andati avanti insieme.
Il passo successivo, una volta ritrovatosi, era stato spontaneo, naturale, come se non potesse essere altrimenti.

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Lost Creatures //Stony//
Fanfiction/Seguito di "Lost Time"/ [Stony!] Forse avrebbe vinto. O forse no. Forse sarebbe sopravvissuto. O forse no. Forse lo avrebbe salvato. O forse no. L'unica cosa certa, è che aveva bisogno di riverdere colui che aveva perso in quel dannato disastro. {...