Chapter 20.

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Madison point of view.

Aprii lentamente gli occhi.

Ma decisi di richiuderli, dopo che un fascio di luce mi 'accecò'.

Mi rigirai lentamente nel letto.

Dove mi trovavo?

Ero circondata da quattro solide mura di color bianco, una porta color verde acqua e...fili.

Tanti fili, che attaccati al mio braccio, portavano ad un grande macchinario che continuava a fare uno straziante 'bip' regolare.

Ora ero tutto chiaro.

Mi trovavo in ospedale.

Ricordai esattamente di essere corsa via dalla scuola, dopo che Rebecca aveva detto a praticamente mezzo mondo la storia di mio padre.

Ricordai anche di essere stata inseguita da Jacob, che continuava a gridare e scongiurarmi di raggiungerlo o perlomeno aspettarlo.

Ricordai infine quella macchina.

Il viso del guidatore, così familiare.

E quella brusca frenata, quel rumore di gomme che strusciano sull'asfalto e che ancora adesso riesco a sentire, solamente immaginandomelo.

Vidi una grande tenda al mio fianco, era chiusa. 

Provai con tutte le mie forze a rimanere sdraiata, senza provocare altro male alla mia testa, che continuava a rimbombare al suo interno.

Ma la curiosità prevalse su di me, ed esitante mi alzai.

Ero scalza, ed appena i miei piedi ebbero un contatto ravvicinato con il freddo pavimento, rabbrividii.

Nonostante ciò, continuai per la mia strada, incurante della ormai pelle d'oca che si era creata sulla mia pelle.

Scostai lentamente la tenda.

Vidi un figura angelica, ancora con gli occhi chiusi ed il braccio sinistro ingessato.

Jacob?

Perché aveva un braccio rotto?

E soprattutto, che cosa ci faceva lui qui?

Troppo impegnata nei miei pensieri, non mi resi neanche conto di star parlando da sola da un pezzo e di avere due piccoli occhi verdi puntati su di me.

Quegli occhi.

Quegli occhi, che dal primo sguardo erano riusciti ad incatenare i miei.

Quegli occhi, che adesso mi scrutavano attentamente.

Mi ricordai tutto, in quell'instante.

Mi aveva spinta in avanti, facendo così in modo di non essere investita da quella ormai temuta macchina.

Si era sacrificato per me, ed ora si ritrovava con un braccio rotto.

Mi aveva salvata.

Sentii gli occhi inumidirsi.

Non mi presi tutta la colpa di questo accaduto.

Lui.

Lui aveva fatto in modo che Rebecca lo sapesse e lo spifferasse a tutto il mondo.

Mi girai di scatto, non facendo vedere così le lacrime che rischiavano di scendere dai miei occhi celesti.

Non dovevo mostrarmi debole.

Non davanti a lui.

"M-madison, come stai?"

Parlò, con quella voce più ovattata e roca del solito.

Non risposi, troppo concentrata a ripensare agli eventi accaduti poche ore prima.

Ero arrabbiata con lui.

Eppure mi aveva salvata.

Ci teneva a me allora?

Mi resi conto di star correndo verso la sua direzione, solo quando delle possenti braccia mi strinsero a se.

"Perdonami, ti prego"
Sentii il suo respiro caldo sussurrarmi all'orecchio.

"Sei uno stronzo."
Risposi solamente, sorridendo sopra il suo petto.

E stavo bene, messa così.

Le sue braccia avvolte intorno a me,
mi davano un senso di sicurezza.

Alzai la testa per guardarlo.

I miei occhi, ancora leggermente lucidi, si incatenarono ai suoi.

Riuscivamo a comunicare anche così, con un solo sguardo.

"Madison?"
Sussurrò lui, guardandomi ancora.

"S-si?" Risposi io.

"Non ho mai saputa cosa dire, ma ora ti sto chiedendo di restare."

Rispose lui serio, lasciandomi poi un tenero bacio sulla fronte.

Sentii le solite farfalle svolazzare per il mio stomaco, erano delle parole così semplici, eppure dette da lui sembravano così vere.

Così giuste.

E a me bastava.

Perché era tutto quello che volevo, in quel momento.

You make me shine||Jacob Sartorius. (#Wattys2016) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora