Chapter 18.

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Era iniziato un nuovo giorno.

Un nuovo giorno con lui.

Mi alzai con un sorriso stampato in faccia, probabilmente rimasto ancora impresso dal pomeriggio prima.

Controllai il telefono e vidi un messaggio:

Da: Lui❥
Buongiorno, principessa.

Sentii ormai le mie amiche farfalle svolazzare per lo stomaco.

A: Lui
Buongiorno, principe.

Scesi le scale e feci la mia solita routine mattutina.

Ripensai a ieri.

"Piccola tu sei mia e potrai sempre indossare la mia felpa."

Aveva cantato questo pezzo, probabilmente pensando anche lui a quando eravamo andati insieme nel bosco.

Così mi intrufolai nella mia cabina armadio e incominciai a rovistare, dopo cinque minuti buoni trovai finalmente quello che stavo cercando.

La sua felpa nera.

Mi ricordavo ancora di averla imboscata in fondo all'armadio per far sì che non perdesse il suo profumo, dopo essere tornata dalla 'gita' nella casa disabitata.

Era molto larga e mi faceva stare davvero al caldo.

Dopodiché mi misi i miei pantaloni neri con lo strappo sulle ginocchia ed optai per le vans sempre dell'ennesimo colore.

Mi recai in bagno e mi misi un filo di mascara, come tutti i giorni.

Presi lo zaino ed uscii di casa, indirizzandomi verso la scuola.
-
Le prime tre ore erano andate, finalmente pausa.

Aprii l'armadietto e misi dentro i libri,
quando qualcuno mi coprì gli occhi con le mani.

Avrei riconosciuto subito quel profumo inconfondibile, anche a chilometri di distanza.

"Mh...chi è?" Feci la finta tonta.

"Le posso dare un indizio?"
Parlò Jacob con una voce buffa.

Annuii per incitarlo ad andare avanti.

"Beh...sono un ragazzo bellissimo!"
Disse sempre con quella voce, ridendo sotto i baffi.

"Ed anche modesto, oserei dire."
Risposi ridendo anch'io.

"Hey! Basta, mi sono offeso."

Tirò via le mani ed incrociò le braccia.

Io mi girai e finalmente lo vidi.

Anche quando faceva lo scemo riusciva ad essere tenero e bellissimo.

"E adesso come farò a farmi perdonare?" Dissi ridendo.

"Beh...un modo ci sarebbe"
Rispose con un sorriso beffardo.

Incominciò ad avanzare verso di me, era sempre più vicino, brividi percorsero tutta la mia colonna vertebrale.

Sentii il suo respiro sulle mie labbra,
quando uno schiaffo prese in pieno la mia guancia.

Mi girai di scatto e la vidi.

Rebecca.

Ma come si era permessa?

"Allora è vero quello che si dice in giro, sei proprio una troia."

Potevo dirmi di tutto, ma darmi della troia, no.

Non ci vidi più dalla rabbia.

"Scusami?"

"Hai capito benissimo."
Rispose lei.

Vedevo tutta la gente del corridoio fermarsi per vedere la scena.

Buon divertimento allora.

"Beh, allora seguirò i tuoi consigli, dato che sei stata sbattuta più tu, che la porta della mia stanza."

Risposi a tono facendole pure un'occhiolino, beccandomi da lei un'occhiataccia.

Tutti, compreso Jacob incominciarono a ridere come pazzi.

"Preferisco essere 'sbattuta'- mimò le virgolette con la mano a quella parola-
che essere picchiata da mio padre, perlopiù ubriaco."

Ammiccò.

Una fitta di dolore prevalse nel mio stomaco.

E no, non erano 'farfalle nella pancia' quelle che sentivo.

Silenzio, sentii solo quello per il corridoio.

Mi sentivo osservata, troppo.

Le ormai solite lacrime minacciarono di scendere dai miei occhi, ma per non farlo vedere, corsi via.

"Sei proprio una stronza!"
Sentii Jacob urlare infuriato.

"Madison...Madison aspetta...ti prego."

Incominciai a correre più veloce, ripensando a tutte le parole che ci eravamo scambiati.

C'eravamo solo noi due, quel giorno, nessun altro, ne ero sicura.

Era stato lui.

Glielo aveva detto lui.

Basta.

Non mi resi neanche conto di essere uscita dalla scuola.

Correvo, correvo, continuavo a correre.

Una macchina.

Una frenata brusca.

Un urlo, non mio.

Una luce.

Il buio.

You make me shine||Jacob Sartorius. (#Wattys2016) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora