Capitolo 8.

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Le lacrime mi scendono sul viso,non riesco a fermarle. Questa lettera mi ha distrutta,ma mi accorgo che non è finita lì perché c'è ancora qualcosa dentro la busta: un bracciale con dei ciondoli. Una rosa,una bimba con i genitori e un cuore più grande degli altri ciondoli: aprendolo vedo una nostra piccola foto e una parola incisa in latino:

SEMPER.

Piango ancora di più,sono distrutta. Vorrei correre da lei e recuperare tutto ciò che abbiamo perso,ma so che ci starei solo peggio e che ormai è troppo tardi.
Sono arrabbiata e distrutta da questa situazione: non c'è mai una cosa che va bene e così non posso continuare. Ho l'universo contro di me! Vorrei poter cambiare città,scappare da qui e ricominciare una nuova vita partendo da zero. Ma non ho il coraggio di lasciare qui da solo papà...

I tagli aumentano,il sangue anche. Non riesco più a fermarmi,ma se continuo so già come andrà a finire.
Vorrei che qualcuno ora entrasse nella mia stanza e mi salvasse in tempo,ma nello stesso tempo non voglio essere salvata.
I tagli sono sempre più profondi e il sangue cola sulle lenzuola azzurre. Guardarli mi suscita nausea e incomincia a girarmi la testa; le lacrime continuano a colare ed alcune di esse si mischiano con il sangue che esce dalle mie braccia.
Lancio la lama per fermarmi e resto lì immobile,finché perdo la conoscenza e svengo.

C'è Yacob.
Continua a tirarmi schiaffi sul viso per svegliarmi,ma mi sento priva di forze. Sento il sangue continuare a colarmi dalle braccia e incomincio a preoccuparmi perché non smette.
Le sue mani ora stanno accarezzando il mio viso e sento che parla con la voce spezzata dalle lacrime:
«Non lasciarmi,almeno te!»
Vorrei potergli dire che non doveva fidarsi di me e che non doveva affezionarsi,ma non so più come farglielo capire.
La porta del bagno si apre e sento degli adulti parlare con Yacob,chiedergli cosa è successo e mi fasciano le braccia.
Mi sdraiano su una barella e mi portano via.

Appena riesco ad avere le forze di aprire gli occhi vedo che sono in ambulanza,con degli infermieri intorno che continuano a cercare di asciugare il sangue che non smette di uscire dai tagli. Ho la bocca asciutta e vorrei chiedere un po' d'acqua,ma non riesco a parlare. Esplorando con gli occhi ciò che ho intorno vedo Yacob seduto in un angolo che piange ininterrottamente... Qualcuno gli riferisce che lo sto fissando e che mi sono svegliata,così si fionda subito vicino a me e incomincia ad accarezzarmi il viso togliendomi i capelli dalla fronte.
Non so cosa prova questo ragazzo di tanto forte per me,ma so che stiamo sbagliando tutto. Una lacrima mi scende sul viso,solleticandomi la guancia. Le sue labbra la asciugano subito dopo procurandomi un brivido lungo tutto il corpo.

Un'infermiera mi obbliga quasi a mangiare anche contro la mia volontà. Non so perché,ma non reagisco più: non rispondo alle persone quando mi parlano e non voglio mangiare. Papà fa avanti e indietro dalla mia stanza a quella della mamma e la sua faccia è distrutta: sono convinta che avrebbe più bisogno lui di me delle flebo. Davanti a lui provo sempre a mostrarmi diversa,non voglio creargli altri problemi.
Irrompe nella stanza quella bellissima psicologa che già ho conosciuto,Manuela:
«Ciao Janelle,ti va di fare una chiacchierata?»
Non so neanche io cosa voglio,se sfogarmi o tenermi tutto dentro come ho sempre fatto. Per la prima volta punto per il parlare con qualcuno:
«Sì...» non mi sono mai sentita così timida e chiusa con una persona «se vuoi puoi sederti sul mio letto...»
«Volentieri» dice,cercando di mettermi a mio agio e mantenendo sempre il sorriso «perché hai fatto questa bruttissima cosa?» fissa le mie braccia scoperte e piene di tagli ancora non cicatrizzati.
«Io non voglio più vivere qua.»
«Perché ce l'hai con il mondo?»
«Veramente è il mondo che,a quanto pare,ce l'ha con me...»
«Parlane con me.»
«Tutti mi odiano e non conosco il motivo,non riesco ad amare più nessuno: il ragazzo che ho sempre guardato come fosse un dio ora è al mio fianco ma io ho paura di ferirlo,la mia mamma sta per morire...» e pronunciando l'ultima frase scoppio a piangere.
Subito la sua mano si appoggia sulla mia stringendola:
«Vuoi andare da lei?»
«Sì.»
Non mi importa la sua paura di non riuscire a nascondermi il dolore che prova: sono pronta a tutto,ormai ho passato il peggio e conosco quasi ogni male; voglio starle vicina e condividere con lei ogni ultimo momento della sua vita,anche se qui dentro.
Manuela esce fuori dalla stanza e parla con un'infermiera,che a quanto pare la autorizza a portarmi con lei fuori dal mio reparto. Lei già conosce la stanza della mamma,quindi ci arriviamo prima del previsto. Prima di entrare tiro un lungo sospiro e sento la mano della mia nuova "amica" accarezzarmi la schiena come segno di incoraggiamento. Appoggio la mano sulla maniglia della porta chiusa e lentamente la apro entrando. Gli occhi della mamma si illuminano subito,sorride come una bambina e ne sono molto felice. Vado subito verso di lei e la abbraccio forte lasciando da parte tutte le cose brutte successe. La sua espressione cambia quando vede un camice uguale al suo addosso a me:
«Cosa fai qua tu?»
«Io...» cerco di nascondere le braccia dietro la schiena,ma non faccio in tempo perché lei le prende tra le sue mani e le guarda stupita. I suoi occhi incominciano a riempirsi di lacrime:
«Perché l'hai fatto? Cosa ti è saltato in mente?»
«Io non ce la faccio più,non puoi capire...» e piangendo entrambe,ci abbracciamo. Le sue braccia mi stringono più forte che possono,dopodiché ci sdraiamo insieme nel letto e parliamo del più e del meno.
«Posso farti una domanda?» ho paura di quel che sta per chiedermi,ma prima di entrare qui ho detto che ero pronta a tutto,quindi con coraggio rispondo:
«Certo.»
«Mi parli di Yacob?» sono sbalordita. È più curiosa lei di sapere quel che c'è tra noi che me... Non so neanche io cosa dirle,ma provo a sembrare una ragazza come le altre che si frequenta semplicemente con un ragazzo:
«Abbiamo iniziato a parlare più del solito per caso e lui si è dimostrato un ragazzo sempre disponibile durante il bisogno e anche nei bei momenti. Mi vuole bene e ne sono convinta,per me è un ottimo amico. Ammetto che tra noi ci sono già stati molti baci,ma non sono sicura del fatto che tra noi ci possa essere qualcosa... Credo che lui pretenda cose che io non riuscirò a dargli. Ho bisogno di tempo e di solitudine in questo periodo... Non potrei sopportare un'altra sofferenza.»
«Hai ragione; ne hai passate tante e non ti meriti di stare ancora male,ma è anche giusto buttarsi per provare.»
«Non voglio...»
«Almeno promettimi che supererai questo brutto periodo e che anche quando io non sarò più qui tu non ti butterai giù,perché io sarò sempre e comunque vicino a te!»
«Non te lo posso promettere. Come potrò sopportare la tua morte,quando ancora non sopporto il fatto che Len mi abbia lasciata un sacco di mesi fa?»
Questa frase la azzittisce così da non saper più cosa rispondere; abbassa lo sguardo e mi stringe la mano in segno di vicinanza.
Manuela ci osserva dalla porta e sorride,ma a me tutto questo non mi aiuta...
Rompo il silenzio tra me e la mamma:
«Ora io vado,ma torno domani.»
Lei annuisce e mi saluta abbracciandomi più forte che può. Uscendo dalla stanza mi scende qualche lacrima,perché vederla così mi fa sentire malissimo e so che quando io non ci sono lei è un'altra persona.

Qualcuno bussa alla porta: è Manuela.
«Ei Manuela,che fai qua? Sono le undici,non dovresti essere a casa?»
«Sì,però mi hanno chiesto di parlarti...» e dal suo tono di voce capisco che c'è qualcosa che non va.
«Dimmi.»
«Ecco...»
«Manuela,che succede?» il mio tono di voce incomincia ad alzarsi,facendo irritare la mia compagna di stanza,di cui non so neanche il nome.
«Tua mamma...»
«Cosa?» incomincio a pensare al peggio e i battiti del mio cuore accelerano dalla preoccupazione.
«Sta peggio del solito,Janelle. Non capiscono cosa stia succedendo...» ma non la faccio finire di parlare che salto giù dal letto e corro fuori dalla stanza. Lei mi segue cercando di fermarmi,ma sapendo che non riuscirà e che la cosa più giusta da fare in questo momento è lasciarmi andare da lei. La vedo superarmi e dirigersi verso corridoi in cui da sola non sarei riuscita ad arrivare. Quando vede dei medici camminare lungo il corridoio smette di correre e ferma anche me; parla con uno di loro e la sento chiedere dove può trovare la stanza 708. Dopo aver ringraziato riprende a camminare al mio fianco,finché si ferma davanti alla stanza giusta. Questa volta non ci penso due volte ad aprire la porta e ad entrare,ma incomincio a sentirmi male quando vedo la mamma sputare sangue in una bacinella. Provo a tenere duro,cammino verso di lei e le prendo la mano facendole capire la mia presenza.
Alza il viso rigato dalle lacrime: non oso immaginare il dolore che sta provando. La sua pelle è pallida e mi accorgo che ha le guance profondamente scavate.
Un medico le ordina di sdraiarsi e di rilassarsi il più possibile,ma lei risponde con un grido di dolore. Riusciamo a metterla sdraiata sotto le coperte e nonostante il caldo presente nella stanza surriscaldata lei trema più del dovuto. Non le lascio un secondo la mano,anche se mi pento di essere venuta qua: so che la perderò presto e questo mi fa stare ancora peggio. Incomincio a piangere non vergognandomi di farmi vedere dalle persone presenti nella stanza che non conosco.
Dopo una decina di minuti riesce a calmarsi un po',ma i medici non vogliono la mia presenza qua.
«Perché? È mia madre!»
«Sei una ragazzina...»
«Posso farcela.» dico,stringendo ancora di più la mano alla mamma.
Il suo sorriso è al limite e vedo che faticosamente prova a parlare:
«Perdonami.»
Vedo i suoi occhi stanchi chiudersi improvvisamente e la sua mano rallentare la presa...
Mi ha abbandonata.

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Perdonatemi se sono stata assente per tanto,ma purtroppo ho avuto impegni e non sono mai riuscita ad andare avanti

I have lost myself again - Mi sono persa di nuovo.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora