12. Cristallo di Rocca

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CRISTALLO DI ROCCA / QUARZO IALINO - Il nome deriva dal greco krystallos che significa ghiaccio chiaro. Secondo i greci infatti il cristallo di rocca era acqua ghiacciata a tal punto da non potersi più sciogliere. Si dice che il cristallo di rocca sia una pietra in grado di attenuare le energie negative e potenziare quelle positive. Per gli indiani rafforza la vitalità (prana) presente nell'aria. Si dice anche che il cristallo di rocca abbia la proprietà di rallentare l'invecchiamento e stimolare l'attività mentale.

Mi mantenni ferma sul posto, non muovendo un muscolo, mentre vedevo Elle aprire e chiudere la bocca come un piccolo pesciolino.
Strinsi le labbra e me le morsicai fino a sentire il ferroso sapore del sangue mischiarsi alla mia saliva. Quella punizione mi servì per prendere il controllo della situazione, che sarebbe precipitata se mi fossi agitata.
Elle provò a spiaccicare parola, ma la sentii solo fare qualche piccolo grugnito, che assomigliavano al verso di una volpe in calore.
«B-beh lei..» riuscii a sentire solo parte di quello che stava cercando di dire, perché già avevo preso a tormentarmi la gamba con le dita, pizzicandomi il jeans, fino ad arrivare alla pelle.
Il pizzicorio che diventava sempre più profondo nella carne mi diede conforto, anche se provavo dolore.
Diedi un altro morso al labbro inferiore, lanciando un'occhiata di sfuggita a Elle, che cercava aiuto nel suo sguardo da parte mia.
Volli alzarmi d'improvviso e scappare, fuggire, non sentire ancora di più la sua vicinanza, visto che con il rumore dei suoi passi non avevo fatto altro che aumentare il numero di pizzicotti sulla gamba.
Voltai la testa da un'altra parte, poiché stava diventando davvero difficile vederlo con la coda dell'occhio proprio alla mia spalla. Se si fosse avvicinato ancora non avrei saputo che fare.
Avrei di sicuro cercato un altro modo per non pensare alle sue mani, sul mio polso, la mattina prima.
Come mi avevano contornato la mano, così che si unissero e mischiassero due pelli e calori diversi.
La sua stretta ferma, decisa, mi aveva fatto dubitare della mia persona. Mi aveva fatto sentire piccola, insignificante, senza possibilità di riuscita. Mi aveva portato alle stelle con quel tocco, ma mi aveva, appena eliminato contatto, fatto cadere in una depressione senza ragioni.
«Allora?» s'infastidì Christopher e dopo aver sentito di nuovo la sua voce strinsi ancora di più la presa della carne tra i denti.
Sentii i capelli ancora bagnati essere pesanti e il respiro diventare impossibile da controllare.
Non volevo girarmi, non volevo guardarlo, anzi avrei voluto che mi lasciasse stare.
La mano sinistra, appoggiata sulla coscia, cominciò a tremare piano, così la portai sotto la gamba.
Sentii ogni singola lettera pronunciata molto lentamente, ripetuta, nella mia testa.
Io volevo rimanere serena, senza farmi problemi, ma era la vicinanze e il modo in cui si rivolgeva a me che mi facevano impazzire.
Io gli avevo mostrato il mio lato piú fragile, scoppiando a piangere nella corriera. Lui aveva solo detto di smettere e a quel punto avevo obbedito, come se fossi una sua marionetta, che poteva trattare come voleva. Mi poteva far cadere, spezzare una gamba, ma per lui era importante che non versassi una lacrima.
«Rosalie, lui è Christopher» ammise lei, che cambiò completamente di atteggiamento: le si era spento in viso lo stupore iniziale per lui ed aveva quasi trasformato la sua mimica facciale in sfacciata. Era divertita, come se lo stesse prendendo in giro, come se volesse irritarlo.
Si conoscevano?
Non sembravano essere buoni amici, anzi forse quasi non si sopportavano.
Non mi voltai neanche in quel caso, ma rimasi più che potevo con lo sguardo basso e l'autostima a zero.
Perché mi sentivo così schiacciata da lui?
Non avevo neanche notato dove si trovasse, ma la sua voce arrivava da vicino a me, come se fosse proprio al mio fianco.
«So chi é» cercai di sembrare fredda e distaccata, come se non mi interessasse per nulla che colui che mi aveva rapita fosse a qualche centimetro da me. Sentii il suo profumo arrivarmi alle narici e spezzarmi l'olfatto da altri odori. C'era solo lui.
Mi concentrai su altro, ma proprio non ci riuscii.
"Ti prego, aiutami, cosa devo fare?" aggrottai poco le sopracciglia. Avevo bisogno di qualcuno: mi sembrava di non avere più quella sensazione di dimestichezza, ma mi pareva di essere bloccata, come se lui avesse quest'effetto superiore che mi opprimeva, mi rendeva debole.
"Sii forte. Puoi farcela" la sentii per la prima volta sicura di quello che mi consigliava. Non fu una frase meccanica come succedeva spesso quando percepiva l'ansia o la preoccupazione in me, ma fu qualcosa di sentito, quindi capii che facesse paura anche a lei. Eravamo sulla stessa lunghezza d'onda e sapere che anche qualcun altro era sottomesso al suo volere fu un modo per spiccare verso l'alto.
Mi sentii più sicura del mio corpo e ritrovai la sensazione delle mie gambe appoggiate sul pavimento e dei miei gomiti piegati, che lasciavano le mani nascoste sotto le gambe. Il rumore del ferro dell'anello strusciato sulla sedia mi risvegliò e mi diede ancora più potere.
«No non lo sai» ammise. Aveva di nuovo pensato alle parole che mi avrebbero trafitto. Una per una mi passò nel petto, come dei coltelli appena affilati accuratamente direttamente da lui, lasciando un segno che mi fece scattare e le mani presero a bruciare sotto le gambe. Guardai verso Elle, che inviava di continuo occhiate truci a Christopher, che intanto si era girato verso di me.
Aveva capito che succedeva?
Lo vedevo dalla metà del tavolo, a sinistra, aspettare una mia risposta altrettanto studiata, che ovvio, non ottenne.
Elle spostò gli occhi su di me e preoccupata sembrava mi stesse per chiedere qualcosa.
Le mani scottavano, anzi, era come tenerle sopra il coperchio di una pentola a pressione, senza spostarle, sentendo il bruciore passarmi per le cellule, fino ad arrivare alle vene, che non mantenendo l'elevato calore dentro i tubi, quasi stavano per scoppiare. Avevo avuto la percezione che fossero effettivamente esplose quando anche il braccio cominciò ad accaldarsi.
I capelli mi si appiccicarono al collo e sentii un calore un po' più tenue, ma umidiccio farsi spazio sul capo.
Stava raggiungendo il cervello, non andava per niente bene.
«Stai per rimettere?» mi chiese con un viso estremamente proccupato, che avrei quasi considerato falso.
«No, sta bene. Ora scusaci» non capivo più nulla, sentivo solo il bruciare incessante che passava con lentezza disumana dal basso verso l'alto della mia spalla. Avevo le braccia roventi e non sapevo per quanto sarei riucita a resistere dal trattenere un urlo.
Strinsi le labbra e mi tenni il tutto dentro esse, tra i denti.
Sigillai la voce.
Mi sentii afferrare improvvisamente il braccio e nascosi le mani con velocità sotto il maglione, che erano diventate rosse da far pensare avessi appena avuto un'ustione di alto grado. Quasi inciampai nelle gambe della sedia quando il braccio mi fu tirato verso sinistra. Sentivo delle dita fredde sopra il tessuto del maglione.
Mi mossi a tentoni lontano dal tavolo, ma sarei caduta a faccia a terra se non avessi avuto il forte braccio di Christopher guidarmi verso non sapevo dove.
Vedevo offuscato, dopo qualche passo mi fermavo e sentivo ancora di più che mi strattonava il braccio.
La spalla si mosse in trazione verso il punto in cui era stata tirata.
Lo schiocco delle ossa che aveva sfregato l'una sull'altra mi fece paura e quasi sentii la cartilagine infrangersi.
Le gambe fremevano e fui d'improvviso presa da continui schiocchi da parte delle mie gambe, che stavano cambiando, che stavano diventando altre gambe.
Io stavo combattendo e non ce l'avrei fatta a vincere.
Non avrei mai vinto contro di lei.
Caddi in avanti e mi ritrovai in una stanza buia. Sentii il clic di una luce accendersi e illuminare un poco di un colore rosso la stanza. Era piccola, stretta, ma ero stata messa seduta su una sedia quando due mani mi avevano pressato la parte tra il collo e le spalle, quindi ero impossibilitata a muovermi. Vedevo solo la luce rossa lasciar intravedere alcuni scatoloni nel luogo, che non mi ricordarono assolutamente nulla di conosciuto, quindi ritornai a guardare la persona che era davanti a me. Era in piedi, a fissarmi, mentre scariche arrivavano a farmi inventare una danza. Lo vidi abbassarsi e appoggiarsi sulle ginocchia, per poi arrivare con il viso al mio, molto vicino. Chiusi gli occhi per uscire dal contatto con i suoi, che mi avevano immobilizzato e avevano fatto cessare per poco il calore che si era impossessato di me.
Quando non vidi altro che nero il bruciore ripartì dai piedi, fino a prendermi la caviglia e arrivare all'articolazione dopo..
Caddi sulla sedia con un tonfo e ciondolai fino a quando non trovai dietro di me il muro, dove andai a sbattere violentemente, facendomi sentire fitte improvvise alla colonna vertebrale, che prese a vibrare. Aprii un poco gli occhi quando sentii che le stesse grandi mani mi contornarono le guance. I pollici mi sfregavano piano la zona vicino alle labbra.
«Riprendi il controllo. Scacciala via» era la sua voce, di Christopher, che sentii vicina a me. Mi accorsi che era roca e quasi percepii un tono di dolcezza in quelle poche parole. La parte lombare della schiena prese a scottare a tal punto che mi feci uscire un gemito di dolore, che avevo tenuto intrappolato, ma che sapevo avrei potuto liberare lì dentro. Lui mi coprì la bocca con una mano e sentii una folata di vento muschiato arrivarmi alle narici. Assaporai quel momento e cercai poi di risentire il profumo, che si era però dissolto nella aria. Emisi un altro grugnito, più forte, che non era dato dal dolore ma dal voler che lui togliesse la mano. I recettori nel basso ventre presero a pulsare e strinsi le gambe che erano aperte, per diminuire il male.
«No. Non così» mi ammonì, quasi sgridandomi, ma con lentezza, sentendo il mio respiro diminuire, staccò, con movimenti decisi, le dita che si erano appicciate alle labbra.
Seguirono un poco il movimento delle sue dita, ma poi si divisero definitivamente quando portò di nuovo la mano sulla mia guancia.
«Respira» disse solo, con voce talmente calma che per un momento pensai di farcela, ma poi un altro rovente carbone mi attaccò il fianco, facendomi schizzare verso sinistra.
La sedia si mosse poco e pensai che sarei caduta, ma poi riprese la sua posizione eretta.
Buio.
Fui di nuovo messa da parte e vidi tutto restringersi sotto i miei occhi e da lontano un puntino nero, che era l'oscurità della stanza. Mi trovai bloccata, dentro pareti color pece, scorgendo da un grande schermo che cosa vedessero i miei occhi.
Si presentarono davanti a me le iridi blu di Christopher guardarmi dopo che l'altra me gli fece un sorriso sghembo.
Aggrottò le sopracciglia e sentii le mani dell'altra me essere prese e stritolate. Le ossa, le tremende ossa scricchiolarono sotto il suo tocco e urlai da dentro dopo aver sentito un dolore immenso spaziarsi nella parte alta del corpo dell'altra me.
Lei reagì ridendo, visto che non provava nulla, solo piacere nel farsi del male.
«Ermes non ha voluto dare al suo caro figliolo qualche forza in più? Povero tenero Christopher» la sentii ghignare sotto le risate che resero la situazione davvero inquietante. Intanto mi ero buttata sul terreno nero, ma roccioso e avevo colpito un ginocchio contro una pietra appuntita, che però non superò il male delle braccia. Le mani erano state completamente girate e non trovai la forza di guardarle, ma mi contorsi a terra, sentendo il sangue uscire dal ginocchio.
Urla strazianti riempirono la desolazione.
Il vero buio arrivò quando vidi con occhi privi di emozione lo schermo che dava a vedere il corpo di Christopher accasciarsi a terra e successivamente anche i miei si chiusero, dopo aver liberato un altro lungo e lugubre gemito.

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