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Due mesi dopo.

Mi svegliai di soprassalto, sentendo la gola bruciare e lo stomaco sotto sopra. Mi strofinai gli occhi, e guardai l'orologio. Era mattina, verso le cinque, e mi accorsi che mi ero ammalato durante la notte.

Iniziai a tossire, sentendo che mi mancava l'aria e provai ad alzarmi in piedi, ma non appena ci provai, sentì come se il pavimento sotto i miei piedi si era spaccato in due. "Cazzo," imprecai. Mi misi una mano sopra la fronte e sentì che era sudata, bagnata. Guardai le coperte su cui avevo dormito, e notai un alone non molto grande di sudore.

Sospirai, e decisi che mi sarei misurato la febbre. Tornato in camera da letto con il termometro, decisi di stendermi e prendere il cellulare per informare Taylor che oggi non sarei venuto a lavorare.

"Pronto?" disse la sua voce dall'altra parte.

"Hey, scusa l'orario, ma volevo solo dirti che oggi non verrò a lavorare perché mi sono sentito male. Mi dispiace molto se ti lascio sola," replicai, con un piccolo sorriso.

"Stai male?" chiese con tono preoccupato. Taylor era una persona che si preoccupava molto facilmente, così decisi di farla corta e dirle i miei sintomi.

"Mal di gola e bruciore di stomaco, probabilmente," risposi.

"Cavolo, hai bisogno di una mano? Potrei venire da te e stare con te oggi," replicò velocemente. Sentì un senso di gratitudine verso la bionda più grande di me, ma subito sentì dei sensi di colpa invadermi i pensieri.

"Ti potresti ammalare, non voglio che tu lo faccia per forza," la rassicurai.

Ci fu un momento di pausa, e per un momento pensai che si era addormentata, dato l'orario. "Ma io voglio farlo." disse fermamente.

Sentì un piccolo rossore sulle mie guance, una sensazione nuova e strana mi scaldò il cuore. "Va bene," replicai.

Lei mi disse che sarebbe arrivata a momenti, che prima avrebbe avvisato il nostro capo e poi sarebbe venuta verso il mio appartamento.

E io non feci altro che aspettare il suo arrivo.

***

"Come ti senti?" chiese, mettendo un ginocchio sul materasso e mettendo il palmo della mano sulla mia fronte.

"Mal di stomaco, mi gira la testa e mal di gola." spiegai, mettendo la testa sul cuscino che sembrava le tre volte più morbido di quello che era veramente.

"Sicuro che non vuoi andare in ospedale?" chiese preoccupata.

"Sicuro, starò meglio, non c'è bisogno di andare all'ospedale," replicai, e nessuno dei due parlò. La vidi che mi guardava con gli occhi pieni di pensieri, come se stesse esitando nel dirmi qualcosa.

"Qualcosa non va?" chiesi, alzando un sopracciglio.

Lei spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e abbassò lo sguardo. "Nulla, va tutto bene," rispose sospirando.

"No, non va tutto bene. Qualcosa ti turba, lo sai che mi puoi dire tutto. Siamo amici, lo sai," la rassicurai.

"È questo il punto," borbottò, guardando altrove. Che voleva dire? Il punto di cosa?
"Che cosa vuoi di--"

"Tu mi piaci, Fede. Sei un ragazzo carino, gentile con tutti, unico. Sei intelligente, ti interessi degli altri, mi piaci. Non solo come amico, ma come qualcosa di più. So che ci conosciamo da un paio di mesi, ma ci tenevo dirtelo. Ho provato a reprimere questi sentimenti, ma ogni volta che ci provavo ritornavano fuori sempre più grandi e quando tu mi guardi con quegli occhi...io-- io non ragiono più. Capisco se non provi le stesse cose per me, ma volevo dirtelo."

Restai a bocca aperta. Io...le piacevo? In quel senso? Un silenzio piombò su di noi e io la restai a guardare, mentre lei mi osservava con occhi speranzosi. "Dì qualcosa," mi incitò, prendendomi una mano e stringendola.

"Io..." mormorai. Guardai le nostre mani incrociate. "Sei ovviamente una ragazza molto carina e molto intelligente, forse la più intelligente che abbia mai conosciuto," continuai, cercando delle parole. Lei mi sorrise, e in quel momento sapevo quello che le avrei detto.

"Anche tu mi piaci,"

***

Ben: ho sentito che sei malato. Vuoi che ti vengo a fare compagnia? Sai, magari sotto le coperte tu ed io...

Lessi il messaggio che mi aveva mandato Benjamin e scossai la testa non appena lessi l'ultima frase. Ma c'era qualcosa che dovevo dirgli, non potevo più tenerglielo nascosto. Non ci sentivamo da circa tre settimane, e pensavo che ad un certo punto lui si era scordato di me.

Fede: ti devo parlare di una cosa importante. Puoi venire da me ora? È molto importante.

Risposi, cambiando velocemente il discorso.

Ben: certo, sono sulla via.

***

"Ciao, come stai?" mi chiese, non appena si sedette sul divano del mio salotto. "Non vedo questo posto da settimane," aggiunse, guardandosi attorno.

"Io sto meglio, veramente," replicai, sedendomi dalla parte opposta.

"Sono tornato a lavorare," continuai.

"Che cosa dovevi dirmi?" chiese poi, incrociando le gambe e le braccia al petto. Io lo guardai per un secondo, prima di chiedergli, "Vuoi un bicchiere d'acqua?"
"Volentieri," rispose lui, sembrando confuso.

Andai in cucina, presi due bicchieri e li riempì. Li posai sul lavello e mi misi le mani sulla faccia. Come glielo avrei detto? E se lo avessi ferito? Non stiamo nemmeno insieme...

"Tutto bene?" sentì la sua voce dalla soglia della porta, e quando mi girai, lo vidi che si sporgeva.

"Noi non possiamo continuare a fare quello che stiamo facendo," dissi all'improvviso.

Lui sembrò confuso dalla mia risposta. "Che cosa intendi?"

"Io. Te. Il sesso. Non possiamo continuare a fare sesso e non parlarne. Io non sono quel tipo di persona," risposi, mettendomi una mano fra i miei capelli.

"Fede che stai dicendo?" chiese confuso, avvicinandosi al tavolo.

"Voglio dire, cosa sono per te? Sinceramente," gli chiesi, guardandolo.

Lui sembrò esitare. "Sei un mio...amico," disse, guardando altrove alla parola 'amico'. "Ma Fede, non capisco, perché non possiamo continuare? Non è mica che--"

"Io ho una persona. Nella mia vita," lo interruppi. Lui sembrò sorpreso dalla mia risposta, ed ero certo che per un secondo avevo visto delusione e tristezza sul suo volto.

Lui guardò altrove e con tono scorbutico chiese,"Chi è?"

Io deglutii. "Taylor. Stiamo insieme da un paio di giorni." spiegai. Siamo amici, lo ha detto lui, quindi potevamo dirci delle cose del genere, giusto?

Lui annuì e serrò la mascella. "Era questa la cosa che dovevi dirmi?" chiese, non ancora incontrando il mio sguardo.

"Sì," replicai semplicemente.

"Hai altro da aggiungere?" chiese, guardandomi con occhi impazienti.

"No, io--"

"Bene," mi interruppe. "Io devo andare. Ho di meglio da fare," aggiunse velocemente, prendendo la sua giacca di pelle e facendosi strada verso la porta.

"Benjamin! Ma che fai?" chiesi sia sorpreso e confuso.

Lui aprì la porta, e con uno sguardo rabbioso e triste, disse, "Ci vediamo," prima di uscire e sbattere la porta alle sue spalle.

owner of a lonely heart→cuori solitari; fenji {completa}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora