dieci

1.5K 134 3
                                    

Non appena i miei occhi si aprirono, la prima cosa che videro fu l'orologio sopra al mio comodino che segnava le undici passate. Spalancando gli occhi, imprecai. Come avevo fatto a dormire così tanto?
Balzai giù dal letto, fiondandomi nel bagno. Mi lavai velocemente i denti, il viso e le orecchie, e per ultimo aprì l'armadio. Era meglio indossare una maglietta maniche corte con i jeans abbinati o una canotta con un paio di pantaloni corti? Agh, al diavolo le mie seghe mentali.

Scossai il capo e decisi di mettermi una maglietta maniche corte e dei jeans, sempre strappati. Ritornai in bagno, e mentre mi stavo mettendo il profumo, mi vennero in mente due cose:

Primo, non avevo fatto colazione, e avevo fame, molta (ma avrei mangiato a pranzo).

Secondo, perché diavolo stavo cadendo nel panico per una semplice uscita con Benjamin?

Sbuffai, non appena sentì il campanello di casa risuonare tra le pareti.

Corsi giù per le scale e, forse troppo velocemente, aprì la porta. La prima cosa che notai, era che Benjamin aveva dei pantaloni molto attilati color nero, con qualche strappo quà e là, e una camicia rossa. Il ciuffo, che di solito era ribelle, era legato in un piccolo codino, e le due palline di piercing erano sparite. "Ciao," disse lui, aprendo le braccia esitante.

Accolsi l'abbraccio proposto, e le sue braccia si legarono attorno ai miei fianchi, mentre le mie attorno al suo collo. Profumava di dopobarba e di un profumo che non riuscì a riconoscere. "Ciao," replicai, non appena ci staccammo. Aveva un leggero colorito rosso sul viso, e scometto che anche io ero dello stesso colore.

"Allora, dove mi porti?" chiesi nervoso, ridendo.

"Vieni con me," disse con il tono più dolce del mondo. Mi porse il braccio e io legai il mio al suo, e insieme entrammo nella sua macchina.

"Scommetto che non mi dirai dove andremo vero?" chiesi con un sopracciglio alzato.

"Indovinato," rispose lui, mettendo in moto l'auto.

Il viaggio fino a questo luogo sconosciuto, chiamiamolo così, fu silenzioso. Ma, per la prima volta, non era uno di quei silenzi imbarazzanti, non confortevoli, al contrario, era piacevole. Nessuno dei due aveva qualcosa da dire, avremmo avuto l'opportunità di parlare tutta la durata del pranzo. Quando lo guardai per qualche secondo, notai che aveva un piccolo sorriso, e i suoi occhi, che di solito sono scuri e seri, luccicavano, facendo sembrare il blu acqua delle sue iridi color ghiaccio.

Mezz'ora dopo, arrivammo in questo bel posticino della città, una grande villetta. "È più bella di sera, ma di giorno fa comunque una bella figura," commentò, non appena vide che stavo scrutando il posto non appena ero sceso dall'auto.

"Immagino," replicai, non avendo nulla da dire. Il posto all'interno era largo, spazioso, e non era ancora molto pieno, dato che avevo capito che avevano appena aperto. Un cameriere ci invitò a seguirlo, e ci portò nella parte più privata del ristorante.

"Potevi portarmi anche ad una baracchina, Ben, non ce n'era bisogno," gli dissi, ovviamente contento di subire questi trattamenti dal ragazzo.

"Oh, sta zitto," mi rimproveró con un sorriso. Era evidentemente felice, e quasi pensavo che voleva conquistare il mio cuore.

"Che cosa fai per vivere? Cioè, avrai dei soldi per venire in questi ristoranti, no?" chiesi curioso. Volevo conoscerlo meglio, e questa mi sembrava la miglior occasione.

"Possiedo un'industria," rispose, e subito indicó la sua maglietta. "Questo logo," indicó al pinguino. "Lo ho disegnato io," concluse con un sorriso compiaciuto.

"Wow! Ma è fantastico! Che scuola hai fatto per essere così bravo?" domandai.

"Artistico," replicò semplicemente, apprezzando la mia sorpresa.

"Me ne devi dare una, Ben," scherzai ridendo, ma lui sembrò essere serio quando disse,"Te ne darò quante ne vuoi, Fede,"

Gli sorrisi dolcemente, abbassando lo sguardo e arrossendo. Dio, ma che mi stava facendo questo ragazzo?

"Ecco ragazzi i vostri ordini," disse il cameriere, portandoci i nostri piatti. Entrambi lo ringraziamo, e immediatamente continuammo la nostra conversazione. Questa volta era lui che faceva le domande.

"Tu invece? Fai qualcosa nel tempo libero?" mi chiese, iniziando a prendere qualche boccone.

"Mi piace scrivere canzoni e cantare. Ma non penso di essere bravo," replicai, scossando il capo.

"Cantami qualcosa che hai scritto," mi incitò. Io sgranai gli occhi e lo guardai storto.

"Cosa?! Qui?! No! Assolutamente no!"esclamai ridendo, imbarazzato.

"Avanti, biondino," mi supplicò, colpendomi la gamba da sotto al tavolo.

"Ok! Ok, ti canto qualcosa che ho scritto," risposi, e subito iniziai a cantare un pezzo che avevo scritto poco tempo fa, sbattendo le forchette contro di loro per creare un tempo.

La vita è tutta d'un fiato
È il tempo sprecato
L'amore infinito che provo per te

La vita è tutta d'un fiato
Vestito sbagliato
È il cielo stellato stanotte con te, stanotte con te

Dicono di noi
Dicono di noi
Dicono di noi (che non cambiamo mai)
Dicono di noi (che non cambiamo mai)

Cantai, e lui sembrò ipnotizzato dalla mia voce, sembrava in coma, guardandomi con questa sguardo tenero e dolce, sorpreso dalla mia voce.

"È solo un pezzo di una mia canzone," aggiunsi, non sentendo una sua risposta.

"È stupenda," disse, sembrando in trance. Non appena il mio sguardo incontrò il suo, lui aggiunse,"Tu sei stupendo,"

owner of a lonely heart→cuori solitari; fenji {completa}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora