Non che non mi piacesse quello che facevamo, ma in una sera, steso sul letto, con le dita di Benjamin tra i miei capelli e le sue labbra premute sulle mie, avevo proprio voglia di dormire, dato che negli ultimi giorni non avevo avuto molto sonno.
Per fortuna, il mio cellulare ha iniziato a squillare. "Ben," mormorai contro la sua bocca, ma lui mi ignorò, e iniziò una sfilata di baci lungo il mio collo. "Benjamin," lo chiamai di nuovo.
Cercai di raggiungere il mio cellulare, e quando lo afferrai e vidi un numero privato, il mio cuore iniziò ad accellerare. "Ben devo rispondere," dissi urgentemente, spingendo le sue spalle. Lui sbuffò e si buttò di fianco a me nel letto, ed io risposi finalmente al telefono.
"Pronto?" risposi.
"Fede, sono io, la mamma. Ti prego, vieni all'ospedale, è molto urgente," disse una voce tremante che riconobbi come quella di mia madre.
"Mamma?" chiesi confuso. Mi alzai dal letto, uscendo dalla stanza per andare in cucina.
"Fede, devi fare presto," affermò urgentemente.
Io, confuso, alzai le sopracciglia e chiesi, "Di che si tratta?"
La sentì prendere un respiro profondo, e in quel momento capì che stava piangendo. "È tuo padre,"
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"Ho un impegno molto importante, Ben, non aspettarmi sveglio. Tu dormi, io torno presto, va bene?" gli dissi, mettendomi addosso qualche vestito e prendendo le chiavi di casa.
"Fede!" mi chiamò, afferrandomi il polso prima che io possa uscire di casa. "Che sta succedendo? Perché sei così di fretta?"
"Ho un impegno importante, Ben," ansimai, passando una mano tra i miei capelli, scompigliandoli.
"Fede," mi chiamò di nuovo.
"Che cosa c'è?" chiesi annoiato. Avevo fretta, dovevo andare, perché continuava ad intrattenermi?
Sembrava che doveva dirmi qualcosa, me preferì darmi un bacio sulla guancia. "Buona fortuna,"
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Mi accasciai a terra, strisciando la schiena contro il muro. Mi portai le gambe al petto e appoggiai la testa su di loro, lasciando libere le lacrime che avevo trattenuto per tutto questo tempo. I miei singhiozzi laceravano il silenzio delle strade di Modena, illuminate solamente da qualche lampione. Qualcuno di loro si spegneva lentamente, la lampadina si stava scaricando probabilmente. Chissà quante notti avevano illuminato. Vedendo quelle luci deboli, mi ricordavano la sua anima che lentamente si era spenta. E subito, quel pensiero, fece uscire un singhiozzo dalle mie labbra sottili.
"Fede?"
Quella voce risuonò per la piccola stradina e io alzai lentamente la mia testa verso di essa, e ritrovai il moro che mi guardava con occhi sorpresi e tristi. "Che succede?" mi chiese, avvicinandosi lentamente a me e sedendosi di fianco a me. Non appena la pelle della sua mano sfiorò la mia guancia, io mi buttai fra le sue braccia, coloro che erano diventate la mia nuova casa.
"È tutta colpa mia," singhiozzai, tirando il tessuto della sua maglietta. "È tutta colpa mia,"
"Cosa? Fede, che stai dicendo?" chiese confuso.
"Lui è morto perché io non c'ero. È tutta colpa mia, Ben," ripetei.
"Chi è morto? Fede, non capisco, spiegami," mi incitò, spingendo leggermente le mie spalle. Io lo guardai con occhi bagnati, ma poi capì che il suo sguardo era troppo profondo per me, e guardai l'asfalto oltre le sue gambe.
"Mio padre aveva un cancro. Era grave, e non c'era nulla da fare. Oggi, si era sentito male e lo hanno portato in ospedale. Aveva un emorragia, ma l'hanno riparata," iniziai, tirando su col naso e asciugandomi le lacrime con i polpastrelli. "Lo hanno portato in terapia intensiva, ma probabilmente ha avuto un ictus, ed è morto. Mia madre piangeva e il dottore stava cercando di consolarla. Dentro alla stanza di mio papà c'erano tante infermiere. Stavano staccando tutte le macchine che erano attorno al suo lettino," aggiunsi. Trovai il coraggio di guardarlo, e non appena lo feci, una lacrima lenta mi rigò il viso. "E ora è morto. Mio padre oggi se ne è andato. Oggi io compivo gli anni e lui è morto," conclusi.
"Va tutto bene," disse fermamente Benjamin, posando il mio viso contro il suo petto e accarezzò i miei capelli. "Va tutto bene," ripetè di nuovo.
"Ne sei sicuro?" chiesi incerto con una voce piccola.
"Io farò in modo che sia così. Andrà tutto bene," replicò.
Anche quando sembra che quasi tutto stia andando nel giusto verso purtroppo le cose tristi accadono. La vita è fatta così, e in un modo o nell'altro bisogna accettarlo. Ora il mio guerriero è volato lassù in cielo. Io sono sereno perché so che nonostante tutto lui sarà con me come sempre, e continuerà a essere di fianco a me in tutto.
A/N: mi dispiace ma ho avuto problemi con l'altra storia. Avrei un'altra idea in mente nel frattempo, e dato che questa storia è quasi giunta al termine, vorrei sapere se volete che pubblichi la mia idea. Grazie a coloro che leggeranno, voteranno e commenteranno.
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owner of a lonely heart→cuori solitari; fenji {completa}
Fiksi PenggemarSembrava un cattivo ragazzo, ma dentro aveva solo un cuore solitario, proprio come me. [Dalla storia:] "Voglio solo sapere come ti chiami, niente di più e niente di meno," replicai, cercando di assumere l'aria di un cattivo ragazzo. Lui strinse i...