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ARA

Aprii i miei occhi e incominciai a sbattere le palpebre, per mettere a fuoco l' immagine. Tetto bianco. Molte, moltissime volte mi sono trovata in questo posto e non ci volle molto a riconoscere che ero in ospedale. Mi sentivo incollata al materasso, legata. Avevo in un braccio infilato un ago, nel petto delle ventose che collegavano il mio cuore tenuto in vita da una macchina, e il mio dito indice collegato ad una molletta e la mia mano stretta a quella di qualcuno, Diaz. La porta si aprì e appena Simone mi vide gli caddero i due caffè che aveva in mano a terra, gli sorrisi e lui rimase lì. "Simo tutto " Disse una voce spuntando dietro di lui e il mio sorriso svanì. Non mi sarei mai immaginata dopo anni di vederlo lì e non avevo nessuna voglia di vederlo. Mi misi seduta nel lettino facendo forza sulle mie braccia e cercando di non fare male alla piccola mano di Diaz e solo quando ero seduta mi accorsi che Diaz era in braccio a Paulo che dormiva anche lui. Mi sarei voluta svegliare altre cinquanta o sessanta volte vedendo quell' immagine. Padre e figlio. Le persone che più amavo al mondo insieme. Le uniche persone che mi erano rimaste. Rimasi per alcuni secondi con gli occhi fissi su loro due, erano davvero belli e mio figlio era cresciuto tantissimo. Dovetti distogliere lo sguardo per via di un forte impatto con un altro corpo sul mio, il corpo di Simone. Lo abbracciai proprio come stava facendo lui e nel mentre alzai il mio sguardo verso, quell' Alvaro sulla soglia della porta che da un parte voleva venire ad abbracciarmi e l' altra, forse per orgoglio voleva rimanere lì. Volevo smettere di farmi del male e decisi di chiudere gli occhi e godermi l' abbraccio. "Perdonami per tutto quello che ti ho fatto, perdonami Ara" Diceva Simone continuando a stringermi a sè e una voce mi fece sciogliere l'abbraccio. "Mamma" Sciolsi subito l' abbraccio guardando mio figlio sopra Paulo. " Amore mio" Dissi con le lacrime agli occhi e quando Simone lo prese e me lo mise in braccio fù la gioia più bella del mondo. Abbracciai mio figlio e chiusi gli occhi lasciando che le lacrime rigassero il mio viso e quando li riaprii vidi gli occhi di Paulo lucidi e le sue guance che facevano strada a qualche lacrima. Le sue labbra erano serrate e notai la sua gola inghiottire la saliva. "Ciao Paulo" Dissi continuando ad abbracciare mio figlio. Sciolsi l' abbraccio senza distogliere lo sguardo da Paulo, ma dopo qualche secondo fui costretta a distoglierlo. "Amore mio quanto sei cresciuto" Dissi sorridendo. Il sorriso di mio figlio era uguale a quello di Paulo. "Mamma mi sentivi quando venivo qua con papà e ti raccontavo tutta la giornata?" Guardai Paulo e gli sorrisi, mentre il suo sguardo era fisso su di me e non sbatteva le palpebre per paura che scendesse qualche altra lacrima. Improvvisamente i dottori corsero nella stanza e vidi dietro loro, Paul che diceva qualche cosa in francese, penso che stia chiedendo informazioni e Alvaro sempre fermo lì. I dottori appena entrati per poco non scivolavano per via del caffè nel pavimento. Simone si alzò prendendo Diaz tra le sue braccia e uscendo, e stessa cosa fecero Alvaro e Paul dopo che mi urlò "Dopo festeggiamo" E mi indicò con le mani il segno di bere e risi, risi talmente tanto a quella reazione che il mio cuore era pieno di gioia, gioia per le persone che avevo accanto e gioia per rivedere mio figlio. Paulo era l' unico ancora fermo accanto a me, voleva fare qualcosa, ma non aveva il coraggio. Forse una volta che i dottori se ne sarebbero andati mi avrebbe costretto a firmare quel maledetto foglio o forse no o forse mi avrebbe solo detto che era felice che ero riuscita a vivere o forse mi avrebbe detto qualcos' altro. I nostri occhi si seguirono fino a fuori dalla stanza, fino a quando non furono costretti a dividersi per via della porta chiusa in faccia, ma i dottori dovevano assicurarsi della mia saluta. "Uno due tre" Urlavano i dottori, ma non capivo. Un rumore assordante mi fece sedere di soprassalto sul lettino e respirai da veloce a lento cercando di riprendere più fiato possibile. "Che è successo?" Domandai ai dottori. "Stava per morire" Ammise un dottore. "E' fuori pericolo" Ammise qualche secondo dopo con un sorriso.

Stavo morendo, ma trovai la forza di vivere. I suoi occhi erano quelli che mi hanno quasi ucciso e gli stessi che mi hanno fatto ricominciare a vivere.


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