10. Leonardo

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Sono le 8:30, e come d'accordo, io e Cami ci incontriamo alla fermata dell'autobus.
Quel giorno diluviava. La città era grigia, spenta, quasi irriconoscibile. Come sempre, la gente impazzisce in questi giorni: urlano, corrono, si disperano... sembra non abbiano mai visto due gocce cadere dal cielo. E' così stressante, sopratutto per chi prende i mezzi pubblici, i quali sono così affollati da non riuscire a respirare.
Arrivati in accademia, Simone accoglie Camilla con un caloroso abbraccio. Inutile dire che l'avrei massacrato di botte, ma che diritto avevo io per tenere lontano Simone da lei?  Nessuno.
«Ciao Leo» mormora Simone altezzoso. Sbaglio o nei suoi occhi vedo aria di sfida?
«Ciao ragazzino» gli dico divertito, mentre Cami cerca di pugnalarmi con lo sguardo.
«Simone. Lily. Potreste conservarci due posti? Noi andiamo a prendere un attimo un caffè alle macchinette. Andiamo Leo?» mi chiede Cami tirandomi per un braccio.
Raggiunte le macchinette, Camilla mi punta un dito contro, «Che problemi hai, Leo? Simone è mio amico. Non mi va che tu lo tratta male, è un ragazzo sensibile...» mi dice con tono quasi minaccioso.
«Ma dai! Scherzavo. Tranquilla non toccherò il "tuo" Simone» le canzono.
«No, ma io... non ...» sbuffa esasperata, «lascia perdere» mormora.
«Andiamo» le dico afferrandole la mano, mentre lei arrossisce tenendo lo sguardo basso. 

Il lunedì è abbastanza pesante per quanto riguarda gli orari e la tipologia di lezioni in accademia.
Le prime due ore seguiamo anatomia ed essendo più "svegli" riusciamo anche a prendere appunti.
Le restanti quattro ore, però, sono distruttive. Il prof. Giusto ha spiegato interrottamente per due ore di fila. Cami ha chiacchierato tutto il tempo con la sua amica, Lily, con la quale deduco abbia chiarito, mentre io decido saggiamente di farmi un pisolino, anche perché la mia alternativa sarebbe stata o intromettermi nei loro discorsi femminili o avere un rapporto civile con Simone. Penso la mia sia stata una scelta più che saggia.

Usciamo dall'accademia e salutiamo Lily e Simone. Ci incamminiamo verso la fermata.
E' incredibile come, invece di migliorare, il tempo stia solo peggiorando. Ha iniziato a grandinare, le strade sono completamente allagate e le macchine sembrano divertirsi prendendo ogni singola pozzanghera per inondare il mal capitato che si trova a passare di lì.
A causa del vento il nostro unico ombrello, che ci proteggeva da quella tempesta, si sfascia girandosi al contrario e lasciandoci fradici sotto la pioggia. Abbraccio Cami da dietro cercando di proteggerla con la mia felpa.
«Grazie» mormora lei e le do un bacio in testa.
«Prima di andare alla casa-famiglia, conviene passare per casa mia. Ci asciughiamo. Poi così prendo anche le chiavi della macchina».

Cami annuisce.

Arriviamo finalmente a casa mia.
«Il bagno è in fondo a destra. Comincia ad andare tu. Ora ti prendo un asciugamano.»
Acconsente e si avvia nel bagno lasciando la porta socchiusa. 
Busso alla porta con l'asciugamano in mano, «Cami, posso?» le chiedo entrando e coprendomi gli occhi con una mano da dove riuscivo a sbirciare ovviamente. Vedo che si dimena cercando di arrivare alla cerniera del suo vestito sulla schiena. «Mi daresti una mano? Si è incastrata, non riesco a...» mi chiede cercando di tirare la zip giù.

Mi avvicino, le scosto i capelli in avanti e qualcosa in me scatta. Comincio ad accarezzarle dolcemente il collo e la schiena. Al mio tocco le sfugge un gemito. Non riesco a fermarmi, non rispondo più di me. Non sto pensando razionalmente, non sono lucido. La voglio. La voglio più di qualsiasi cosa al mondo. Comincio a baciarle la pelle bagnata, dal collo fino a fermarmi alla cerniera. Sento la sua pelle d'oca sotto al tocco delle mie dita. Le abbasso delicatamente la zip e lascio cadere le spalline del vestito.

«Sei così morbida...» le bisbiglio mordendole il lobo dell'orecchio.
«Leo...» geme di nuovo. Si gira verso di me, afferra i miei capelli e mi spinge violentemente verso le sua bocca. La sua lingua si fa strada tra le mie labbra e trova la mia lingua, pronta a fondersi con la sua.
La sollevo e la poggio sul lavandino. Lei mi voleva, e io volevo lei. 
Improvvisamente il mio cellulare inizia a suonare. Maledetta tecnologia!
Allontano la mia bocca dalla sua controvoglia appoggiando la mia fronte alla sua. 
«Dobbiamo andare» sussurro.
«Si, Giusto...» biascica lei ancora ansimante. 
La tiro giù dal lavandino e le passo l'asciugacapelli, «asciugati. Io vado a cambiarmi in camera mia».

Annuisce e mi allontano chiudendole la porta del bagno.

Mi siedo al bordo del letto, mi sfilo le scarpe e i pantaloni fradici.
Mi fermo un attimo a pensare: cosa ho fatto? Cosa sto facendo?
Confuso prendo la mia testa tra le mani appoggiando i gomiti alla ginocchia.
Afferro il cellulare dai pantaloni che ho appena lasciato cadere per terra. Apro whatsapp, scorro tra i contatti soffermandomi su Vicky.

Io: Dobbiamo parlare

Vicky è online.
Sta scrivendo...
 

Vicky: Si.

«Leo? Posso entrare?» chiede Cami.
Metto frettolosamente in standby il cellulare e lo lancio sul letto.
«Un attimo». Infilo qualcosa di asciutto ed esco dalla stanza.
I nostri sguardi si incontrano, siamo entrambi imbarazzati.
«Ascolta!» diciamo all'unisono e scoppiamo a ridere.
«Prima tu...» mi esorta Camilla.
«Riguardo a quello che è successo poco fa...beh, è meglio che per il momento rimanga tra di noi. Il nostro piccolo segreto.» 
«Si certo! Giusto!» mi risponde agitata.
«Tu, cosa volevi dirmi?»
«No, niente di importante. Andiamo?» e per un attimo si rabbuia.
«Il tempo di asciugare i capelli e andiamo. Aspettami in cucina, fai come se fossi a casa tua. Serviti» le dico allontanandomi verso il bagno.

Chiudo la porta alle mie spalle. Poggio le mani al lavandino e guardo il mio riflesso nello specchio.
«Sono proprio uno stronzo» mormoro tra me e me.


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