Fotografie.

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                                                                           10] – Fotografie.

Non berrò mai più, lo giuro!

Continuavo a ripeterlo dentro di me come un mantra o una preghiera, nella vana speranza che qualcuno mi ascoltasse e rimettesse la mia testa al suo posto; o meglio, quella sottospecie di macigno attaccato al collo che sembrava voler sprofondare nel cuscino e continuare a girare all’infinito.

Non potevo chiudere gli occhi che per qualche secondo, prima di sentire i conati di vomito assalirmi la gola; e neanche fissare il soffitto, o contare qualsiasi dannatissimo animale di questo mondo, sembrava potesse aiutarmi a dormire.

Mi sistemai su un lato; perché di stare supina non se ne parlava, mentre a pancia in giù – c’avrei scommesso qualsiasi cosa – avrei vomitato anche l’anima; ma neanche quella soluzione parve poi così utile. Perciò, sbuffando per l’ennesima volta, accompagnata da un mugolio disperato, tornai a sedermi con le gambe incrociate e i gomiti puntati sulle ginocchia per reggermi la testa con le mani.

Sembrava l’unica posizione possibile per dormire, ma nel momento in cui provai a chiudere gli occhi, mi resi conto che non era affatto una buona idea, senza contare poi il fatto che non riuscivo a stare dritta e continuavo a sudare freddo.

Strisciai sul letto e, con un po’ d’incertezza, poggiai i piedi a terra; poi, aggrappandomi alla testiera, riuscii ad alzarmi e barcollare fino alla porta, a cui mi appoggiai malamente con uno schianto.

Ci misi un bel po’ a ricordarmi da che parte andava girata la chiave nella toppa, chiudendo e riaprendo più volte, senza neanche rendermene conto; e, quando finalmente riuscii a uscire nel corridoio, inciampai nello stramaledettissimo tappeto persiano di mia sorella, finendo contro uno dei suoi mobili d’antiquariato, tra varie imprecazioni.

Il bagno non era che qualche metro più avanti ma, di quel passo, non avrei giurato di essere in grado di arrivarci viva; soprattutto quando qualsiasi cosa intorno a me riprese a sdoppiarsi.

Mi appoggiai al muro con un tonfo e scivolai giù, lasciandomi ricadere a terra scomposta quando, con mio orrore, sentii la porta affianco alla mia aprirsi.

Aaron si accoccolò davanti a me, indossando solo un paio di insignificanti pantaloncini, dando sfoggio del suo torace perfetto. Non che in quel momento fossi in grado di fare qualcosa, neanche riuscivo a muovere le braccia, ma non potevo certo negare che – per quanto confuso e sfocato fosse – quello davanti a me, fosse proprio un gran bel vedere.

«Siamo proprio messe male, eh?» sospirò lui, ma non riuscii a rispondere altro che uno stupido e vergognoso mugolio. «Andiamo ubriacona.» disse allora e, come aveva già fatto in precedenza, mi afferrò sotto le braccia per tirarmi su.

Mio malgrado, dovetti aggrapparmi al suo collo e, a quel punto, pronunciare un “lasciami stare”, non avrebbe avuto molta logica.

Mi sentii trattenere per la schiena e sollevare da terra cosicché, per me, fu istintivo incrociare le gambe attorno alla sua vita e stringermi a lui con la poca forza rimasta. Una mossa decisamente poco furba da parte di una che poco prima lo aveva cacciato dalla propria stanza; e infatti... «Ehi Cheerleader, se queste sono le premesse, ricordami di farti ubriacare più spesso.» commentò ridacchiando e lo vidi muoversi verso il bagno.

«'Fanculo.» biascicai, e sentii sulla spalla il solleticare del suo alito quando scoppiò a ridere.

Aprì la porta ed accese la luce. Mi lasciò sedere sul bordo della vasca e chiuse la porta a chiave. «Allora, che facciamo signorina?» mi chiese, riavvicinandosi. «Infili la testa nel cesso e aumenti il livello del Tamigi, o ti basta sciacquare la faccia?»

Blowing BubblesWhere stories live. Discover now