11] – 24 anni. [part1]
Fin da bambina avevo sempre atteso con ansia il giorno del mio compleanno.
Forse perché, avendo una punta di egocentrismo nel mio carattere, essere circondata di attenzioni e regali mi aveva sempre fatto sorridere.
Il quindici dicembre significava rompere la routine, cambiare qualcosa per quanto piccolo e sentirsi diversa… per un giorno al centro; speciale.
Col passare degli anni l’ansia per l’attesa non era diminuita, nonostante fossero cambiate le aspettative.
Dalle feste nel giardino di casa con gli amici e la torta con qualche buffo personaggio dei cartoni animati, a quelle poco innocenti al college, dove l’alcool scorreva molto indisturbato e, anche se quasi non conoscevo la maggior parte degli invitati – perché il compleanno di una cheerleader era “importante” e doveva essere festeggiato in grande, il che implicava centinaia e centinaia di partecipanti di cui, prima di allora, ignoravo anche l’esistenza –, era un giorno in cui mi sentivo davvero felice.
E anche nel mio primo anno a Londra, seppur inizialmente neanche mi fossi resa conto del fatto che mancasse così poco – causa distrazioni da Aaron Dunham –, nel momento in cui Emma mi ricordò quel giorno, tutto apparve magicamente più roseo, e la familiare ed elettrizzante ansia tornò a farsi sentire più forte che mai.
Ero a Londra, mancavano due giorni al mio compleanno, avevo intorno persone che, per quanto poco conoscessi, sentivo davvero amiche e mi rendevano felice e… inutile nasconderlo, “avevo” Aaron.
Sorrisi soddisfatta a quel pensiero con aria trasognata, arrossendo lievemente nel ripensare a quello che era successo qualche ora prima con il mio “caro” – quanto incomprensibile – coinquilino, e al lieve segno che i suoi denti avevano lasciato sulla mia spalla.
La sfiorai con la punta delle dita attraverso la maglia, come se in quel modo potessi catturare un po’ del suo calore e farlo mio, finché non mi accorsi delle occhiate ammonitrici che Julia mi stava lanciando, protesa a scrutarmi dall’altra parte del bancone.
D'accordo, lo ammetto…mi stava parlando e io non l’avevo affatto ascoltata, troppo impegnata a ripercorrere quegli attimi con Aaron.
«Elle, mi stai ascoltando o no?» ecco, appunto! «Smettila con quell’aria da svampita e ascoltami.»
«Ma ti ho sentita!» esclamai risentita, passando lo straccio sul bancone.
«Certo, come no!» Julia si sistemò il grembiule e tornò a protendersi verso di me. «Comunque, stavo dicendo, dobbiamo organizzare qualcosa per domenica!»
«Oddio...» mormorai un po’ spaventata dallo strano e inquietante luccichio dei suoi occhi. «Cos’hai in mente?»
«Gita fuori porta?»
«Mm, non credo. Mia sorella vuole festeggiare in famiglia domenica.»
Julia mi guardò sconsolata facendomi sentire in colpa, finché la voce profonda di Andy alle nostre spalle arrivò giusto in tempo per proporre la soluzione: «Perché non festeggiare qui allo scoccare della mezzanotte?»
«Sabato sera dici?»
Lui alzò le spalle e sorrise, posando a terra una grossa cassa. «Già. Alle sette finisce il tuo turno… possiamo mangiare qualcosa qui insieme, mentre aspettiamo i ragazzi che tornino dalla partita e a mezzanotte festeggiamo.»
«Partita?» replicai io. In realtà, quella era l’unica parola che avevo sentito. Dal momento in cui l’aveva pronunciata, il resto era stato completamente offuscato dietro una patina gelata.
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Blowing Bubbles
RomanceLondra. Anni '80. Tra il gli ultimi colpi del vero Rock, la scintilla di anarchismo del Punk e la follia degli Hooligans: C'è Lei: Elle, 23 anni, americana; e c'è Lui: Aaron, 26 anni, inglese. Tratto dal primo capitolo: “Lasciai il sole prepotente d...