6~Il sonno di bellezza

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Vagavo nel vuoto da ormai qualche minuto.
Poi si materializzò un pavimento sotto i miei piedi. Era ricoperto da piastrelle bianche con qualche sfumatura rosea lungo i bordi.
Io ero ancora scalza, ma non sentivo nè caldo nè freddo.
Mi guardai intorno.
Mi ritrovavo in una stanza chiusa da quattro enormi vetrate. Non riuscivo ancora a vedere il soffitto. Forse non c'era. O forse era troppo in alto.
Venni distratta da un movimento che avevo percepito. Con la coda dell'occhio avevo visto un'ombra con i lineamenti non definiti correre via.
Continuavo a girarmi, ma lei sembrava essere più veloce e agile.
Poi invece si fermò di netto, senza rallentare prima o sbilanciarsi poi. Fu un movimento brusco.
Si mosse e si sistemò in modo tale da guardarmi. O almeno così credevo: non riuscivo a distinguere i suoi occhi.
Tuttavia sembrava ora avere sembianze umane, nonostante fosse un'ombra scura. Due braccia si allungavano lungo il corpo, mentre le gambe erano leggermente divaricate.
Se ne stava zitta e immobile. Esattamente come me.
Mi accorsi in quel momento di un lieve fischio continuo di sottofondo. Quasi impercettibile.
Allora capii che se volevo che qualcosa accadesse dovevo muovermi io.
Feci un passo in avanti un po' titubante. Ma non era ancora accaduto nulla.
Potevo capire che era sicuro camminare. Mi mossi quindi in direzione della sagoma, che era ancora là immobile a guardarmi.
Ero ormai solo a qualche metro di distanza dal vetro e mi sembrava che più mi avvicinassi più l'ombra era sfuocata.
Feci gli ultimi passi molto cautamente.
Mi ritrovai a faccia a faccia con quell'essere. Eravamo divisi solamente da pochi centimetri di vetro.
Le mie mani sudavano, e ciò accadeva quando ero molto agitata o spaventata.
Sollevai la destra. L'aria viziata della stanza me l'accarezzava.
Aprii tutte le dita e le stesi, anche se non completamente.
Provai ad avvicinare la mano. Il fischio cominciò ad aumentare di volume.
Avvicinai ancora di più la mano al vetro e con essa anche il rumore si fece più forte.
Solo pochi millimetri separavano la mia pelle dalla superficie liscia del vetro e già avevo male ai timpani a causa del suono fastidioso.
Respirai profondamente e mi feci coraggio.
Allungai maggiormente la mano.
Non appena la mia pelle entrò a contatto col freddo vetro il fischio si intensificò.
Sentivo un dolore immenso ai timpani. Ero stordita. Tenevo gli occhi chiusi.
Mi portai immediatamente le mani alle orecchie. Sentii le vetrate infrangersi dalla potenza del suono e i piccoli pezzi taglienti cadermi addosso.
Ritornò il silenzio.
Riaprii pian piano gli occhi e mi tolsi le mani dalle orecchie. Erano piene di sangue che mi colava lungo le braccia.
Non riuscivo a sentire alcun rumore e non capivo se fosse colpa del trauma subito o se ci fosse realmente silenzio.
L'ombra era ancora lì. Immobile a fissarmi.
Non sapevo da dove avessi tirato fuori quel coraggio, ma mi stavo avvicinando sempre di piú a lei. Ero a un passo da poterla toccare.
-Svegliati Tash! Siamo stra in ritardo!- mi svegliò di soprassalto la mia coinquilina.

Sentivo il cuore battermi forte sia per il sogno sia per lo spavento.

Era venerdì.
L'ultimo giorno di lavoro della settimana, finalmente.
Mi preparai velocemente e insieme a Melody corsi con lo zaino in spalla fino ad arrivare in classe, dove c'era la professoressa Gray ad aspettarci, insieme a tutti gli altri nostri compagni che ovviamente erano già arrivati.

Andammo a sederci senza dire una parola se non delle scuse.
Melody si era precipitata vicino ad Ezekiel che, a quanto pareva, le aveva tenuto il posto. Ne ero rimasta alquanto sorpresa e sbalordita.
A me era toccato sedermi in prima fila con uno sconosciuto. O almeno io non ci avevo mai parlato, e non ero neanche intenzionata ad infrangere quella situazione.
La professoressa ci aveva introdotto il prossimo argomento che avremmo studiato: l'anatomia umana.
Era forse uno dei miei argomenti preferiti della scienza.

Il patto col DiavoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora