9~Fame

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Mentre correvo, in lontananza scorsi due sagome con una evidente differenza d'altezza. Le collegai subito a Melody e Ezekiel.
Mi sforzai ad aumentare ulteriormente la velocità senza mai guardarmi indietro.
Finalmente li raggiunsi.
-Mi devi portare a casa. Voglio andare a casa.- ansimai.
Ero palesemente sconvolta e pallida in viso.
-Ma...ma che succede?- mi chiese preoccupata Melody.
Stavo per sbottare, per raccontarle tutto ciò che era appena accaduto, ma poi incontrai lo sguardo di Ezekiel e tenni la bocca chiusa. Guardai negli occhi la mia amica.
-Okay, ho capito, ti porto a casa- mi tranquillizzò.
Poi si rivolse a Ezekiel: -Mi dispiace, sarà per un'altra volta-
-Non ti preoccupare- le sorrise e le porse un mazzo di chiavi -farete prima con la mia Mustang-
Prima che potesse salutarlo in qualsiasi modo, la presi per il braccio e la strattonai. Raggiunsi velocemente la macchina, seguita da Melody. Mi voltai a guardarla. Aspettavo che tirasse fuori le chiavi.
-Sei strana- sottolineò -stasera-
Si aspettava che dicessi qualcosa, ma io aspettavo solamente che tirasse fuori le chiavi.
-Ma che ti prende?! Ero a buon punto con Ezekiel- mi si avvicinò -Io non ho mica interrotto i tuoi giochetti con Ezra, e tra l'altro non mi piace per niente quel ragazzo-
Mi si gelò lo sguardo e il sangue. Cominciai a guardarmi attorno impazientemente. Mi sentivo osservata. Percepivo la sua presenza.
-È colpa sua? È lui che ti ha ridotta così?- mi prese per le spalle, costringendomi a guardarla negli occhi.
Annuii lentamente.
-Quel bastardo! Cosa ti ha fatto? Ha allungato le mani? Giuro che se lo incontro per strada io lo...-
-Lo eviti- conclusi io.
Mi guardò interrogativa.
-Promettimelo- la pregai.
Annuì.
-Sali in macchina, ora- mi aprì la porta con fare protettivo, materno.
Io ubbidii immediatamente.
Nel giro di 5 minuti eravamo a casa. Mi fece smontare davanti la porta del dormitorio.
-Tu non vieni?- le chiesi.

-Becka mi ha invitata a andare a dormire da lei-

-Oh, capisco- Mormorai. Il motore dell'auto era già ritornato a scaldarsi e a rombare. Melody mi lasciò lì, sola, al buio davanti alla porta d'entrata.

Non mi sentivo affatto al sicuro, nonostante mi fossi allontanata dalla spiaggia. Sentivo la schiena perennemente scossa da brividi di paura, ma non avevo il coraggio di voltarmi. Ogni rumore della notte che per me era sempre stato naturale, diventava sospetto, terrificante e ansiogeno. Non volevo chiudere gli occhi, ma mi bruciavano: erano secchi. Le palpebre si chiusero involontariamente. In quella frazione di secondo, in quel buio, rividi quegli occhi così scuri e tetri di Ezra, che prima credevo fosse un normalissimo ragazzo antipatico, ma affascinante. Vedevo qualcosa di misterioso il lui, forse era proprio questo che mi attraeva, ma ora avrei preferito non conoscerlo, non averlo mai visto. Desideravo non aver vissuto nulla di tutto quello.
Riaprii gli occhi. Da quel momento tutto sembrava ancora più inquietante. Vedevo ombre muoversi furtive e sentivo rumori che mi facevano accapponare la pelle. Non sapevo se era tutto frutto della mia immaginazione, ma ero certa che sarei stata più al sicuro tra le mura di casa. Mi feci forza e mi voltai. Aprii velocemente la porta d'ingresso. Il secondo neon del corridoio era mal funzionante: la luce era traballante e instabile. Tutti erano rimasti in spiaggia a godersi la festa: il dormitorio era svuotato e se fossi stata in pericolo, in quel momento, nessuno mi avrebbe sentita urlare. Ero tesa e sudavo freddo.
Il neon si spense all'improvviso.
Mi guardai intorno disperatamente, come se stessi cercando qualcuno; in realtà era proprio quello che speravo non accadesse, trovare qualcun altro in quel corridoio. Non notai nulla.
Mi diressi a passo svelto verso l'ascensore; mi sarei sentita più protetta una volta là dentro. Ma quando mi avvicinai mi accorsi di un cartello che prima di lasciare l'edificio per andare alla festa non c'era; diceva: "Ascensore fuori uso a causa di problemi tecnici. Utilizzare le scale."
Diedi una veloce occhiata a quella lunga serie di scalini. Mi sembrava si allungasse sempre di più.
Un altro po' di coraggio mi permise di cominciare a salire la prima gradinata. In totale dovevo percorrerne 4. Poggiavo molto cautamente i piedi sul marmo bianco, attenta a non creare alcun tipo di rumore, e per evitare di perdere l'equilibrio mi tenevo ben salda allo scorrimano alla mia sinistra.
Passo dopo passo raggiunsi il primo pianerottolo. La strada era ancora lunga. Guardai davanti a me. La successiva serie di scale era illuminata da una luce fioca rosea. Sembrava quella d'emergenza di quando saltava la corrente. Feci il primo passo. Ogni gradino che superavo era terreno conquistato, che mi avvicinava sempre di più alla mia stanza.
Un leggero aumento improvviso di luminosità ottenne la mia attenzione: il neon del corridoio era ripartito, nulla di importante.
Continuai a salire i gradini. Avevo raggiunto il secondo pianerottolo. Ero a metà strada.
L'aria attorno a me era pesante e calda. La tensione faceva aumentare la temperatura del mio corpo. Le gocce di sudore mi colavano lungo le tempie e lungo la schiena.
Sospirai.
La mente mi giocava brutti scherzi: non riuscivo a fare a meno di pensare a Ezra e a quello che poteva essere.
Salii di un gradino.
"Quegli occhi scuri e tetri.."
Poi il secondo gradino.
"E quegli artigli.."
Il terzo.
"Chi o cosa dovrebbe essere?!"
Il quarto.
"Una specie di licantropo?"
Il quinto.
"È ridicolo pensare che certe leggende metropolitane possano essere vere.."
Il sesto.
"Eppure io l'ho visto.."
Il settimo.
"In fondo, cos'altro potrebbe essere?!"

Il patto col DiavoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora