10~Tentato omicidio

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"Oddio! L'ho ammazzato?!"
In quel momento ero davvero terrorizzata.
Con la padella ancora stretta in mano e un corpo apparentemente senza vita dinnanzi a me. Non era esattamente la situazione in cui avrei desiderato ritrovarmi.
"È stata legittima difesa", mi scusavo.
Ma se la polizia fosse arrivata e mi avesse trovata in quelle condizioni con Ezra sdraiato, immobile, sul pavimento, ce l'avrei avuta lunga da raccontare. Che potevo dire?
"Un lupo mannaro ha cercato di uccidermi ad una festa, mi sono rifugiata in casa e quando lui ci ha riprovato nel suo intento, l'ho ammazzato con una padella."
Anche se le cose erano andate effettivamente così, non potevo raccontarlo a nessuno. Chiunque mi avesse sentita mi avrebbe riso in faccia.

Dovevo sbarazzarmi del corpo.

"Come?"
Già, come? Era una gran bella domanda.
Pensavo a come sarei stata conosciuta, che non avrei mai avuto la possibilità di trovare un lavoro, a come avrei macchiato e distrutto la mia fedina penale, a come avrei rovinato la mia vita. Dovevo senza dubbio farlo sparire.
Ero spaventata da questo nuovo lato criminale di me che ancora non conoscevo. "Era meglio non conoscerlo".
Non avevo idea di che fare. Come soluzione momentanea avevo scelto quella più scontata: nasconderlo nella casetta (anche se in realtà era un armadio) degli attrezzi in terrazza.
Era primo mattino, nessuno mi avrebbe vista agire a quell'ora e con quell'oscurità.
Era il momento perfetto.

Ma prima dovevo assicurarmi che fosse morto per davvero.

Mi avvicinai titubante al corpo di Ezra. Mi chinai di fianco a lui e allungai la mano verso il suo collo. Con due dita, indice e medio, provai a percepire le pulsazioni del cuore. Nulla.
Per sicurezza gli misi una mano sotto il naso per sentire se si muoveva aria. Nulla.
"Oddio, l'ho ammazzato sul serio!"
Gli appoggiai una mano sul braccio per sentire se era ancora caldo. Era gelido. "Come ha fatto a raffreddarsi così rapidamente?!"
Una mano mi afferrò il polso.
Cacciai un urlo e caddi all'indietro per la paura, ma la presa sul mio polso era ancora salda.
Ezra era vivo. Lo chiamai.
-Ezra? Ezra, sei vivo?-

-Certo che sono vivo, credevi che una padellata potesse fermarmi?- solo in quel momento aprì gli occhi. La voce era roca, sofferente. Un po' mi dispiaceva di avergli fatto del male. Ma poi mi ricordai di che essere stavo parlando e cambiai velocemente idea. Certo, lo preferivo vivo, o almeno preferivo non essere stata io ad ucciderlo, ma se stava male era solamente colpa sua.

-Mi potresti lasciare il polso? Fai male...- chiesi con tono dolce, ma non troppo. Stavo solo cercando di evitare che la sua collera da post-trauma si abbattesse su di me.

-Sai, anche tu mi hai fatto male- sembrava un po' arrabbiato. Okay, forse più di un po'.

-Ops...- gli sorrisi.

Si alzò lentamente, senza mai lasciarmi il polso. Anzi, mi stava anche usando come appoggio.

-Ero venuto a vedere come stavi, avevo intenzione di spiegarti la situazione, ma soprattutto volevo evitare che qualche essere venisse a trovarti- fece una pausa. Mi sentivo in colpa.
-Ma a quanto pare stai anche fin troppo bene- e lasciò la presa.

Si voltò e si diresse verso la porta.

-Aspetta! Questo che vuol dire?-

-Che ora me ne torno a casa, visto che puoi benissimo cavartela da sola-

-Ma quegli esseri che hai menzionato prima...a cosa ti riferivi?-

-Lo scoprirai presto- restò sul vago.

-Che vuol dire? Non mi puoi lasciare qui da sola! Non puoi!-

-Sì che posso- aprì la porta.
-Buon proseguimento- mi disse soddisfatto.

Il patto col DiavoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora