XVIII

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E quella mattinata passò così, tra una dichiarazione d'amore e l'altra, con la mia testa tra le sue gambe, con le sue mani sul mio seno, con occhi che facevano l'amore continuamente. Non c'erano pause, non ce n'erano mai state. Dal primo istante che i nostri occhi si erano incontrati. Era subito stato amore. Un amore diverso, un amore che non avevo mai visto prima, un amore che ti faceva tremare le gambe solo a pensarci, uno di quelli che guardi nei film e leggi nei libri, uno di quelli senza difetti, uno di quelli che non riesci a credere sia vero. Certo, c'erano anche le litigate, ma bastava guardarci per dimenticare tutto, per tornare a sorridere. Il resto l'avevamo lasciato fuori dalla porta, il giorno in cui lei decise di sfondarla senza preavvisi ed entrare nel mio mondo. L'avevamo riparata quella porta, sostituita, con una blindata a 3 serrature, nessuno avrebbe più potuto entrare nel nostro mondo, era solo nostro, ed era meraviglioso così. Starsene distese nel letto per ore intere, a fissare il soffitto, con il sorriso stampato e il silenzio più assoluto. Era come gridarci contro il nostro amore, noi lo facevamo, senza parlare però, le parole erano sempre superflue.

<<Cosa vuoi per pranzo cretina?>>

<<Oh! Sta confidenza?>> le dissi, mettendomi il broncio come i bambini.

<<Posso permettermelo! Quindi cosa vuoi?>>

<<Ho fame di te, posso mangiarti?>>

<<Non ti è bastato?>>

<<Tu non mi basti mai.>>

<<Non sei sazia?>>

<<Sono sazia, si. Ma c'è sempre spazio per te qui dentro.>>

<<Amore mio, sei bellissima, ora però mi dici cosa vuoi mangiare?>>

<<Va bene qualsiasi cosa.>>

<<D'accordo. Posso prepararti il pranzo? Ti fidi?>>

<<Si, mi fido.>>

Si mise addosso una mia canotta, le copriva appena il sedere, era bello guardarla allontanare, mi era sempre piaciuto il suo portamento. Rimasi nel letto. Risentii la sua voce quasi dopo un'ora.

<<Muovi il culo stronzetta, è pronto a tavola.>>

<<Arrivo, ma qui la stronzetta sei tu!>>

Misi anch'io una canotta e andai in cucina. La tavola era apparecchiata, si leggeva amore in tutto ciò che c'era sopra, in tutto ciò che la componeva, mi venne da sorridere e mi sedetti. Aveva preparato uno dei miei piatti preferiti, riso al curry. Presi la forchetta e le diedi un bacio prima di iniziare.

<<Ti piace?>>

<<Mh, so fare di meglio!>>

<<Vedi che sei proprio una stronza!>>

Risi a crepapelle, poi risposi:

<<Sto scherzando scema, è veramente buono. Brava!>>

Lei naturalmente mise il broncio, ridendo sotto i baffi. Mangiammo velocemente. Anche oggi ci aspettava l'allegra seduta di chemioterapia. Già calava la tristezza. 

<<Sono al tuo fianco, non può succederti niente.>>

<<Lo so, sei la mia forza.>>

Quella fu l'unica frase che riuscì a dire prima di tutto il dolore. Dolore che provavo anch'io solo a guardarla. Era uno strazio, lo era per entrambe. Stringevo forte la sua mano, quasi a volermi prendere quell'enorme dolore, quasi a volerlo fare mio e basta. Ma lei continuava a dimenarsi davanti ai miei occhi, non c'era sofferenza più grande. Il mio cuore si dimenava, lo sentivo sbattere contro ogni parete del mio corpo, sempre più forte, sempre più veloce, quasi a voler uscire fuori. Era uno strazio, lo era ancor più per me. Che me ne stavo lì seduta a non fare niente, a non poter fare niente. Era uno strazio, perché l'amavo. L'amavo e mi sarei presa ogni millimetro del suo dolore pur di dare fine a quello straziante panorama che dovevano sopportare i miei occhi, perché l'amavo e avrei solo voluto che lei stesse bene, perché l'amavo, l'amo, l'amerò, qualsiasi cosa succeda dopo tutto questo caos. 

Amore silenzioso (LGBT) #WATTYS2016 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora