Capitolo 2: Abitudini dure a morire

179 10 2
                                    

Passeggiando per la città mi rendo conto di quanti posti avevo ignorato, la cui bellezza avevo sottovalutato: non c'è solo smog e gente infelice in questa città! La cosa che mi sconvolge è che abito qui da sempre ma è come se la scoprissi solo ora.

Forse sono cambiata io: ho smesso i panni della ragazza uggiosa di città ed ho imparato a guardare il mondo con occhi diversi, con l'ingenuità e le emozioni di una bambina che sa con certezza che ogni posto nuovo ha qualcosa di bello e interessante da offrirle.

Guardandomi attorno non posso fare a meno di notare le auto italiane e mi sembra un'eresia chiamare macchine queste baracche metalliche. Il Generale Lee sì che è un auto: una magnifica Dodge Charger R/T del 1969 con propulsori V8 e cilindrate tra i 7000 e i 7200 cc. La cubatura maggiore eroga una potenza di 285 cavalli e lo 0-100 avviene in meno di 5 secondi: Bo passava un sacco di tempo a spiegarmi la perfezione del Generale Lee ed io lo ascoltavo affascinata da tutta quella potenza contenuta in una sola macchina. La passione del Generale Lee accomunava Bo e me fin dal mio primo incontro:  sono rimasta affascinata da quella macchina dal colore inusuale con un nome proprio e considerata a tutti gli effetti un membro della famiglia, così come sono rimasta affascinata da chi la guida abitualmente.

"Chiara, và tutto bene?" chiede Anna prendendomi per un braccio e riportandomi alla realtà.

No, non va bene per niente, dannazione! Perchè io non dovrei essere qui ma ad Hazzard, insieme a Daisy, Luke, zio Jesse e al mio fidanzato.

"è una storia lunga, Anna" ammetto stancamente "ti prometto che saprai tutto, a tempo debito: ora non voglio pensarci"

Il sorriso comprensivo della mia amica aiuta ad attenuare il dolore: cosa farei se non ci fosse lei?

"Aiuto! Fermate quell'uomo: mi rubato la borsetta" strepita una vecchietta poco lontana da noi

"Uno scippo!" esclama Anna  spaventandosi "allontaniamoci da qui"

Un ragazzo corre indisturbato nella nostra direzione tra la gente, senza che nessuno faccia nulla e la cosa mi manda in bestia.

"Non è possibile: perchè nessuno non si muove?" tuono indignata

"Perchè non sono cose che ci riguardano. Ora vieni via"

"Non ci penso neppure" replico secca

"Ma che vuoi fare?"

"Ora lo vedrai"

Non appena il ragazzo mi sfreccia accanto, velocemente gli metto una gamba davanti facendolo cadere rovinosamente per terra. Afferro velocemente la borsetta e la lancio ad Anna che si rifugia al sicuro.

Il ragazzo mi lancia un'occhiata carica di odio cercando di intimorirmi ma sostengo il suo sguardo senza paura.

"Non dovevi farlo" ringhia rialzandosi

"Ed ora che mi fai?" replico freddamente.

Per tutta risposta, estrae dalla tasca un coltello puntandomelo contro, provocandomi una sonora risata.

"Tesoro, non crederai mica di spaventarmi? Ho avuto puntato alle spalle tutti i possibili tipi di pistola e non sarà un coltello a mettermi paura"

"Ora te la faccio passare io la voglia di fare la spaccona"

E detto questo si avvicina a grandi passi, col coltello puntato.

Senza perdere la calma lo lascio procedere e, quando è abbastanza vicino, afferro il braccio e glielo passo dietro la schiena stringendolo fortemente. Il ladro molla il coltello in preda al dolore e, con una pedata agli arti inferiori, lo costringo ad inginocchiarsi.

Tempestivamente intervengono i Carabinieri, chiamati da chissà persona resasi di compassione, che prendono in consegna il ragazzo, ringraziandomi per averlo bloccato.

"Chiara" inizia Anna avvicinandosi con aria sconvolta per la scena appena vista

"Sì, sono leggermente cambiata" confermo divertita leggendole la mente "e ti spiegherò ogni cosa, non appena consegneremo la borsetta all'anziana signora che sta venendo verso di noi: suppongo sia la proprietaria"


Non appena raggiungiamo il bar Anna mi trascina nel primo tavolo libero e, ordinato in fretta e furia, mi ordina seduta stante di darle spiegazioni: decido quindi di raccontarle una delle mie avventure Hazzardiane, giusto per farle capire il motivo che mi ha spinta a diventare così coraggiosa.

Durante il racconto dell'avventura dei due galeotti, leggo sul viso della mia amica sbigottimento, terrore e apprensione: devo proprio aver reso bene l'idea, seppur sia difficile spiegare a parole.

"Sei una pazza scriteriata!" tuona visibilmente alterata "potevi farti male sul serio, ma che ti dice il cervello?!"

"Oh suvvia, non arrabbiarti così" replico dolcemente "non potevo starmene in disparte come se niente fosse: dovevo fare anche io la mia parte, quella famiglia mi ha accolta come fossi una di loro nonostante fossi una perfetta sconosciuta e poi non mi sarebbe mai successo nulla: con me c'erano Bo e Luke"

"Ah sì? Sono per caso due super eroi?" chiede in tono sarcastico

"No, ma sono due bravi ragazzi e si sa che a loro non può succedere nulla di male"

"Tu hai voglia di scherzare ma avrei potuto non rivederti più" sospira imbronciandosi.

Non ha tutti i torti in effetti: qui sarei morta di paura dallo spavento ancora alla prima avventura, ma ad Hazzard è normale amministrazione e prima ti ci abitui, meglio è per te.

"Come posso raccontarti altro se ti impressioni così facilmente?"

"Per il momento sono a posto così, grazie. Però c'è una cosa che ti voglio chiedere: visto che ti piace tanto questa Contea, perchè sei tornata?"

Un leggero imbarazzo fa capolino sul mio viso: ed ora come glielo spiego?

L'imbarazzo però lascia presto lo spazio ad un sorriso divertito che compare dopo aver ripensato al parziale motivo che mi ha costretta a lasciare la Contea

"Non pensare subito male" premetto ridacchiando "ma sono dovuta rientrare perchè correvo il rischio di finire in prigione"

Una ragazza ad Hazzard. Un anno dopoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora