Ventinove

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Danni


Matt mi cammina davanti di qualche passo, si volta verso di me, sorride e mi tende la mano.

«Vieni» dice appena gliel'afferro.

Proseguiamo per il corridoio e come dà sull'esterno una luce bianca quasi mi acceca. I miei occhi si abituano in fretta a questo improvviso bagliore, Matt smette di camminare e così faccio anche io. Lascio scorrere lo sguardo tutto intorno a me, facendomi sfuggire una monosillabica espressione di sorpresa appena mormorata fra le mie labbra.

Sono al Millennium Stadium, sul prato del Millennium Stadium e vi sono appena entrata attraverso il corridoio che i giocatori imboccano ogni volta che devono prepararsi a giocare la loro partita. Sto avendo la possibilità di ammirare uno dei mostri sacri degli stadi rugbistici completamente vuoto a eccezione di me e Matt. Sembra tutto quanto surreale, quasi magico. Non ho mai visto questo stadio senza persone, tutte le volte che ho messo piede qui dentro l'ho sempre fatto quando ogni posto a sedere era occupato da qualcuno, quando Delilah rimbombava ovunque fra queste mura. Invece ora c'è solo silenzio, silenzio dappertutto. Sembra davvero un altro posto, pur essendo lo stesso mi sembra di essere entrata in un luogo in cui non avevo mai messo piede prima. Per me è un'emozione unica, proprio come unico è il fatto di poter fare questa esperienza in compagnia di Matt, che ora posso definire a tutti gli effetti il mio ragazzo.

Domenica scorsa, il giorno dopo la partita fra Galles e Nuova Zelanda, il giorno dopo quel terzo tempo, io e Matt ci siamo visti per chiarire diverse cose riguardo la relazione che eravamo in procinto di iniziare. Il ragazzo mi ha raggiunto a casa mia, appena arrivato ci siamo dati un lungo bacio, probabilmente ben più lungo dei due che lo hanno preceduto e davanti a un caffè abbiamo semplicemente parlato di ciò che speriamo e ci aspettiamo di vivere in compagnia dell'altro. Nessuno dei due vuole una relazione superficiale. Essendo entrambi più vicini ai trent'anni che ai venti pensiamo che la nostra storia debba essere affrontata da persone mature ed è esattamente così che abbiamo deciso di portarla avanti. Ognuno di noi ha bisogno dei propri spazi, dei propri momenti da trascorrere con gli amici o in solitudine. Matt non ha esitato a dirmi di rispettare il mio volermi sentire emancipata e indipendente, così come io gli ho garantito che avrà sempre il mio sostegno e la mia comprensione per quanto riguarda la sua carriera rugbistica. So perfettamente che non sarà tutto semplice, perfetto e bellissimo, che ogni tanto qualche battibecco fra di noi ci sarà sicuramente, che scelte infelici potrebbero essere prese da parte di entrambi, ma sono pronta a correre il rischio, se così lo possiamo chiamare. Matt mi piace veramente, ora non ho più dubbi.

Smetto di guardarmi intorno, accorgendomi che lui mi sta osservando, sorridendo.

«Che te ne pare?» chiede.

«È incredibile. Mette quasi i brividi» rispondo, lanciando un'ultima occhiata in giro, sugli spalti vuoti.

«Vero. Anche se lo preferisco pieno di gente, devo ammettere che in questo stato mi rilassa notevolmente.»

Avanzo di qualche passo, affondando appena con le scarpe nel prato del campo da rugby. Alla fine, un passo dopo l'altro, arrivo al centro dello stadio. Mi volto verso Matt, rimasto fermo sulla linea di bordocampo. Lui ricambia il mio sguardo e subito dopo si avvia, raggiungendomi e fermandosi di fronte a me.

«Pronto per domani?» gli chiedo non appena l'ho vicino.

Si volta un momento, osservando il corridoio di ingresso al campo. Domani lo attende l'ultimo dei test match di novembre, contro la nazionale sudafricana. Gli Springboks sono secondi nel ranking mondiale e certo non sono avversari semplici contro cui misurarsi. Sono certa che Matt lo sappia meglio di me e sospetto che uno dei motivi per cui abbia deciso di venire qui oggi sia quello di tentare di trovare un po' di pace prima della partita.

Cenerentola non lucidava palloni da rugbyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora