Ventisei

12K 604 75
                                    


Matt


Quando il giornalista mi dà la mano dopo aver annunciato la fine dell'intervista quasi non mi sembra vero. Me ne avevano già fatte svariate di interviste a un terzo tempo, ma lunga quanto questa mai. Dev'essere dovuta al fatto che siamo nel post partita del match contro gli All Blacks, anche se onestamente non trovo che questa sia una scusa sufficiente per farmi stare tanto tempo lontano da Danni proprio stasera. Mi alzo, dando un ultimo saluto ai due giornalisti presenti e mi avvio fuori dalla stanza sistemandomi giacca, camicia e cravatta. Nella sala da ricevimento continuano a esserci un gran numero di persone, ciò è sufficiente a spiegare il caldo che c'è e che mi ha assalito come ho rimesso piede qui dentro. Mi incammino verso il bar, in modo da potermi ricongiungere con Danielle che temo di aver lasciato sola per un po' troppo tempo. Certo, con questo si sarà sicuramente resa conto di quelli che sono i miei impegni e del fatto che anche quando vorrei festeggiare in compagnia l'esito di una partita non sempre riesco a farlo. Se lei ha compreso tutto questo e fosse comunque disposta a provare a iniziare qualcosa con me sarebbe fantastico. Tuttavia temo di averla sottoposta a troppe cose in poco tempo. Spero solo che le cose positive accadute questa sera siano ben superiori a quelle negative. Penso di sì, comunque; nell'arco della cena l'ho vista aprirsi, sentendosi sempre più libera di parlare con Darren e la sua compagna. Ha avuto modo di incontrare numerosi giocatori che vestono la maglia degli All Blacks e anche con loro, dopo un primo momento di imbarazzo più che comprensibile, ha conversato tranquillamente. Sono contento di averla invitata qui stasera, non solo perché a vederla emozionata mentre stringeva le mani dei vari giocatori era davvero stupenda, ma anche perché, dopo tanto, abbiamo avuto modo di stare nuovamente insieme per una sera. Anche se non siamo stati sempre solo Danielle e io, lei era comunque al mio fianco e tanto mi è bastato.

Finalmente riesco a intravedere il bar e, nel punto in cui mi aspettavo di trovare Danni, la vedo. Tiene gli occhi bassi sul bicchiere che ha davanti, ticchettando sul vetro con entrambe le mani. Mi fermo a guardarla, come incantato. L'abito rosso che porta questa sera fa brillare ancora di più i riflessi dorati dei suoi capelli e dalla sua acconciatura qualche ciocca è scivolata via dall'elastico, leggera. Si inumidisce appena le labbra, poi solleva lo sguardo, come se si fosse resa conto che la sto osservando. Riprendo a camminare per raggiungerla, ma come compio il primo passo qualcuno mi afferra per il braccio, trascinandomi via e facendomi indirettamente capire che pretende di essere seguito. Riconosco la più che famigliare figura di Paul.

«Ehi» provo a chiamarlo, ma sembra che lui non mi senta.

Mi porta fino a uno degli angoli più vuoti della sala, bloccandosi. Si volta verso di me ma gli impedisco di parlare per primo: «Che c'è?» chiedo.

«Quanto è durata quell'intervista?»

Sbuffo. «Troppo» taglio corto. «Si può sapere perché mi hai trascinato qui?»

«Stavi andando da Danielle?» domanda lui.

«Ci stavo provando.»

Mi dà una pacca sulla spalla.

«No, ehi, tranquillo. Adesso ti lascio andare, dovevo solo dirti un paio di cose.»

Faccio un ampio cenno con la mano per cercare di fargli capire che se vuole dirmi qualcosa gradirei che lo facesse in tempi ragionevoli.

«Sono andato a parlare con Danielle» inizia.

«Ah, sì?»

«Sì, tu non arrivavi più.»

«Non è stata colpa mia.»

«Lo so, tranquillo» si zittisce.

Rimaniamo a guardarci un momento, sollevo le sopracciglia, non capendo per quale motivo il mio amico abbia smesso di parlare.

Cenerentola non lucidava palloni da rugbyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora