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Io e mia madre viaggiavamo verso l'aeroporto, con i finestrini dell'auto abbassati. A Liverpool il cielo era blu, non c'era una sola nuvola ad oscurarlo. Indossavo la mia maglietta preferita, quella azzurra, che mi aveva spedito la mia migliore amica Dionne da Londra. Finalmente l'avrei rivista.
<<Allyson>> mi ripeté mia mamma <<non sei obbligata a partire...>> Osservandola con attenzione, mia madre mi somiglia, a parte qualche piccolo particolare di poca importanza. Mentre fissavo i suoi occhi grandi, da bambina, mi prese il panico. Come potevo abbandonarla e costringerla ad arrangiarsi da sé? Certo, non aveva mai avuto problemi in questo senso. Eppure... l'aereo stava per partire. <<Mi mancherai da morire, ma devo tornare a Londra>> dissi fra le lacrime. <<Figlia mia, io sono felice solo se tu lo sei. Ma ti dico una cosa: fai attenzione ai vampiri... Le leggende parlano chiaro.>> Ecco la donna che conoscevo da diciassette anni: la donna forte, che riusciva sempre a sdrammatizzare ogni cosa anche nei momenti più tristi. Quella donna era mia madre. <<Salutami Dionne>> <<Certo. Non preoccuparti per me>> tagliai corto <<Andrà bene. Ti voglio bene mamma.>> Mi abbracciò stretta poi salii sull'aereo e non la vidi più.

Viaggiavo ormai da più di due ore, quando mi risvegliai da un piccolo sonno. Mi tornò subito alla mente quella frase di mia mamma 'Stai attenta ai vampiri...' Devo ammettere che subito ci avevo riso su, ma poi incominciai a riflettere. I vampiri, creature affascinanti che mi avevano sempre inquietata ma al tempo stesso incuriosita e eccitata.
Mia nonna mi raccontava sempre, quando ero piccola, che un'antica dinastia di vampiri esisteva ancora e che erano presi da una disperata ricerca della loro anima gemella da più di 200 anni. E io sognavo di essere una delle fortunate ragazze che sarebbe stata al loro fianco per l'eternità. La nonna però non mi sosteneva mai davvero, e mi rimboccava le coperte dicendomi:"Ma ricorda che tutto questo è solo una leggenda, piccola mia. Buona notte." Così mi addormentavo e cercavo di immaginare come potesse essere la vita eterna...
L'aereo atterrò un'ora e mezza dopo, all'aeroporto di Heathrow, sotto un'incessante pioggia, tipica dell'autunno londinese. Presi il telefono tra le mani, mentre mi avviavo a prendere le valigie. Chiamai Dionne. <<Pronto Dionne? Ma dove sei? Avevi detto che saresti venuta a prendermi all'aeroporto!>> <<Scusami, ma ho avuto un imprevisto. Dovrebbe esserci mia mamma...>> Non la sentivo benissimo in mezzo al caos, e oltretutto, a causa del temporale, le linee telefoniche erano disturbate. <<Va bene allora la cerco.>> Cadde la linea, nel momento in cui un fulmine calò sulla pista di atterraggio. L'atmosfera era improvvisamente diventata lugubre, la luce era saltata e le persone sciamarono verso l'uscita, con passo impacciato per via dei bagagli. Alla fine riuscii a trovare Margaret, la mamma di Dionne, che mi corse incontro stringendomi fra le braccia. <<Allyson cara! Hai fatto un buon viaggio? Su vieni, andiamo a casa, Dionne ti aspetta!>> Non si direbbe, visto che non era neanche venuta a prendermi. Ma questo era solo un dettaglio e comunque non vedevo l'ora di rivedere i suoi occhioni azzurri e il suo sorriso magnifico.
Mentre stavamo andando verso la macchina notai che c'erano due ragazzi che ci stavano seguendo da un po'. Non li vedevo in faccia, perché avevano il cappuccio, ma vidi che erano completamente vestiti di nero. Quando salimmo in macchina, loro restarono dall'altra parte della strada, sempre con la testa rivolta verso il basso e le mani nelle tasche dei pantaloni, incuranti dell'inarrestabile pioggia.
Fuori dal loro campo visivo, confidai le mie preoccupazioni a Margaret. <<Ehi, hai notato quei ragazzi? Quelli che ci seguivano...>> <<Non agitarti, probabilmente dovevano solo fare la nostra stessa strada.>> <<Non credo, si sono fermati davanti alla tua auto e... oh, lascia stare!>> Avevano un non so che di magico, magnetico. E quando l'auto si fermò davanti alla casa di Dionne un brivido mi percorse la schiena. Dionne era nel vialetto davanti alla casa, impaziente. <<Dio mio Allyson non puoi immaginare quanto mi sei mancata.>> Non era cambiata di una virgola: i suoi occhi trasmettevano sempre la stessa radiosa felicità, che solo lei possedeva. <<Anche tu mi sei mancata tantissimo. Non sai quante cose ti devo raccontare.>> Ero sull'orlo delle lacrime ma mi trattenni. Entrata in casa, lasciai le valigie nel salotto e andai a sedermi al tavolo della cucina, su cui troneggiava un enorme piatto di pizza calda. <<Mi sembra di ritornare in famiglia.>> dissi con voce flebile. <<Ehi, ma tu sei in famiglia!>>
Dopo cena, io e Dionne andammo nella sua camera a prepararci per la notte e per una lunga spettegolata. Decisi di raccontarle subito di quei ragazzi misteriosi. Avvicinammo i letti e iniziammo a parlare. <<Per farla breve, quando stavo uscendo dall'aeroporto ho notato che c'erano questi due ragazzi che ci seguivano, ma sentivo che non erano ragazzi normali.>> Dionne corrugò la fronte <<In che senso non erano normali?>> <<Non saprei dire... Come se non fossero umani.>> Ci fu un silenzio assordante, poi Dionne scoppiò a ridere. <<Non umani? Ma dai Ally! La pioggia deve averti arrugginito il cervello.>> Lei scherzava, ma era una cosa più seria di quello che credeva. <<Vai a dormire va' che domani voglio vederti più sveglia. Sai dove sarebbe bello andare?>> <<No...>> <<Penso che sia una buona idea andare a visitare qualche posto misterioso e sconosciuto. Con questa storia dei due ragazzi mi hai messo in testa delle strane idee.>>
Dopotutto, potevo avere un'altra opportunità di rivedere quei due ragazzi.

Accadde un Mattino |#Wattys2016|Where stories live. Discover now