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  Dionne's pov

«Dionne è scomparsa.»

Quelle tre parole pronunciate da mia mamma, mentre piangeva, mi stavano consumando come un potente acido. L'avevo sentita chiamare la polizia, avevo visto tornare a casa Allyson e avevo visto entrambe cadere a pezzi non sapendo dove fossi. Ma non dovevano scoprirlo, per nessuna ragione. Sarei rimasta nell'ombra fino a quando non fossi stata capace di controllarmi e forse ancora oltre. L'ultima cosa che volevo era far loro del male, eppure mi sentivo scorrere nelle vene una forza sovrumana e l'autocontrollo non rientrava nelle mie "nuove capacità".
Da quando Oliver mi aveva morso e mi aveva trasformata in un vampiro avevo istantaneamente realizzato che nulla sarebbe stato come prima. Anche se c'era almeno un lato positivo: mi sarei ricostruita una nuova vita. Non che quella che stavo conducendo fosse sgradevole, però ricominciando da capo e avendo pressoché l'eternità davanti avrei avuto nuove possibilità.
Tuttavia gli aspetti negativi erano nettamente superiori a quelli positivi e non potevo ignorarli: avrei perso mia mamma, i miei amici, Allyson. Tutto quello a cui ero legata sarebbe svanito in un attimo, anzi...era già tutto perduto.
Perciò quella sera, per tutto il tempo che passai nascosta fuori da casa mia cercando di dimenticare ogni cosa che mi apparteneva, mi ritrovai a dover accettare l'inevitabile: ormai fra le mie due vite vi era un muro che non sarebbe stato più demolito.

«Addio...» Con una parola sussurrata solo a me stessa, mi lasciai alle spalle tutto, cercai di non piangere perché credevo che se avessi iniziato non avrei più smesso. Mi sentii terribilmente egoista mentre mi allontanavo da quella che era sempre stata casa mia. Avevo messo i miei bisogni e le mie necessità prima di qualunque altra cosa, ma a quel punto il gioco era fatto.
Stavo camminando rasente ai muri, fuori dal cerchio di luce formato dai lampioni, così da non farmi notare particolarmente. Normalmente quella zona della città non era molto frequentata di notte, in ogni caso trovai più prudente non dare troppo nell'occhio. Di tanto in tanto passava un'auto e il rumore dei motori copriva quello del mio stomaco. Almeno l'istinto della fame non l'avevo perso.
Ciò nonostante la fame che provavo era ben diversa da quella che un normale essere umano potrebbe provare. Raggiungeva le ossa e si aggrappava ad ogni singola fibra del corpo. Non ci feci subito caso, credetti di poter resistere ma a quel punto stavo camminando, o meglio vagando, per la città da parecchio tempo, senza avere una meta precisa e se avessi cercato di tener testa ancora per un po' a quel dolore che mi stava pervadendo probabilmente sarei svenuta.
A poco a poco iniziò a bruciarmi la gola e notai che le mani mi stavano formicolando, come se il sangue non riuscisse a scorrervi.
Sangue, ecco di cosa avevo bisogno. "Se anche uccidessi qualcuno, nessuno se ne accorgerebbe. Troveresti il modo di nascondere il corpo." Questi pensieri mi invasero la mente, costringendomi a fermarmi sul marciapiede, beccandomi anche delle occhiate stranite e confuse da un barbone che stava seduto davanti all'entrata di un palazzo. Mi resi conto che non ero io a formularli e non riuscivo a fermarli. "Hai fame e sei più forte di qualsiasi essere umano, uccidere uno di loro sarà una passeggiata. Fallo!" Mi voltai verso l'uomo seduto sui gradini del palazzo e i miei canini crebbero improvvisamente. Esitai solo per un secondo, poi capii che ucciderlo era la cosa giusta da fare se volevo sopravvivere. Ciò che successe negli istanti dopo rimase nella mia testa solo come nebbia, l'ultima cosa che vidi fu Oliver che si chinava su di me e chiamava il mio nome, poi persi i sensi.

«È sbagliato, lei non dovrebbe trovarsi qua!» «Smettila Alec! Prova ad accettare il fatto che lei ora è una di noi, anche se non volontariamente.» «Non intendo accettare qualcosa che ha l'aria di un tradimento Daniel, è contro le regole.»
Furono queste le prime parole che sentii appena mi svegliai; non ero più sulla strada, ma sdraiata su un letto a baldacchino in una stanza che apparentemente non avevo mai visto prima. Sperai di risvegliarmi a casa mia, realizzando poi che era stato tutto un sogno e in seguito avrei visto arrivare Ally dandomi il buongiorno. Quando vidi che le persone che stavano parlando non erano né Allyson né mia mamma e che in realtà erano due ragazzi sconosciuti mi salì il panico.
«Basta ragazzi! Si è svegliata... Dionne, stai bene?» Cercai di tirarmi su ma lo feci troppo in fretta, il che mi provocò un dolore lancinante alla testa. Feci una smorfia di sofferenza e fui costretta a rimettermi giù. «Ma che... Dove mi trovo?» Riconobbi subito a chi apparteneva la voce che mi rispose: Oliver. «Sei a casa mia. Non sei in pericolo.»
Prima di guardarlo, dedicai solo un momento a osservare i due ragazzi che avevano parlato in precedenza. Ora non erano più vicini al letto, stavano discutendo a bassa voce fra di loro, vicino alla porta. Uno dei due si voltò verso di me, mi rivolse uno sguardo truce e poi tornò a parlare con l'altro ragazzo. «Che cosa mi è successo?» «Nulla di particolarmente grave. Eri affamata e hai cercato di nutrirti, ma non hai fatto in tempo e quel poveretto per poco non svegliava tutta la città a forza di urlare. Poi sono arrivato io e ti ho portata qui.» Man mano che mi raccontava l'accaduto mi ricordavo ogni singola cosa e il panico mi aggredì nuovamente. «Allyson... Come sta?» «Anche lei sta bene. In questo momento dovrebbe essere con William, perciò non corre rischi.» Non mi feci troppe domande su chi fosse quel William di cui aveva parlato, avevo solo bisogno di sentire che fosse al sicuro. «Non ti preoccupare, Hector ti darà il sangue di cui necessiti. Ha sempre qualche scorta da parte.» «Ma certamente! Prima la porti qua come se nulla fosse, poi le assicuri che Hector le sarà di aiuto. Allora perché non la porti anche nella stanza delle armi, le dai un coltello e ci fai uccidere tutti?» Mi voltai sconvolta verso Oliver. Non capivo perché quel ragazzo ce l'avesse tanto con me. «Ti vuoi calmare Alec? Non è colpa sua se si trova qua e ora dobbiamo metterla a suo agio.» «Infatti la colpa è tua e io non ho intenzione di pagare per i tuoi sbagli.» Detto questo lasciò la stanza sbattendo la porta e io mi resi conto solo a quel punto che avevo seguito la conversazione con la bocca spalancata. «Non farci caso. Aspettami qua, vado a chiamare Hector.» Dopo che Oliver se ne fu andato, rimasi sola con l'altro ragazzo che era stato in silenzio tutto il tempo.
Non riuscivo a credere al comportamento di...Alec? Sì, era quello il suo nome. «Cavolo, è un piacere fare la sua conoscenza... Che gli è preso?» «È tutto normale. Il fatto è che Alec fa sempre fatica a conoscere nuove persone.» «I suoi non mi sono sembrati semplici problemi di socializzazione.» dissi ironica. Ci mise qualche istante a rispondermi, tanto che credetti che non mi avesse sentito o che si fosse offeso, ma dopo poco disse: «Fidati, gli passerà. Comunque io sono Daniel.» Mi sorrise leggermente poi, proprio mentre Oliver stava tornando con almeno quattro sacche di sangue in mano, se ne andò.
Ci impiegai un po' a capire che non dovevo ingozzarmi e bere con calma, ma la fame era troppa e circa una decina di volte Oliver dovette fermarmi. «Non devi dilaniarle, devi solo bere.» mi disse tentando di trattenere una risata. «Per te è facile, scommetto che tu eri anche peggio di me quando eri ancora inesperto.» «Mi dispiace signorina, ma non è così.» Pronunciò quella frase dandosi un tono da so-tutto-io, ma solo per scherzo perché subito dopo mi sorrise e disse: «Diciamo che ci ho impiegato qualche tempo ad abituarmi a tutti gli aspetti della mia nuova vita, però ho imparato in fretta.» Mi accorsi solo allora di quanto potesse essere bello. La sua non era una bellezza come le altre, era una bellezza mistica, di un'altra epoca. Aveva dei lineamenti perfetti e i suoi occhi avevano un non so che di magnetico, non potevo smettere di fissarli. «Che succede? Perché mi fissi?» «Scusami, mi ero fermata a pensare. Fammi indovinare: era tua quella voce che avevo in testa poco prima di svenire?» chiesi, sforzandomi di non guardarlo più come se lo bramassi da una vita. «Mi hai scoperto. L'ho fatto per incoraggiarti, tutto qui. Oh.. aspetta, hai una gocciolina di sangue...qui sul labbro.» Si avvicinò a me e delicatamente mi passò un dito sul labbro per pulirlo. Al suo tocco, migliaia di brividi mi corsero giù fino ai piedi e sperai che lui non se accorgesse. Eravamo tanto vicini, troppo. All'improvviso la porta della camera si aprì, obbligando me e Oliver ad allontanarci, ed entrò un ragazzo alto, con i capelli neri come la pece. Era affannato e sembrava che gli fosse successo qualcosa di grave dall'espressione che aveva. Non diede l'impressione di essersi accorto della mia presenza. Infine Oliver parlò. «William, va tutto bene?» «Nient'affatto. Allyson è stata rapita e so anche da chi. Ho bisogno di tutti voi, ora.»

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Ma salve a tutti!! ^ω^ As I promised, ecco qui il nuovo capitoluzzo.
Devo essere sincera: è stato il capitolo più impegnativo e (credo) il più lungo che abbia scritto fino ad ora, perciò, anche se lo dico sempre, spero che vi piaccia ♥

Che altro dire? Lasciate un commento per la storia nel suo insieme o anche solo riguardo ad ogni capitolo, keep reading and keep voting♥ (credo che diventerà il mio "motto" hahaha)

Alla prossima♥ #lotoflove

Accadde un Mattino |#Wattys2016|Where stories live. Discover now