Allyson's pov
«Scusatemi, ma quando mai abbiamo avuto testimonianza di una...relazione famigliare fra un quasi vampiro come Allyson e un lupo come Edric?» chiese Alec, con un tono che –strano nei miei confronti- poteva addirittura sembrare interessato. Dopo che la voce di Edric mi aveva occupato i pensieri qualche momento prima, Dionne mi aveva accompagnata in bagno per rinfrescarmi e riprendermi dallo shock. Nel tragitto avevo continuato a ripetere frasi come "perché a me?" o "tutto ciò non è vero Dionne, ho ragione?". Dal suo modo di stringere le labbra e dalla presa salda che aveva sul mio braccio sapevo che avrebbe voluto dirmi "No Ally, è tutto vero, questa è la nostra vita" ma non proferì parola e io rimasi a fissarla ancora per qualche secondo fino a quando arrivammo davanti alla porta del bagno e mi fece sedere sul bordo della vasca da bagno, grande quanto un letto matrimoniale. «Non vorrai mica farmi fare un bagno? Non è il momento» le chiesi quando vidi che stava aprendo il rubinetto della vasca. «Rilassati, metti le braccia sotto l'acqua, ho sentito dire che il fresco sui polsi è più efficace di qualunque medicina, soprattutto con i cali di pressione.» Suo malgrado, neanche lo scorrere dell'acqua sui miei polsi aveva migliorato la mia condizione; non potevo lavare via ciò che stava dentro la mia testa.
Passarono circa dieci minuti e, quando secondo il giudizio di Dionne io fui nuovamente in grado di affrontare la situazione, tornammo nella sala, dove era esplosa l'ennesima discussione fra i ragazzi, ed Hector, portatosi una mano sulla faccia, osservava la scena fra le fessure delle dita. Come era possibile che nei momenti più drastici quei quattro dovessero rigorosamente urlarsi addosso? Una sensazione di rabbia e fastidio crebbe nel mio stomaco ogni secondo che passavo sentendoli discutere. Mi liberai dalla presa di Dionne, un po' troppo sgarbatamente rispetto al mio solito comportamento, e urlai: «ADESSO BASTA!!» Cadde il silenzio. Tutti si voltarono nella mia direzione, persino la legna nel camino sembrò calmare il suo scoppiettio. Fissai tutti quanti intensamente, poi il mio sguardo venne attirato da un debole fascio di luce che proveniva dalla Pietra d'Agata che portavo al collo e dal palmo della mia mano destra, dove la scritta praesidium sembrava bruciare per la prima volta dopo mesi. Non ci feci caso e mi diressi decisa verso il gruppo incredulo; ogni passo che facevo era involontario, sotto sotto non ero sicura che fossi io a scegliere per le mie azioni, come se fossi la marionetta di qualcuno. Mi fermai davanti a William, i nostri sguardi si legarono, il mio respiro era irregolare come dopo una corsa, e invece di urlargli contro come avrei voluto fare gli puntai un dito sul petto, nel modo in cui lui aveva fatto con me quando mi aveva incontrata per la prima volta. «Ascoltami bene, preferisco chiarire con te che con gli altri, per il semplice fatto che so che tu mi ascolteresti in qualunque caso: tutti quanti in questa stanza abbiamo qualcosa che ci tormenta e litigare è l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno, se vogliamo trovare una soluzione.» Alec ovviamente non perse l'occasione per dare sfogo ancora una volta alla sua freddezza. Daniel tentò di fermarlo, senza successo e Alec facendo un passo avanti dichiarò: «Senti ragazzina, hai già fatto il lavaggio del cervello a mio fratello una volta, abbiamo rischiato di morire per te quando non sapevamo neanche chi tu fossi, direi che la tua parte in tutto questo l'hai fatta, adesso è ora di finirla.» A quel punto non ressi più. «Sei tu quello che deve smetterla Alec! Per mesi, da quando sono qui, ho cercato un modo di far andare bene le cose fra noi due, per rendere vivibile la vita di entrambi. Sono stufa di provare a sistemare tutto se in cambio ricevo soltanto rifiuti e disprezzo, perciò per quanto mi riguarda e da ciò che ciascuno di voi mi ha fatto capire, credo di essere l'unica in grado di porre fine a questo disastro.» «Di che cosa stai parlando, noi non...» «Smettila anche tu William, sai meglio di me di cosa sto parlando. Mentirei se dicessi che non mi hai aiutata, perché sei stato l'unico a interessarsi un briciolo di più degli altri, però ora basta. Non avrei questa scritta sul palmo della mano se non dovessi cavarmela da sola. Forse seguire Edric si rivelerebbe la cosa giusta da fare, forse era questo il mio destino e non essere un vampiro.» La rabbia stava calando, lasciando dietro di sé solamente le vertigini, lo stesso senso di vuoto che si prova quando dall'alto si guarda metri più in giù e non si vede altro che il nulla. Guardando a terra e con voce piatta dissi: «Se me ne andassi so che stareste meglio, avreste meno problemi fra i piedi. Troverò Edric, mi farò una nuova vita per l'ennesima volta e voi non avrete più bisogno di preoccuparvi inutilmente per una ragazzina come me... sbaglio Alec?» Alzai lo sguardo su di lui: per la prima volta non vidi odio dentro ai suoi occhi, era così sbalordito dalle mie parole che non aveva idea di come controbattere. La cosa peggiore fu scoprire però che io stessa ero rimasta esterrefatta, pur essendo cosciente di quello che stavo dicendo e facendo. Non avevo rimorsi, ero sicura mentre parlavo. Stavo davvero per lasciare tutto...quello? Il mondo in cui avevo fatto tanta fatica ad ambientarmi, la mia migliore amica, William...
«Ricordo quando mesi fa avevo giurato di andarmene, evitandovi tante rogne. Will mi aveva indotta a rimanere e gli sono grata per avermi sostenuto nei momenti più difficili, ma per come stanno andando le cose ritengo sia il caso di guardare in faccia la realtà.» Non avevo più la forza di rimanere a fissare i loro visi smarriti, ciò che più mi spezzò il cuore fu vedere le lacrime negli occhi di William e Dionne, che mi stavano ancora osservando con la bocca leggermente aperta. «Con permesso...» dissi, e lasciai la stanza diretta verso la mia camera. Mi chiusi la porta alle spalle, ma prima di andarmene per davvero mi appoggiai allo stipite e ascoltai Dionne che mormorava fra i singhiozzi: «E voi la lasciate andare via così? William, tu...» Mi morsi un labbro e serrai gli occhi: loro stavano soffrendo per colpa mia, e io, sentendo il loro dolore, stavo sempre peggio. Una situazione irresolubile.
Tentando di soffocare l'angoscia che permeava l'aria, corsi al piano superiore. Le grandi finestre della mia stanza davano sulla riva più alberata dello stagno, sul quale pochi giorni al mese si poteva vedere il riflesso argenteo della luna; il resto del tempo, per colpa delle nuvole, lo specchio d'acqua rimaneva scuro, come quella sera.
Passarono pochi minuti, in seguito ai quali sentii Dionne bussare alla porta, ma la ignorai. Non avrei avuto il coraggio di guardarla in faccia, non dopo quello che avevo detto. Presto si stufò di aspettare una mia risposta e se ne andò.
Lentamente mi avviai verso l'imponente armadio di mogano, antistante il letto, e aprendo una delle ante un intenso profumo di vaniglia mi riempì le narici. Adoravo la vaniglia e avevo fatto di tutto per convincere i ragazzi che le buste profumate per l'abbigliamento non erano armi chimiche. Il mio interesse fu catturato da uno degli abiti appesi di fronte a me, uno splendido vestito bordeaux, con dei fiori di pizzo nero ricamati sul corpetto. William me lo aveva comprato la settimana prima, facendomi promettere di indossarlo il giorno del mio compleanno sebbene non mi sentissi a mio agio dovendo indossare un abito così elegante. Lui non aveva voluto sentir ragioni e mi aveva detto: «Se non vuoi metterlo per la tua festa, lo metterai in un'altra occasione, ma deve essere tuo. È fatto su misura per te.» Presi la gruccia che lo sosteneva e lo posai sul letto. Sorrisi leggermente mentre sfioravo con la punta delle dita la stoffa delicata. Volevo indossarlo, volevo provare almeno per una volta la sensazione del vestire un abito come quello. Non appena chiusi la zip sul fianco destro guardai la mia immagine nello specchio. William aveva ragione: sembrava che qualcuno l'avesse cucito secondo le mie misure. Persino il colore azzurro ghiaccio del mio occhio destro sembrava essere un particolare essenziale, cosicché il mio aspetto risultasse quasi perfetto. L'unico dettaglio che non avevo ancora considerato era la Pietra d'Agata. Non sapevo spiegarmi perché si fosse illuminata quando, qualche attimo prima, mi ero infuriata. La sganciai e la rigirai fra le mani, esaminandone ogni sfumatura iridescente come se potessi trovarvi una risposta all'interno. Proprio mentre la stringevo tornò a risplendere. Mi convinsi a riagganciarla intorno al collo e per farlo dovetti girare lo specchio in modo che la luce del lampadario mi illuminasse meglio. «Che splendore la mia sorellina.» Alzai di scatto il viso, con gli occhi sbarrati dal terrore; per lo spavento la collana mi sfuggì dalle mani e cadde a terra. Quella voce...
Non mi serviva voltarmi, lo vedevo riflesso nello specchio. Appoggiato alla testiera del letto, completamente rilassato, c'era Edric. «Non era necessario mettersi in tiro per tuo fratello, ma apprezzo ugualmente il gesto.» Brava Allyson, ora sì che te la dovrai cavare da sola.
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Accadde un Mattino |#Wattys2016|
Vampirgeschichten● William era di fianco a me, ma seduto a terra. Aveva lo sguardo perso e non sembrava così desideroso di lasciare quel posto, come invece lo erano gli altri, che non la smettevano di camminare avanti e indietro. <<William, a cosa pensi?>&g...