capitolo 3.

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-e questo è tutto. Non dimenticatevi di portare il modulo per lo scambio- ci saluta la nostra insegnante nel suo italiano-tedesco.

Finalmente un altro giorno in università è finito, sembrava che non giungesse mai al termine.

Esco fuori dall edificio con moltissima calma.
Prendo un modulo precompilato per l'assegnazione ad una delle università con cui, la nostra è in rapporti professionali per eseguire degli scambi culturali e lo compilo da seduta su una panca in marmo lì vicino.

-guarda chi si vede- sento dire da una voce che riconoscerei ovunque.
-che ci fai qui in un ambiente culturale così al di sopra della tua media?- domando acida.
-volevo vedere se Linda era qui-
-no, di solito la Linda non viene mai il lunedì-
-voi del nord e la vostra odiosa abitudine di mettere l'articolo davanti a qualsiasi nome- ribatte con un sorrisetto da sberle.
-bhe non è colpa mia-

Metto la BIC nera tra i denti per riflettere.
Mettere una (massimo due) preferenza su una sede universitaria (estera).
Che sede posso mettere?
Devo essere veramente sicura della mia scelta: non vorrei passare un anno all'estero, in un luogo che non mi piace.

-eh?- sussulto quanto Giulio mi sfiora il braccio.
-ripeto: che ci devi fare con quel modulo?-
Sembra quasi preoccupato.
-in parole povere è foglio che serve per lo scambio culturale-
-ma studi lingue?-
-mmh. Studio: inglese, spagnolo, tedesco e russo-
-wow. Dove vorresti andare a vivere?-
-non ne ho la più pallida idea; pensavo a San Pietroburgo o Londra o Barcellona o Berlino-
-ti auguro di fare la scelta giusta-
Annuisco.
Abbiamo intrapreso una conversazione senza litigare. Merito un applauso.

-stai bene con gli occhiali, ti danno un'aria da figa ed intelligente allo stesso tempo-
Merda, mi sono dimenticata di levare gli occhiali alla fine della lezione.
-il segno dello schiaffo è andato già via, vogliamo rimediare?- sorrido sardonica.
-non ci tengo-

-io me ne torno a casa- annuncio e ritorno in piedi.
-vuoi che ti accomoagni?-
-come te pare- alzo le spalle.

Quando siamo fuori si accende una sigaretta.
-me ne presti una? Ho scordate a casa le mie-
Senza ribattere me ne passa una, ma non l'accendino.
Sbuffo.
Quando meno se lo aspetta, rubo la sua Camel dalle labbra, l'avvicino quel che basta alla mia e accendo a strappo la sigaretta che reggo tra le labbra.
Poi gliela riavvicino affinché la prenda con le dita ed invece lui cattura la paglia direttamente tra le labbra, avvicinando la testa alla mia mano; durante questa frazione il suo labbro inferiore sfiora il mio pollice e da esso si diramano delle scariche elettriche fortissime, fino ad ogni angolo più remoto del mio corpo.
Non capisco il motivo, non è successo nulla di importante.

-come ma sei qui a Milano?- domando per spezzare quel silenzio imbarazzante che si era formato.
-ho lasciato la mia vecchia casa discografica e ora ho un contratto una delle migliori in città-
-interessante-

-ciao Giulietto, quanto tempo!- esclama una ragazza con la vocina troppo stridula per i miei gusti.
Lancio un'occhiata al ragazzo accanto a me, il quale è bloccato in un'espressione mista di sgomento e terrore.
-emh ciao...-
-Rebecca- finisce lei la frase, accigliata.
-aspetta, lei è la famosa Linda?-
Si, ciao esisto anche io. Grazie per avermi notata.
Aspe', Linda? Siamo seri? Io fino a prova contraria mi chiamo Elena Maddalena. Anche se il mio secondo nome non lo usa più nessuno ormai.
-esatto- si gratta la nuca imbarazzato, cerca il mio sguardo in cerca di una conferma, afferra la mia mano, incastra le nostre dita e mi dà un bacio sull'angolo della bocca. Di nuovo quella strana scossa..
-ah piacere- si protrae per abbracciarmi.
Calmina cosetta, non siamo così intime.
Poi io detesto queste dimostrazioni d'affetto; in generale detesto essere toccata da chiunque, ma stranamente non mi dà fastidio avere la mia mano intrecciata alla mano enorme di Giulio.

Allungo comunque la mano libera e 'sta Rebecca capisce l'antifona e la stringe.
-bhe Giulio io devo scappare, fatti sentire mi raccomando-
-sarà fatto, ciao!- la saluta con un cenno.

Appena svolta l'angolo della curva mollo uno schiaffo alla guancia del riccio.
-se provi ancora a fare una cosa del genere ti castro. Hai capito?- gli sbraito contro e nel mentre lui si contorce dal dolore.

Lo lascio lì solo ed io me ne torno a casa.
Durante il tragitto ho una voglia matta di accendermi un'altra sigaretta, ma visto che la sfiga ruota solo attorno a me, non ho il mio fidato clipper.

Suono al campanello sperando che Alessandra sia già a casa, ma non c'è nessuno; sarà ancora in facoltà oppure sta studiando i suoi volumi, pesanti più di me, di giurisprudenza e non avrà sentito il campanello.

-aspetta, ti apro io la porta- spunto Giulio da qualche parte dietro di me.
In silenzio arriviamo all ascensore.
-tu non te ne eri tornato a casa?- domando scombussolata.
-io abito qui-
Ah, strano che non l'abbia mai visto.
-piano?-
-terzo- risponde subito.
Anche nello stesso piano...
Troppe coincidenze.

Ritorniamo in silenzio.
Fino a quando io arrivo al mio appartamento e anche lui si ferma ed esce dalla tasca.
-Giulio dimmi che questa è la casa di un tuo amico-
-emh..no è la mia-
-non ti tiro un altro schiaffo per il rispetto della mia mano-
-eh?- sembra confuso.
-hai idea delle notte insonni che ho passato a causa della tua musica?- domando retorica ed incazzata.
-avresti potuto bussare alla porta ed io avrei abbassato la musica- ribatte con fare ovvio.
-l'ho fatto. Ma tu mi hai mandato a fare in culo, senza nemmeno aprire la porta-
-oh eri tu, sul serio?- si passa una mano sulla faccia.
-sì ero io, ora me ne vado prima che la mia pazienza arrivi al limite- apro la porta e la richiudo con forza alle mie spalle.

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