13. Ferris Wheel

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Zero.



La guardo correre via.

Voglio andarle dietro e scusarmi, ma le mie gambe non vogliono muoversi.

Le ho rotto una mano.

LE HO SPEZZATO UNA FOTTUTA MANO.

L'ho odiata dal primo momento, ma l'ho anche desiderata, come mai nessuna donna prima d'ora dal primo momento.

È terribile, ha un carattere di merda, ma, non sarei mai dovuto arrivare a questo.

Come posso definirmi un uomo?

"Spero che stasera all'incontro tu, muoia!"

"Ti senti potente a fare il bullo con chi è chiaramente in svantaggio?"

"I tuoi occhi, sono più vuoti dei miei."

"Hai un bel viso, ma dentro sei più marcio di me."

Ho passato la vita a sopprimere la mia oscurità. A cercare di controllarla, di non lasciare che prendesse il sopravvento.

Fai silenzio.

I bravi bambini non fanno rumore, sai?

Non fare rumore, ma a volte succedeva. E cazzo, quanto mi picchiava forte mia madre.

"Devi stare zitto, hai capito? Non vali niente, meno di zero. Sei solo un errore."

Volevo urlare, piangere, ma, se l'avessi fatto, ne avrei prese di più.

Quindi, incassavo, incassavo e incassavo. In silenzio.

Crescendo, ho continuato ad incassare e sopprimere la rabbia che mi portavo dentro concedendole la possibilità di uscire fuori sul ring o con il sesso.

Ma stavolta, ho toccato il fondo.

Stavolta ho ferito l'unica persona, che per la prima volta in ventisei anni di vita, nonostante i suoi mille difetti e il suo caratteraccio, ha portato un po' di colore nella mia vita.

‹‹Ma perché cazzo? Perché non ti sei fermato?›› urla Coach.

Due sere fa, ha provato ad aiutarmi con la mia insonnia, ma non saprà mai il motivo del mio problema. Lei non saprà mai,  che, mentre il mondo mi ammira, mi acclama, mi ama...io sono così danneggiato e marcio da non riuscire a guardarmi neanche allo specchio.

Quelle poche volte che lo faccio, io non mi vedo. Non esisto.

Che cazzo ho fatto?

Sollevo il palmo della mano, e rimango immobile a fissarlo.

L'ho ferita con la stessa mano che qualche sera fa, l'ha tenuta stretta.

"Ma nel corso degli anni, ogni volta che alzo gli occhi al cielo, c'è solo un desiderio che esprimo..."

"E lo puoi dire?"

"La sua voce. Non voglio dimenticare la sua voce."

Quella notte, io non ho espresso nessun desiderio, ma ho dormito come un sasso.

Che cazzo ho fatto?

‹‹Zed››, mi chiama di nuovo Coach, e io lentamente alzo lo sguardo nella sua direzione.

Mi guarda preoccupato, ma riesco a scorgere la rabbia che prova in questo momento. Il disgusto che prova verso di me.

E fa bene.

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