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Quel giorno Cristobal Serrano non venne svegliato da una chiamata. Era al Whisky a Go Go, un locale di West Hollywood ricavato da una centrale di polizia negli anni sessanta. 

Osservava le fotografie appese alla parete, che ritraevano band e cantanti famosi che avevano suonato in quel posto. 

Era veramente un luogo di culto. Hendrix, The Doors, Aerosmith, Led Zeppellin, Van Halen, Guns'n'Roses, Nirvana, Metallica e tantissimi altri avevano suonato là. Il rock pesante dominava fra quelle mura. Si respirava rock, si masticava rock, si vedeva rock ovunque. C'era un quadretto persino con un certo Luciano Ligabue in stato di grazia e un altro di un cantante con una chioma foltissima e riccia nell'atto di saltare come un matto. Sul vetro vi era firmato a pennarello "Caparezza".

Cristobal amava andarci il tardo pomeriggio dopo lavoro per farsi una bevuta e sentire della musica, esercitandosi con la fantasia a immaginare quel posto come a una stazione di polizia ancora operante. Quante anime dannate che furono rinchiuse lì in gattabuia prima dei sessanta, ma soprattutto quante anime dannate che vennero in quel posto dopo la trasformazione del locale, molte più di quando c'era la polizia, pensava. Tutti in libertà, forse più dannati dei dannati di prima. Un cantante famoso che si faceva di eroina, cannabis, anfetamine, di Lsd e magari pure alcolizzato, era un'icona. In precedenza, prima del boom musicale degli anni sessanta, uno che si drogava ma non era famoso, era da rinchiudere.

Stava tracannando il suo solito bicchiere di bourbon, immerso nei suoi pensieri, quando sentì esclamare diversi "porca puttana", "oh Cristo santo", "oh cazzo" rivolti verso il televisore vicino al banco del bar. Sapeva che c'era in onda la partita di baseball di beneficenza, ma non gli interessava neanche un po'. Fino a quel momento.

Si alzò facendo cadere lo sgabello e si diresse di corsa vicino al televisore e vide i replay dell'accaduto a bocca spalancata, insieme agli altri avventori del locale e ai baristi.

«Puta madre!», riuscì a dire, non credendo ai propri occhi.

Quell'attore che faceva il vampiro dilaniato da una bomba, in diretta Tv.

Dopo Justin Bieber, ora un altro personaggio famoso che muore. Per fortuna non era la sua giurisdizione, il caso Bieber già gli stava causando non pochi problemi.

Lo squillare del telefono lo fece sobbalzare, tanto era preso dal servizio in televisione, che continuava a mostrare il pubblico spaventato e urlante e caos ovunque. Gli ci vollero un paio di secondi per capire cosa stesse succedendo. Soltanto qualcuno che lo stava chiamando. Premette il tasto di risposta.

«Qui Powell, della BAU. Sceriffo Serrano, le devo parlare».

«Pure io».

֍֍֍


«Carajo, che casino».

«Non ci voleva. Abbiamo già l'altro caso che ci impegna, questo ci mancava proprio, sceriffo», disse sconsolato il coordinatore del BAU. «Una bomba».

«Da non crederci. Ma chi può aver pensato a una cosa del genere? Sembra una scena da film, solo che non lo è».

«È la maledetta realtà, invece».

«Di cosa voleva parlarmi, Powell?»

«Appena ho saputo del fatto, ho pensato fosse il caso di avvertirla subito».

«E per quale motivo?»

«Non possiamo escludere che gli avvenimenti siano collegati. A distanza di pochi giorni, stessa città, un altro vip famoso del mondo dello spettacolo. Forse non c'entrano nulla tra di loro, o forse sì. Ma sarebbe una bella coincidenza. Serve tutto l'aiuto possibile. Cercare ancora indizi nella zona del primo assassinio».

Idols Killer (pausa forzata e presumo lunga)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora