-Chapter 4

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Non so per quanto tempo rimasi in quella stanza a piangere. Sentivo il volto completamente secco e gli occhi gonfi e ancora pieni di lacrime, i sensi di colpa nel mio petto che non esitavano a bruciarmi il respiro, mille domande nella testa e poche risposte.

L'alba fece entrata nel paesaggio sconfinato e meraviglioso di quell'isola apparentemente paradisiaca. Ma quello era tutto meno che un paradiso o un luogo di felicità. Mi alzai dal letto, quasi barcollando, guardandomi attorno. Era una stanza costruita all'interno di un albero cavo, con una moquette di paglia e foglie, i muri ricoperti dal legno del tronco e un soffitto intrigato da rami. Dovevo ammettere che non era male. 

Con un respiro profondo, uscii da lì sperando di non incontrare gli sguardi indiscreti di quei ragazzi, specialmente del suo. Lo sguardo di quei due occhi verdi smeraldo che cambiavano colore a seconda dell'umore, di una persona che non accetta obiezioni da parte di nessuno. Lo sguardo di Pan. Mi vennero i brividi al solo pensiero di poterlo vedere di prima mattina, con quel meraviglioso, ma insopportabile ghigno sulle sue labbra. 

Misi le testa fuori e non trovai nessuno, se non un piccolo focolare acceso in mezzo a tanta confusione. Stranamente Pan non era nei paraggi. Avevo una sete ed una fame che quasi mi accecavano e scesi la scaletta che portava all'abitacolo, per cercare qualcosa da poter mettere sotto i denti. Cercai nei dintorni, ma non trovai nulla, se non strumenti musicali molto rudimentali, come tamburi, legnetti, flauti...niente da addentare. 

"Penso che debba andare più lontano..." sussurrai tra me e me. Prima di entrare nella giungla però, avrei dovuto trovare qualcosa con cui difendermi, in caso quei poveri disgraziati mi attaccassero nuovamente, soprattutto se LUI avesse ritentato di catturarmi.

Ma non sapevo usare vere e proprie armi come spade o lance. Piuttosto mi trovavo meglio con pistole o coltelli da cucina, data l'esperienza...mi sarei arrangiata. 

Sotto all'albero cavo vi era una specie di sala sotterranea. Quando si dice "Parli del diavolo e spuntano le corna", quella stanza era letteralmente piena di armi. Archi e frecce, sciabole, coltelli, lance...fantastico.

Presi tre pugnali che posizionai nella mia cintura di cuoio nero e un arco con le frecce. E via alla caccia.

*Writer's pov*


Jane si addentrò nella giungla armata come non mai.  Quel luogo, nonostante fosse lì da nemmeno due giorni, non le prometteva nulla di buono. Peter Pan non le prometteva nulla di buono. Ma ciò nonostante, era come se ne fosse attratta. 

Lui era sempre lì, intento ad osservarla, dai rami alti degli alberi, per non destare sospetti. Di ragazze ne aveva viste tante, ma Jane era diversa da tutte. Non solo per la sua vita passata a commettere crimini e omicidi, ma perchè fu lui a sceglierla, fu lui a rapirla e non lei a venire da lui. Lui la voleva. E se Peter Pan vuole qualcosa, la ottiene sempre. Peter Pan non fallisce mai.

La ragazza continuava a vagare nella giungla, finchè non trovò finalmente qualcosa. Una lepre. Non ci pensò due volte, tese l'arco con una freccia appuntita e la scagliò contro il povero animale. Centro. 

*Jane's pov*

Meglio non potevo desiderare. E per di più la carne era la cosa che mangiavo più volentieri. Presi il corpo della lepre ed iniziai a levarne il pelo. 

"Vedo che ci sai fare con le armi..."

Una voce mi fece salire il cuore in gola dallo spavento, puntando una freccia contro l'interlocutore. Era Pan. 

"Cosa vuoi da me?" dissi tentendo sempre di più l'arco. 

"Puoi mettere giù la freccia, non sono qui per farti del male." esclamò lui.

"Cosa mi fa pensare che potrei fidarmi di te?"

"Il fatto che sono solo, senza i bimbi sperduti alle mie spalle."

"Evita di provocarmi, Pan. Forse hai capito come sono fatta, potrei sganciare la freccia da un momento all'altro." quasi tremavo nel parlare. 

"So che non ci riusciresti mai, dopo tutte le persone che hai ucciso...i rimpianti dovrebbero fermare le tue azioni, Jane." alzò un  sopracciglio. Giuro, non vidi mai nulla di tanto affascinante in un ragazzo, talmente bello da arrivare ad odiarlo con tutto il cuore e con tutta l'anima. Le sue parole iniziarono a farmi male, come un veleno lento che ti conduce alla morte, sofferente.

"Tu mi hai portato ad uccidere! La voce nella mia testa era la tua!- esclamai ad alta voce- Tu mi hai resa un mostro sin dai miei dieci anni, Pan."

"Posa quel dannato arco o mi costringi ad usare le maniere forti, dolcezza, e penso che nessuno dei due voglia soffrire, giusto?" disse sarcasticamente, ghignando. Lo avrei preso a calci volentieri.

Scoccai la freccia contro di lui. Incredibile. La bloccò al volo. Di colpo, abbassai l'arco a bocca aperta. Lui, con quegli occhi divenuti quasi rossi dalla rabbia, gettò la freccia a terra, fissandomi con quel ghigno malefico. 

"Hai fegato, Cassidy...-si avvicinò a me di soppiatto- ma questo non ti salverà dal mio volere. Non lo sai? Peter Pan non fallisce mai."


To be continued... 

Ma buonciaoo guyssss. Spero il capitolo possa piacere, votate plz <3 Bacionii

Laura Maria <3

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