-Chapter 3

3.6K 180 38
                                    

Ho sempre sostenuto di avere un caratteraccio. E la maggior parte delle volte, finivo in una rissa, dove vincevo sempre. E per sempre, intendo dire fino ad arrivare a spaccarmi le ossa pur di ottenere dei risultati.
Se ti metti contro Jane Cassidy, sei morto.

Gli occhi bluastri del ragazzo penetravano i miei color smeraldo, con aria di sfida.
"Io? Tua? Vedi di starmi alla larga ragazzino."
Non feci in tempo a voltarmi che le sue mani afferrarono i miei polsi, sbattendomi a terra.

"Sciocca ingenua ragazzina, non hai idea di con chi tu abbia a che fare." shignazzó lui con un ghigno osservandomi da in piedi.

Poteva avere sui 17 o 18 anni, ma aveva una forza quasi sovrumana. Sfilò dal fodero quello che sembrava essere un pugnale e alzandolo in aria gridò in piena voce: "VENITE FUORI RAGAZZI!". D'improvviso mi ritrovai circondata da almeno una decina di adolescenti tutti maschi, armati fino ai denti, incappucciati e con innumerevoli cicatrici sul viso. Sguardi offuscati, tristi, penetranti e con in ghigno visibile nei loro occhi.

"Ora giochiamo." Escamò il ragazzo, facendomi venire i brividi. Mi sentivo piccola e minuta dinnanzi ad egli, come se la sua aura mi facesse percepire la sensazione dell'inutilità.  

Scappa.  Pensai tra me e me. Ma uno dei ragazzi, con due braccia forti, ma ossute, mi presero in braccio e mi imbavagliarono, mentre tentavo di urlare e scalciare. Quel ragazzo, intanto, con quel ghigno malefico che stavo iniziando ad odiare, mi fissava soddisfatto di come si stessero svolgendo i fatti. Io la preda e lui il predatore. 

Poi di nuovo il buio.

*Writer's pov*

Il ragazzo fece ingresso in quella specie di stanza all'interno di un grande albero cavo, dove vi era Jane, addormentata in un letto composto da paglia, rami e foglie. La osservava dormire, come se fosse l'ultimo tramonto di una terra amata, senza nessun sorriso malvagio sulle sue labbra.

Lei gli serviva, non poteva permettersi di lasciarsela fuggire. La sua vita dipendeva da lei.

Jane iniziò a stropicciarsi gli occhi affaticati, guardandosi attorno spaventata, finche il suo sguardo non si posò su di lui. Si mise seduta di scatto, come se lui fosse una minaccia. Ma al momento sembrava non lo fosse.

"Cosa vuoi da me? Per quale motivo mi trovo qui e chi sei tu?!" Esclamò in preda all'ansia.

"Giusta osservazione, in effetti non mi sono ancora presentato, che sbadato...- si avvicinò a lei sorridendo- io sono Peter. Peter Pan."

Il cuore le saltò in gola. Come poteva essere possibile? Peter Pan era una favola, il bambino che lottava valorosamente contro il crudele Capitan Uncino, il bambino che non voleva crescere, i bimbi sperduti, la sua continua voglia di giocare, l'angelo dei bambini.

Quello era tutt'altro che un angelo. Quello era un demone spietato. 

"Non può essere...-esclamò lei pietrificata, balzando in piedi- tu...tu non esisti..."

"Dolcezza, penso che gli adulti ti abbiano messo in testa cose davvero assurde. M non credo abbiano importanza, dato che ora non puoi più scappare."

"Cosa ti fa pensare che risponda ai tuoi ordini? Io non starò qui nemmeno se tu mi implorassi in ginocchio?". Finì la frase e d'improvviso si ritrovò con le spalle al muro con il viso di lui a meno di qualche centimetro dalle sue labbra. 

"Tu non hai proprio idea di chi tu abbia davanti, dolcezza. Ti conviene obbedire, se hai intenzione di vivere ancora per molto. O farai la fine delle povere persone innocenti a cui hai tolto la vita tu stessa..."

Jane era paralizzata. 

"Co-come diamine fai a saperlo?"

Lui si fece ancora più vicino alle sue labbra, sfiorandole.

"Semplicemente perchè sono stato io a ordinarti di farlo..." sussurrò ghignando.

*Jane's pov*

Era tutto chiaro. La maledetta voce nella mia testa era la sua. Lo spinsi lontano da me con tutta la rabbia che avevo in corpo, mentre gli occhi iniziarono ad inumidirsi di lacrime.

"TU...! TU MI HAI RESA UN MOSTRO! UN'ASSASSINA SPIETATA! MI HAI COSTRETTA AD ISOLARMI DAL MONDO!!" Urlai.

Non potevo crederci. 

"Prendila da un'altro punto di vista...- disse, passandosi una mano tra i folti capelli castani- sono stato io a nascondere tutte le tracce e a fare in modo che nessuno ti scoprisse, dolcezza."

Le cose iniziarono a venire a galla. In ogni omicidio che commettevo, le tracce sparivano inspiegabilmente. Almeno ora sapevo la verità.

Rimasi in silenzio, sensa sapere che cosa dire, se ringraziarlo per non avermi fatto catturare o cercare di picchiarlo per tutte le cose orribili di cui ero responsabile, meglio, mi aveva costretto a fare.

Ingoiai il groppo che mi si era formato in gola per evitare di scoppiare nuovamente a piangere dinnanzi a lui e mi accasciai a terra, sconvolta. Alzai la testa per guardarlo, ma sparì prima che me ne accorgessi, senza il minimo segno.

Perchè io? Perchè proprio io tra 7 sette miliardi di personi presenti in questo mondo? Sempre se mi fossi trovata ancora lì. 

Le lacrime non ne volevano sapere di rimanere negli occhi, iniziando a grondare da essi in modo tale da non riuscire a fermarle. Mi alzai e tornai su quella sottospecie di letto, rassicurandomi del fatto che fosse solo un sogno.

Ma dentro di me, sapevo che non lo era.


To be continued...

Heeey guys, sono di nuovo qui con la flebo nelle vene per trovare un briciolo di decenza per questo capitolo, ma hey, va tutto bene. Spero che possiate non buttare il cellulare o il computer dalla finestra appena avrete finito di leggere, percioooo bye everyone <3 Bacioniii

Laura Maria

Connected. #Wattys2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora