Le foglie degli alberi cominciavano già a colorarsi di rosso, giallo e marrone. La strada si allungava attraverso le campagne, regalandomi quadri di inaudita bellezza. Sulla destra, verso Est, sconfinati campi di grano autunnale dipingevano la terra di un oro caldo e brillante; a sinistra, invece, i domini di Cardonia mostravano i boschetti di pere e le grandi querce argentate. Per un individuo nato e cresciuto al Nord, sulle fredde montagne, il paesaggio poteva essere qualcosa per cui valeva la pena compiere il viaggio. Ma io ero un Cavaliere e non potevo soffermarmi ad ammirare le meraviglie di Lyss.
Il castello di Myr distava ancora diverse miglia. Prima di entrare nel territorio governato da Borony III, dovevo necessariamente fare tappa al villaggio Cardoniano di Merella. Era gente abbastanza tranquilla, dedita all'agricoltura e all'allevamento dei maiali pezzati. Purtroppo, stando alle informazioni raccolte durante i miei studi sulla geografia e la storia di Lyss, Merella era da sempre flagellata dalle scorribande degli orchi neri. Giungevano di notte, appiccavano fuochi e rubavano il bestiame. Non uccidevano spesso, ma non si facevano scrupoli a terrorizzare e ferire le persone. Odiavo quel tipo di mostri. Re Borony non aveva abbastanza uomini da stanziare in un villaggio così lontano e di certo non si preoccupava per gli orchi neri: aveva minacce più serie a cui far fronte.
Merella era facilmente riconoscibile in lontananza e la strada curvava proprio in quella direzione. Basse casupole di mattoni facevano da cornice ad un modesto palazzo pretorio con un'unica torre di guardia. Tutt'intorno si ergeva una palizzata fatta di tronchi di quercia e fascette di giunco. Una misera difesa per le asce e i martelli degli orchi.
Mi avvicinai all'entrata principale del villaggio sotto gli occhi attenti di alcuni contadini che zappavano il terreno. Ai lati dell'accesso, privo di portone, sostavano due guardie vestite con armature di cuoio leggero. Portavano lancia e scudo. Erano vecchi, troppo vecchi per le armi. Il più anziano, un uomo dalla pelle olivastra e la barba scura, mi venne incontro.
« Salute, Cavaliere di Alabastro. Cosa ti porta a Marella? » domandò con aria stanca. I suoi occhi indugiarono oltre le mie spalle e si rattristarono quando constatarono l'assenza di altri Cavalieri. La guardia, probabilmente, coltivava ancora la speranza di ricevere un aiuto militare dai regni vicini.
« Sono di passaggio. Chiedo il permesso di sostare per fare rifornimento e riposare le gambe, prima di ripartire alla volta di Myr. »
Non potevo far nulla per quella povera gente. Una lama solitaria era come un secchio d'acqua su un grande incendio: serviva soltanto a creare altro fumo. L'anziano soldato chinò il capo in segno di rispetto nei confronti del mio rango e si scostò per lasciarmi passare. Anche l'altra guardia piegò la testa e abbassò la lancia. Un'entrata trionfale per un Cavaliere. Mi avrebbero dato tutto ciò di cui avevo bisogno, dal cibo agli indumenti. Come Cavaliere di Alabastro, possedevo maggior privilegi anche del loro signore, che sicuramente era un contadino eletto dalla gente per svolgere i compiti di governatore. Merella si trovava in una posizione talmente sfortunata da non aver diritto nemmeno ad un funzionario del regno.
L'interno del villaggio era come lo avevo immaginato, sobrio e povero. Non c'erano piazze e nemmeno taverne. L'unica zona che prometteva ristoro ai viaggiatori consisteva in una piccola costruzione di legno situata ai margini esterni degli abitati. Il proprietario, una donna magra e dai capelli sciupati, fece il possibile per farmi accomodare. Mi diede addirittura la sua stanza che, per lo meno, aveva un letto imbottito di piume. Mangiai pane accompagnato da formaggio di capra, poi mi concessi un momento per riposare. Lasciai l'armatura e la spada accanto alla porta. Mi addormentai profondamente. E sognai.
Faceva freddo. La tormenta non si placava da giorni e le vie erano cosparse di neve fresca. Qualunque viaggiatore, impavido o meno, avrebbe desistito dinnanzi all'implacabile voce della montagna. Non i Cavalieri. Come recitava il Codice, "ricordati di pregare, anche durante le tempeste, le nevicate e i giorni bollenti". Non avevo vissuto un singolo giorno bollente da quando possedevo memoria, ma di tempeste e nevicate ve n'erano state in abbondanza. E la preghiera era sempre stata fatta, con il capo rivolto verso il Sacro Tempio, mentre le sferzate gelide intorpidivano gambe e braccia. Ogni volta, rigido come il clima del Nord, c'era mio padre; risoluto, inamovibile, mi concedeva la forza per svolgere il mio dovere. Anche se tremavo e avevo paura di morire assiderato, il suo profilo marmoreo sapeva di protezione e calore. Era solo una sensazione, in realtà. L'energia per resistere scaturiva dal mio cuore e dalla mia mente. Così mi sussurrava lui, tra una canzone e l'altra, alla sera, accanto allo scoppiettante focolare di casa.
Ma il tempo dei preparativi era giunto al termine. Con la nuova tormenta nasceva anche un nuovo Cavaliere di Alabastro. Per l'occasione erano discesi dal monte ben quattro compagni d'arme, accuratamente bardati per la cerimonia. Mi attendevano davanti all'uscio, le spade unte di grasso per non farle congelare. Sir Remin, protettore dei testi antichi; Sir Ludwig, mastro di scherma ed erudito; Sir Ghalavant, sapiente del Codice; Sir Melphene, trascrittore delle lodi agli dei. Le pellicce di montone che portavano sulle spalle erano incrostate di ghiaccio, eppure nei loro occhi non c'era nemmeno una piccola traccia di affaticamento. Avrei fatto il viaggio d'andata scortato da loro e il ritorno da solo, come novizio dell'Ordine. Nemmeno mio padre aveva il diritto e l'onore di accompagnarmi fino alle stanze del tempio.
Avevo indossato l'armatura all'ultimo momento per evitare di sudarci dentro. L'elmo, invece, era sulla mia testa già da un po' di tempo e cominciava a pesare. L'elmo della casata Uradel, con l'albero d'inverno inciso sulla calotta.
Le mani tremavano mentre aprivo la porta della mia dimora. Il vento gelato m'investì subito e senza clemenza, rammentandomi ciò che mi aspettava oltre il riparo delle mura del villaggio. Nessuno assisteva alla partenza, come da tradizione, eccetto i quattro cavalieri giunti dal Tempio di Alabastro. Il più anziano, Sir Ghalavant, si fece avanti e mi offrì un braccio: era la richiesta di soccorso, il primo passo di un cammino senza ritorno. Allungai di rimando il braccio destro, cingendo il brocchiere tra una folata e l'altra. Non avrei mollato quella presa per tutto il percorso tra le montagne, sostenendo il fratello Ghalavant con la mia forza e le mie gambe.
Terminato il congiungimento, Sir Ludwig indossò l'elmo - una replica perfetta di quello che portavo io - e si mise al mio fianco. Recitò quindi la Canzone del giuramento Princep, con voce cristallina.
« Galoran Morian, la morte è tua compagna! »
Ci spostammo. Sir Ludwig davanti a fare da apripista, io al centro con il fardello di Ghalavant, Sir Remin e Sir Melphene a chiudere il corteo. Superammo in fretta la palizzata di legno del villaggio, inoltrandoci nella selva di rocce acuminate della Via d'Alabastro. Quattro ore di cammino, tra la tormenta e i pericoli della natura, ci separavano dalla nostra meta. Nessuno avrebbe cantato tra le montagne, con il rischio di causare valanghe, ma ai Cavalieri non faceva paura la morte. E io cantavo con loro, sorreggendo il vecchio compagno d'arme con tutta la forza che avevo in corpo. Le braccia già dolevano, il fiato si condensava davanti agli occhi.
« Ora giura! Giura che non ti piegherai alle emozioni, ai sentimenti, alle paure! »
« Non mi piegherò alle emozioni, ai sentimenti, alle paure! »
Non facevano caso al mio respiro accelerato. Non mi avrebbero aiutato se fossi caduto. Era la mia iniziazione.
« Giura che la tua spada sarà al servizio del popolo, che la sua lama risplenderà nell'oscurità! »
« La mia spada...sarà...al servizio del popolo... » il braccio di Ghalavant pesava una tonnellata « ...la mia lama...risplenderà nell'oscurità! »
« Giura che la tua voce sarà pura, incorruttibile e priva di menzogna! Giura che combatterai il male e i demoni della notte! »
« La mia voce sarà pura...incorruttibile...priva di menzogna... »
Combatterò il male e i demoni della notte.Quando mi svegliai, tutto andava a fuoco.
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La Caduta di Alexander
FantasyDel mio codice non ho vergogna o rimorso, sulla via del giusto e della radiosa fede è il mio cammino, sorretto dal pensiero di un confortante percorso, scalo la montagna e cerco la vetta sul finire del mattino. Tinta la mia lucida spada di rosso e f...