Un atto di fede

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Ero sommerso da erbacce, arbusti e ramoscelli, ferito e lacerato in alcuni punti. Non m'importava. Osservavo, con la testa inclinata sul terriccio umido, i piedi scalzi di Elizabeth. E riflettevo. Ricordavo, finalmente, dove avevo sentito il nome di Daratan: me ne aveva parlato mio padre, molti anni addietro, durante una tormenta. Il "Cavaliere Rinnegato della famiglia", così lo aveva definito; cancellato dall'albero perché troppo disonorevole, troppo meschino, troppo brutale. Daratan era mio fratello, lo sentivo...lo sentivo nel profondo del cuore, anche se mio padre non aveva mai confermato la cosa.
I piedi di Elizabeth si avvicinarono. Percepii il suo tocco delicato sulla schiena, le mani che tentavano di risollevarmi. Ma non volevo alzarmi, non volevo più continuare quella sciocca fuga. Non insieme ad un mostro.
Il mio campo visivo fu poi oscurato da un paio di stivali ferrati. Sollevai appena lo sguardo per non doverli fissare a lungo. Nella mente vorticavano pensieri, maledizioni, rimpianti, congetture. Dov'era stato tutto quel tempo? Cosa aveva fatto? Quando se ne era andato dal Nord?
« Ti ha detto chi sono? » domandò Daratan.
Mi risollevai di scatto, portando un braccio davanti ad Elizabeth. Indietreggiai nella foresta, costringendo anche lei a farlo.
« Dovevo fidarmi del mio istinto. Non proseguiremo questo viaggio in compagnia di un senza-re. »
Non volevo definirlo "fratello" perché mi avrebbe fatto troppo male. In verità non lo conoscevo nemmeno, non ero legato al suo destino. Eppure la cosa mi lasciava inquieto, sporco.
« Perché ti sei disturbato a liberarmi? Non hai alcun debito nei miei confronti. » sibilai, minaccioso.
Daratan, con assoluta calma, si tolse il cappuccio dalla testa. Sotto al manto c'era un viso scuro, pieno di cicatrici, una barba incolta e nera, due occhi talmente azzurri da sembrare ghiaccio. I lunghi capelli neri erano raccolti dietro la nuca.
« Siamo tutti dei senza-re, Alexander. »
« Non ti permetto di utilizzare il mio nome, feccia. »
Insultarlo, in qualche modo, mi faceva sentire dalla parte del giusto.
Gli occhi di Daratan si abbassarono, esprimendo una sofferenza talmente grande da farmi rabbrividire. Solo dal viso si poteva capire quanto male aveva patito durante la sua vita da reietto.
« Non sono ciò che credi, Alexander. » disse, quasi malinconico « Non ho mai tradito l'ordine di Alabastro e nemmeno gli insegnamenti di nostro padre. Non ho scelto io questa vita. »
« Menzogne! » inconsapevolmente avevo portato una mano sull'elsa di Ambrinxer « Mio padre ti ha definito un mostro! Hai massacrato la gente di quel villaggio...gente innocente, donne, bambini, anziani...non erano soldati! »
« LA GUERRA... »
Daratan avanzò di un passo. La sua figura imponente pareva ancora più massiccia nel fitto della foresta.
« Tu non sai che cos'è la guerra. Non sai quali sacrifici bisogna compiere per vincerla, per garantire a tutti una speranza! » tuonò il gigante, furente.
« Preferirei la morte, piuttosto che macchiarmi di crimini come il tuo! »
« Non ho ucciso quella gente, Alexander! Tutto ciò che ti ha detto nostro padre lo ha fatto per proteggerti, per lasciarti fuori dai complotti che ora stanno emergendo in questa terra. »
Daratan sospirò. « Il re è morto, già da un pezzo. »
« Lo so. »
« Allora sai anche che tutti i principi che reggevano Myr, la Legione Bianca e i Cavalieri sono stati divorati da un'oscurità senza nome. »
Non riuscivo a capire. Sir Nicholas aveva detto che gli orchi erano liberi al Sud e che i signori dei feudi stavano facendo ciò che volevano. Un colpo di stato, quindi. Ma cosa intendeva Daratan con un'oscurità senza nome?
« Stai cercando di confondermi? »
« Sto cercando di aprirti gli occhi. Ora sei abbastanza maturo per accettare l'idea che questo regno è in rovina. Dimenticati tutto quello che pensavi di trovare nel Cavalierato, alla capitale o negli eserciti regi. Non c'è più niente. »
« Al Nord nessuno mi ha... »
« Il Nord è inespugnabile, al momento. Gli Orchi stanno lentamente e inesorabilmente avanzando dalle terre buie. Sai perché nessuno li ferma? »
« Perché la Legione Bianca è stata distrutta. »
« No, quello è solo un tassello del rompicapo. C'è qualcosa di peggiore che si muove all'interno delle terre degli uomini. Una creatura subdola, viscida, che ha riempito di ragnatele le menti dei signori e dei soldati. Un negromante. »
Avevo già sentito parlare di negromanti. Erano umanoidi dall'aspetto bizzarro, più alti e sottili dei normali esseri umani. Vivevano in una regione sperduta nelle terre inesplorate, cantando alla luna e professando una religione violenta. Si diceva, addirittura, che fossero in grado di resuscitare i morti.
« Tutto questo non ha rilevanza. » dissi, stoico « Non con il tuo tradimento, almeno. »
« Ho dovuto rinunciare alla mia identità per svanire agli occhi del nemico. Io sono il custode dell'unica arma in grado di sconfiggere la morte. »
Un'arma? Sconfiggere la morte? Tutto quello non aveva senso.
Improvvisamente si udì il suono cristallino e prolungato di un corno da caccia e il latrato lontano di alcuni segugi. Tutti e tre ci guardammo intorno sorpresi e allarmati. Dalla foresta alle nostre spalle provenivano voci altisonanti e il frastuono di rami spezzati.
« Ci hanno tracciati. » sussurrò Daratan. Allungò quindi una mano ricoperta di guanto nella mia direzione. « Vieni con me, fratello. Ho bisogno della tua forza. »
Rimasi immobile e guardai Elizabeth. La sua espressione narrava spavento, tentennamento e confusione, ma i suoi occhi erano colmi di luce. Lei mi avrebbe seguito a prescindere dalla mia decisione.
E io non sapevo cosa fare.
« Non ho nulla, al di fuori delle parole, per convincerti a seguirmi. Ma se non riesci a fidarti di me, almeno fidati del tuo cuore. » disse Daratan.
Il mio cuore. Cosa diceva il mio cuore? Ne ascoltai il battito, accelerato per la tensione del momento. Una parte di esso suggeriva di scappare e proteggere Elizabeth, oppure di voltarmi e combattere per il mio onore; un'altra parte, invece, mi diceva che la situazione era troppo strana e contorta per non essere vera.
Fissai mio fratello. Un bravo ingannatore avrebbe potuto mascherare le proprie emozioni e le proprie paure. Eppure la speranza e la fede di Daratan mi parevano sincere, addirittura genuine. Dovevo mettere da parte i pregiudizi e guardare più a fondo nella storia.
Forse...forse per quel motivo mio padre diceva sempre che il cavaliere era l'uomo che percorreva il tremendo cammino del sacrificio per un fine superiore. Voleva prepararmi a questo momento.
E Forse per quel motivo mio nonno aveva cercato di fermarmi, di interrompere la mia iniziazione: aveva timore di ciò che avrei trovato sulla strada della guerra.
« Dove andiamo? » chiesi, alla fine.
Daratan sorrise. Un sorriso radioso.
« Da Tor'Kha, il forgiatore. »

La Caduta di AlexanderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora