Il nome

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« Sette. Ventisette. Una qualche maniera per farlo, in fondo. Possibile? Possibile che sia tutto così difficile? Dell'altra cinta di mura si conosce solo un'immagine e nemmeno quella. Un'ombra, relegata nel pensiero, fonte di speranza e tremito. Sette. Trentasette uomini sono pochi. Oppure sono tanti, ma non m'importa. Chi assalta il portone? Ah, il mercenario con l'ascia di diamante! Secondo me cinquantasette sono davvero pochi. La balista sulla torre Nord ha una protezione. Possiamo scavalcarla con delle scale. Non abbiamo corda? Cosa ci serve la corda? »

L'occhio frenetico di Wilson scattava a destra e a sinistra, disegnando ghirigori invisibili nell'aria. Le gambe tremolavano e sembravano in procinto di cominciare una corsa molto lunga. I pezzi di armatura, mal posizionati su tutto il corpo scheletrico, cigolavano ad ogni movimento dei muscoli rinsecchiti.

« Sette. Trentasette. Manca il tempo e stiamo morendo tutti. Sono arrivati i rinforzi? No? Che diavolo stanno aspettando, dannazione! Porta un messaggio là, sulla montagna...digli che siamo in arrivo. Questa strada è troppo corta per raggiungere il promontorio, meglio raccogliere le armi e salvare un paio di legni. Altrimenti non avremo nulla per scaldarci durante l'inverno. Sette. Sete. Qualcuno ha dell'acqua? La brace si sta spegnendo e dobbiamo indicare la nostra posizione. »

Nell'armeria regnava il solito caos. Soldati andavano e venivano, comandanti infastiditi controllavano con minuzia lo stato delle lame e garzoni di poca esperienza cercavano in tutti i modi di tenere in ordine le picche in base alla misura del manico. Di tanto in tanto cadeva uno scudo rotondo dal supporto in legno, producendo un suono metallico decisamente fastidioso.
Wilson stava seduto in un angolo dell'armeria, con la testa calva che ciondolava seguendo il ritmo dei lavori. Nessuno badava a lui, fatta eccezione per quei pochi cadetti che ancora non lo conoscevano. Un ragazzo imberbe, appena entrato a far parte della Legione Bianca, stava cercando un elmo adatto alla forma del suo cranio. Wilson lo notò e, con uno scatto inaspettato per la sua età, gli afferrò con forza il braccio. L'unico occhio sano del vecchio, di un blu elettrico, si spalancò improvvisamente.

« Sette. Ho sette motivi per intendere ciò che dici. Sette pene e sette ferite. Quali sono? Non te le dirò, non sono di tuo interesse. Anzi, lo farò. Un buco nell'anima, perché l'ho perduta; un taglio nel cuore, perché mi è stato precluso; una botta sulla spalla, perché combatto con la rabbia; una lacerazione sul piede, perché il mio cammino è storpio; una freccia nel cervello, perché non riconosco me stesso; una lama nel fianco, perché sono stato tradito molte volte; infine...non ricordo. Ho come una ferita nella memoria. »

L'anziano soldato lasciò andare il braccio e tornò a sedersi di malavoglia, senza più degnare di uno sguardo la recluta. Il ragazzo, spaventato e al tempo stesso confuso, si rivolse ad un compagno di accademia che ridacchiava poco distante.
« Ma che ho fatto? » domandò incredulo.
L'altro, ancora preda delle risate, impiegò qualche istante per rispondere.
« Dovresti vedere la tua faccia. Sembri appena uscito da un incontro ravvicinato con un drago di palude! »
« Che ho fatto? » ripeté il ragazzo.
« Non devi preoccuparti. Il povero Wilson, qui, è reduce di indicibili scontri con orchi e lupi mannari delle Terre Nere. Sta solo cercando un poco di attenzione. »
« È pazzo, praticamente. »
L'altro si fece più serio e smise di ridacchiare.
« Sì, probabilmente è impazzito. Lo saresti anche tu dopo aver perso tutti i tuoi compagni in guerra. »
« Ma perché lo tengono qui? Ci sono molti ospedali in città... »
« Per rispetto. E poi a lui non piace la vista del mondo, preferisce l'armeria. »
« Ha perso anche la vista, oltre la ragione? »
« No, solo l'occhio sinistro. Pare sia stato durante una battaglia con le Armate Tribali del Sud. Non ricordo il nome dell'orco che gli ha procurato la ferita...era un grande capotribù, se non sbaglio... »
« Kaborronur. » bisbigliò improvvisamente Wilson.
I due cadetti fissarono, sorpresi, il volto martoriato del vecchio soldato.
« Che vuol dire quella parola? »
« Non so. Starà delirando di nuovo. Dai, il comandante ci aspetta per il turno di guardia. »

Nessuno badava a Wilson. E nessuno, nemmeno i garzoni che abitualmente lavoravano all'armeria, si erano accorti del suo ossessionato interesse per un trofeo di guerra appeso al muro.
Un brandistocco.  

La Caduta di AlexanderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora