14 Perdita

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Sono in camera ad ascoltare la musica ed è già buio fuori.
Mi domando se Dan stia pensando a me, come sto facendo io.
Mi raggomitolo sul letto guardando fuori dalla finestra.
E se lui venisse adesso a riscaldarmi con un suo abbraccio?
Mi rendo conto di una cosa.
Ho bisogno di amore, di affetto.
Ho bisogno di colmare il vuoto nella mia anima. So che dan è l'unico che può riempirlo:
mia madre è sempre in giro per il mondo, mio padre ha tanto lavoro da svolgere. Sono più libera senza genitori che mi controllano sempre, si , ma essere liberi non significa essere "pieni". Pieni di affetto, emozioni, esperienze.

Mi metto sotto le coperte cercando di addormentarmi quando sento un urlo provenire dal salotto.
Mi fiondo di sotto: mio padre sta piangendo.
Non l'ho mai visto piangere, per me è scioccante.

"P-papá?"

Si mette le mani sopra la faccia.

"Aubrey" mi abbraccia.
Non so cosa stia succedendo ma non gli faccio domande.

Si mette in ginocchio davanti a me.

" La mamma è... è morta."

Il cuore perde un battito, poi inizio a respirare male.
Mi butto tra le braccia di mio padre.

"Ma .... Come??" le lacrime iniziano a scendermi.
Spero sia solo un brutto incubo.

"Ha preso una rara malattia africana, non sono riusciti a curarla in tempo."

Lascio che degli urli di disperazione si diffondino nella stanza. Non può essere vero.

...

6:59 a.m.

Non ho dormito per tutta la notte.
Ho pensato che fosse solo un incubo e che al mio risveglio sarebbe tornato tutto alla normalità. Ma il mio risveglio non c'è mai stato, così come l'incubo.
Non ci penso neanche ad andare a scuola, mentre mio padre è costretto ad andare a lavoro; già lo sento che si sveglia e va a prendere il giornale.
L'amore della sua vita è ormai in cielo e lui non può far altro che mettere il dolore da parte e continuare a vivere e lavorare per la sua famiglia o meglio dire... Per me.
È probabilmente l'unico uomo che odieró di più a morte e che amerò più della mia stessa vita.
È mio padre e mi fa male vederlo così, ma non posso farci niente.
Prendo le coperte con le mani e lo stringo fortemente.
Stavolta ho perso una persona, non una semplice persona, ho perso mia mamma... Quella con qui parlavo poche volte alla settimana e che ammiravo stando spesso dall'altra parte del mondo.
E l'ho persa per sempre. Stavolta la distanza è metaforica. Non si raggiunge con una macchina, treno o aereo che sia. Se n'è andata da questo mondo.
Quanto avrei voluto conoscerla meglio.

Sprofondo nel letto, ora sono ancora più sola. Guardo il braccialetto che ho al polso e mi viene da piangere.

2:02 p.m.

Non ho pranzato, non ne ho bisogno e non ne ho voglia.
Mi accendo una sigaretta andando a sedermi sulla finestra della mia camera. Le mie gambe penzolano giù verso il piccolo vialetto di casa.
È una finestra grande e non ho paura di cadere.
Inizio a piangere.
Cosa accadrebbe se mi buttassi giù? Magari non da qui, ma dal tetto di un palazzo...
Chi rimpiangerebbe la mia morte?

Penso che sia molto igoista questa domanda e mi odio.

"So pensare solo a me stessa" dico tra un singhiozzo e l'altro.

Decido di non buttarmi giù da un palazzo. Se devo farmi del male voglio che sia lento, doloroso ma soprattutto che non provochi la mia morte. Perché questo significherebbe lasciare mio padre da solo.
Faccio un tiro e di scatto rivolgo la barte bruciata della sigaretta verso il mio avambraccio.
È come farsi un taglio, con la differenza che non ti tagli, ma ti bruci e anche tanto.
Finisco la sigaretta e ne accendo un'altra. La scaravento verso la mia pelle, stavolta sulla gamba, poi sulla spalla.
Sento il fuoco entrarmi nelle ossa quando lo faccio. E non è una brutta sensazione: so che mi sto punendo ma so anche che non sto facendo niente di "mortale".
Mi tolgo dalla finestra e prendo un appunta matite dal comodino, lo butto sul muro e si apre in due, prendo la lama. Mi sento attratta dal dolore che provoca. Mi guardo allo specchio.
Mi sento proprio una merda, ma non riesco a fermarmi.
Mi passo la lama al centro delle labbra, mi sfiora.
La ripasso poco più decisa, ora mi sono tagliata le labbra.
Guardo il mio avambraccio.
Passo la lama sulla bruciatura di sigaretta. Fa molto più male.

Sia chiaro, lo sto facendo per il disastro che sono. Non per te, non sentirti in colpa .

Dico rivolgendomi a mia madre in cielo, spero che mi abbia sentito.

Altre lacrime mi rigano il volto.
È uno di quei pianti di cui non sai nemmeno il motivo, perché di motivi ce ne sono tanti.
Sento dei leggeri rumori, stanno entrando dei leggeri sassolini in camera mia.
Ho già capito chi è...

Autrice: capitolo molto doloroso ed emozionante vero???! sto morendo di sonno, ma mi sono impegnata molto nello scrivere queste frasi.
Preso che il capitolo vi sia piaciuto💖

Distance. (Dan Smith)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora