Capitolo dodici.

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Come la sera passata avevamo ordinato una pizza e ci eravamo messe a guardare un film, ma stavolta Camila non era crollata nel sonno più profondo, anzi eravamo riuscite a guardare tutto il film, insieme. -Ehi, amore. Andiamo di sopra?- Chiese, spegnendo la tv. -Certo.- Le sorrisi.
Andammo di sopra, indossai uno dei pigiami che avevo portato e mi misi a letto accanto a lei. -Hai sonno?- Mi chiese. -No, tu?- Le chiesi, in risposta. -No.- Staccai lo sguardo dal soffitto e mi rivolsi a lei. -Ho un brutto presentimento.- Le confessai. -Sta tranquilla, ci sono io qui.- Sussurrò, prendendomi la mano. Strinsi di più la sua mano. -Sai una cosa?- Le chiesi. -No.- Disse, in risposta. -Quando mi hai preso la mano a casa di Dinah, e mi hai portato fuori da lì, è stato un po' come dice quella frase "Mi ha preso per mano e mi ha portata a vedere quanto fosse bella la felicità".- Le sussurrai, avvicinandomi di più a lei. Lei mi guardò negli occhi e sorrise. -Sei così bella.- Mi disse. -Senti, Camz. Non so quanto ancora durerà questa felicità, ma prima che tutto questo finisca, voglio fare l'amore con te. Ne sento il bisogno.- Le dissi. -Sempre che tu lo voglia, ovviamente.- Continuai. -Certo, Lauren. Io voglio fare l'amore con te.- Mi disse, sorridendomi. -Ma levati dalla testa che tutto questo finisca, voglio che tu stia bene. Sentiti a tuo agio con te stessa, per una volta.- Continuò. Le sorrisi. -E' più forte di me, però sappi che star con te mi fa star bene, in un modo che tu nemmeno immagini. Non immagini neanche quanto bene mi fai, Camz.- Sussurrai. Lei prese il mio viso tra le mani e lo avvicinò al suo, poi mi baciò dolcemente. -Devi sapere una cosa, io...sono vergine.- Sussurrò, staccando il bacio. -Ehm, non è un problema, insomma, farò attenzione, ma sei proprio sicura di voler perdere la verginità con me?- Chiesi, un po' scossa. Era un po' una responsabilità, per me. -Sì, Lauren, credimi, non voglio perderla con nessun'altro, se non con te, perché ti amo. Come non ho mai amato nessuno.- Disse, guardandomi negli occhi. La baciai, e lentamente scesi a baciarle il collo, lasciandole dei dolci baci e facendole un succhiotto. Le sfilai la canottiera che indossava ed anche i pantaloncini. Rimase solo con gli slip. -Sei sicura allora?- Chiesi, ancora. -Sì.- Mi sorrise. Le sfilai lentamente gli slip ed iniziai a giocherellare con il suo clitoride. Lei mi prese la mano e fece incrociare dolcemente le nostre dita. La guardai come per chiederle il permesso ancora una volta e lei annuii. Con la mano libera, entrai pian piano in lei, facendo più lentamente possibile. -Ti amo.- Sussurrò, ansimando. Mi avvicinai a lei e la baciai. Mi accorsi che stava per venire e mi staccai. Mi distesi accanto a lei e le strinsi la mano. -Sei la cosa più bella che potesse capitarmi, Lauren.- Sussurrò. Io le sorrisi e poi la baciai. -Anche tu.- le dissi.

***
Erano le cinque del mattino ed io ero distesa su questo letto e continuavo a guardare il soffitto. Pensavo. Dinah si sarà già accorta che non ci sono? Si starà chiedendo dove sto? Mi lascerà in pace o tornerà? Tutto questo continuava a tormentarmi da quando ero qui. Questa felicità sarebbe durata? Perché avevo così tanta paura della felicità? Paura che tanto, non sarebbe durata a lungo e che sarebbe successo qualcosa. Poi, penso ai miei genitori. Non li vedo più da anni. Dove sono? Saranno ancora lì? Saranno ancora vivi? Perché non mi hanno più cercata? Gli importa ancora di me? Si sono pentiti di avermi cacciata via? Si staranno chiedendo che fine ho fatto? Chi sa se stanno ancora insieme, ricordo che per tutta la mia infanzia non facevano altro che litigare e litigare, però stavano insieme, perché forse preferivano litigare che essere felici con qualcun'altro, durante la mia adolescenza era cambiato tutto, loro non erano più così, eravamo 'felici' o almeno così sembrava. Non sono mai stati molto presenti, ma non mi è mai mancato nulla. Ma forse questo mi è servito, a crescere, a diventare la persona che sono adesso. Anche se sono continuamente tormentata, che ho lasciato sempre qualcuno decidesse per me, perché io non sono in grado di decidere per me stessa, anche se le cose decise dagli altri non mi andavano bene le facevo ugualmente. Mi mancano, mi manca un po' anche Dinah, la ragazza di cui mi innamorai tre anni fa, quella che mi amava e me lo dimostrava, quella che mi faceva solo stare bene, mi aveva promesso di esserci sempre, di essere tutto ciò di cui avevo bisogno, come a quei tempi faceva, e quando i miei mi cacciarono mi convinse ad andare via con lei, ma mi ritrovai solo a convivere con una persona diversa da quella che mi aspettavo. Però mi accontentavo, mi andava bene. Sono sempre stata una persona che si accontenta, che se una cosa non le va bene fa sì che le vada bene e basta. Rivolgo uno sguardo a Camila ed è così tranquilla e rilassata mentre dorme, vorrei fosse così anche per me; ma infondo, da bambina, non dormivo per le liti dei miei genitori, da ragazza, perché passavo tutte le notti fuori e adesso, perché ho solo incubi su incubi. Perché non posso essere felice come oggi con lei, sempre? Senza essere tormentata, senza aver paura di quello che accadrà dopo. Come tutti. Ma no, io dovevo essere per forza così e dovevo solo farmene una ragione. Infondo però, se anche Camila fosse come Dinah, se anche lei prima o poi si sarebbe rivelata diversa? Se anche con lei, sarò costretta a fingere tra qualche anno? Che ansia. Quante paranoie. Sono arrivata al punto che non mi fido di nessuno, di niente, alle volte nemmeno di me stessa. Vorrei solo che qualcuno mi aiutasse a non pensare troppo in notti come queste, che qualcuno mi aiuti a dormire, che qualcuno mi dia solo tranquillità e non mi faccia pensare a niente. Forse Camila poteva, o forse no. Non lo sapevo. Ormai non ero più sicura di niente.

Stanza 147. // CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora