3.

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Chloe

Quel pomeriggio primaverile di marzo decisi di andare a casa di Davide ed invitarlo alla festa di compleanno dei miei diciotto anni. Era di sicuro il primo passo per poterlo avvicinare a me e poi sarebbe stato magnifico festeggiare anche con lui.

Avevo mille pensieri, mille emozioni e tanta paura.

La paura di rivederlo dopo un po' di tempo, la paura di poter crollare soprattutto moralmente e la paura di una risposta che non volevo ricevere.

E se mi avesse detto di no? Che era con un'altra ragazza giusto quel giorno?

O se direttamente mi avesse chiuso la porta in faccia perché non gliene fregava un fico secco? Oddio, quanta vergogna che avrei provato.

Ero davanti la sua porta e fra tutti quei pensieri, trovavo sempre di meno il coraggio di suonare al campanello, certo, fare avanti e indietro sul pianerottolo non mi avrebbe aiutata e nemmeno salire e scendere le scale. Ma volevo realmente che lui ci fosse.

Però, forse era meglio tornare qualche ora dopo, magari avrei preso più sicurezza.

Era meglio andare via.

Decisa ad andarmene, non feci nemmeno in tempo a girarmi verso le scale che quella porta si aprì. In quella casa abitavano diverse persone; poteva uscire Umberto il padre di Davide, o Esmeralda la matrigna e invece no, lì davanti c'era proprio lui.

L'amore della mia vita aprì la porta quasi con ferocia.

Il suo sguardo stupito mentre il mio...terrorizzato! Ero fregata.

Cosa ci facevo davanti casa sua? Potevo dire che stavo facendo una passeggiata e mi ritrovavo casualmente sotto al suo palazzo o che mi ero persa o semplicemente dirgli la pura verità. Sì, dovevo dire il vero motivo per cui stavo in quel posto, anche perché ero una persona corretta e dovevo essere sincera.

«Chloe? Ma cosa ci fai qui?» si chiuse la porta alle spalle.

«Davide! Che coincidenza. Sono appena stata da una mia amica del liceo che abita al piano superiore.» Che tremenda bugiarda.

Spostò lo sguardo da un'altra parte e sorrise, quasi prendendomi in giro.

Mi era mancato non so quanto vedere il suo sorriso. Quella bocca che tanto desideravo di poter anche solo sfiorare, lentamente si trasformava in uno di quei suoi sorrisi da sogno.

«Davvero? Non ricordavo che in questo palazzo ci fosse una nostra coetanea.»

Alzò le sopracciglia e continuò a sorridere fissandomi. Avrei voluto avere con me una macchina fotografica per immortalare quell'attimo perfetto.

Iniziai a balbettare. «Eh, sì..anche perché si è trasferita da poco, eh.»

Smettila di guardarmi, ti prego.

Davide aveva lo sguardo rilassato e sereno. Quegli occhi marroni fissi su di me e su ogni minimo particolare del mio corpo. Ed io ferma lì, immobile.

Conoscevo alla perfezione quei momenti di totale impotenza, capitavano solo quando mi trovavo a poca distanza da lui. Un nodo enorme in gola, le mani non riuscivano a stare ferme un solo secondo e il cuore...sentivo quasi che stesse uscendo dal petto.

«Fuori è già buio, meglio che vada.»

Non volevo andarmene, sarei rimasta su quel pianerottolo ad osservarlo anche tutta la notte. Ma era diventata una situazione un po' imbarazzante.
-Ti prego, resta con me.- le uniche parole che avrei desiderato uscissero dalla sua bocca.

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