7.

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Davide

Gli sorrise. Lei sorrideva sempre a chiunque. Sorrideva agli autisti degli autobus, ai bambini che giocavano per strada, agli sconosciuti. Sorrideva anche nel bel mezzo del traffico, anche se era in ritardo per entrare a scuola, sorrideva sempre persino alle persone che al mattino le tagliavano la strada, sorrideva anche a me.
Mi sentivo completamente rincoglionito.
Se mi avessero detto che un giorno avrei spiato una ragazza durante un appuntamento, sarei scoppiato a ridere. E invece era quello che stavo facendo.
Seduto nel tavolo sulla parte esterna del locale, con la pizza sul piatto che si era ormai freddata, li osservavo con gli occhiali neri sugli occhi ed il cappuccio della felpa blu alzato.
In modo che nessuno potesse riconoscermi.
Quella mattina, dopo l'ultimo allenamento, mentre facevo la doccia negli spogliatoi, sentii Edoardo che prenotava una cena per due in quel ristorante, non sapevo chi fosse l'altra persona ma avevo notato l'interesse palese che quel ragazzo aveva per Chloe e per sicurezza, decisi di seguirli. Parlavano e ridevano come se nulla fosse, come se fossero davvero una coppia! Sentivo qualcosa che si bloccava all'altezza dello stomaco, qualcosa simile ad un senso di vomito, qualcosa che mi dava un certo fastidio.
Il pensiero che si vedesse con un altro mi logorava dentro, io non volevo che lei condividesse anche solo uno sguardo con una persona che non fossi io, avevo la mente annebbiata dall'immagine di loro due, dalle loro continue risate, dallo sguardo insistente di Edoardo sul corpo di Chloe.
Presi una sigaretta dal pacchetto che avevo in tasca e l'accesi, osservando attentamente le loro facce sull'altro lato del locale. Che cosa voleva da lei?
Ad un tratto lui si alzò dalla sedia e sparì dietro la porta del bagno, ed io come un fulmine spensi la sigaretta e mi precipitai in quel tavolo.
Stava controllando il cellulare, mi misi difronte a lei e fu un attimo. Alzò la testa con lo sguardo perplesso e continuò a fissarmi in cerca di risposte.
Tolsi gli occhiali da sole poggiandoli sul tavolo. «Vieni via con me.»
Non volevo obbligarla a fare nulla, però quella sera doveva venire via con me. Volevo solo che si allontanasse da quel tipo per almeno i prossimi cinquantanni.
«Cosa ci fai qui?» la sua voce rimaneva una dolce melodia in mezzo a quel casino.
Il casino del locale.
Il casino con mio padre e mio zio se avessero saputo quello che mi stava succedendo.
Un gran bel casino.
Il mondo era pieno di casini e rumori. Rumori fastidiosi che magicamente sembravano sparire non appena dalla sua bocca usciva quella sua delicatissima voce che mi faceva sentire in un altro mondo. Un mondo caratterizzato da sorrisi incantevoli e occhi sorridenti.
«Davvero hai interesse per Edoardo?»
«Può essere.»
La sua risposta mi gelò completamente. Il sorriso orgoglioso che prima avevo sul viso si trasformò in una curva all'ingiù. Insomma, cosa mi ero messo in testa? Perché non le stavo alla larga come avevo sempre fatto? Non riuscivo più ad essere razionale. A capire cosa mi stesse succedendo, cosa realmente volevo.
«Avanti, Chloe.» sbuffai. «Sappiamo tutti e due che non è così. Andiamo via.» quasi la scongiurai.
La raggiunsi dall'altro lato del tavolo, attendendo che si alzasse le porsi una mano.
Si guardava intorno, con lo sguardo impaurito. Forse la paura che Edoardo arrivasse, la paura di dover spiegare qualcosa che non aveva voglia di dire, la paura di rimanere in un posto in cui non voleva stare. Mi guardò un'ultima volta, prese il cappotto e la borsa e si alzò velocemente aggrappando la mia mano.
Scappammo via, lasciandoci alle spalle qualcosa che non ci apparteneva.

Si dondolava sull'altalena rossa come fosse una bambina nell'immenso buio di Roma.
La sua spensieratezza, la sua allegria, quel sorriso contagioso che spuntava attraverso i capelli dorati che svolazzavano nel vento di quella sera, ripensandoci, la osservavo appoggiato su un albero con le braccia incrociate, ed ero completamente rapito da quell'attimo. Ogni tanto spostava lo sguardo verso di me e rideva, rideva così tanto da far ridere anche me e niente..non c'era niente di più bello.
Si sollevò da lì e venne verso di me, incrociò le braccia al petto e spostava il peso da un piede all'altro. «Non mi hai ancora detto perché mi hai trascinata fuori di lì.»
«Non ti ho trascinato via da quel locale!» mi abbassai verso di lei. «Non hai saputo resistere al mio fascino, piuttosto.» alzai le sopracciglia soddisfatto.
Sbuffò e spostò il suo corpo dall'altro lato, dandomi le spalle. «Dovresti vantarti di meno. Esistono ragazzi più belli di te, ad esempio Edoardo.»
Quella sua espressione da orgogliosa, i suoi occhi lucidi che continuavano a sorridere.
La corazza non serve se continuano a brillarti gli occhi. «Se è così, perché non torni da lui?» ridacchiai.
Il suo sguardo ritornò a guardarmi. «Piuttosto, tu che ci facevi in quel locale?»
Ci pensai qualche secondo e dopo trovai una buona scusa. «Lo zio Massimiliano mi ha chiesto di darti un'occhiata perché non gli piace quel tipo e non ha tutti i torti.»
-sono stata troppo dura- i suoi occhi sembrava che volessero dire questo e immediatamente la raggiunsi e le accarezzai il braccio. «Puoi anche non dire nulla, ma i tuoi occhi parlano senza freni, te ne sei mai accorta?»
Inarcò le sopracciglia e dopo mi rise in faccia. «E cosa dicono?»
La girai verso di me mentre notai che mordicchiava le tenere labbra. «Che ti dispiace.»
Continuò a ridere. «Dicono altro?»
Grattai i capelli osservando profondamente i lineamenti che si formavano attorno le guance ogni volta che sorrideva. «Sì. Che Edoardo non ti interessa minimamente.»
Fece un applauso come dire -bravo, è così. Adesso sei contento?-. Forse era questo che avevo bisogno di sentire, che mi urlasse in faccia che quel tipo non le interessava ma che comunque io non ero nessuno per intromettermi nella sua vita privata e in quel momento io avrei placato le sue parole con un bacio. Forse era quello che avevo bisogno di fare.
Una, due, tre gocce d'acqua mi bagnarono il viso e i capelli, stava iniziando a piovere forte su di noi! Alzai il cappuccio della felpa per evitare di bagnarmi e mi incamminai verso il motore per tornarcene a casa quando sentii la voce di Chloe che urlò alle mie spalle. «Hai paura della pioggia?»
Mi girai ad osservarla e guardava il cielo con le braccia spalancate ridendo, mentre il viso le si bagnava tutto. «Ti bagnerai tutta!..Torniamo a casa!»
Le presi la mano tirandola lentamente per farla venire con me ma la lasciò e iniziò a girare su se stessa come una trottola continuando a ridere. «Dai vieni! Che cosa aspetti?»
Mi spalancò le braccia per giocare con lei. Era ritornata la bambina che conobbi sette anni prima, gli stessi occhi verdi e l'immensa voglia di ridere, solo qualche anno in più.
Iniziammo a giocare sotto l'acqua come se avessimo dieci anni in meno, ci schizzavamo l'acqua a vicenda, ballavamo sotto la pioggia felici. La presi per le mani e iniziammo a girare su noi stessi, accompagnati dalle nostre forti risate che rimbombavano nel silenzio della notte di Roma. Non mi ero mai divertito in quel modo, senza pensieri, con il sorriso sulle labbra e sugli occhi.
All'improvviso Chloe si buttò fra le mie braccia che l'accolsero inaspettatamente, passai la mano sui capelli biondi completamente bagnati e scesi ad accarezzare il viso. I suoi occhi verdi come lo smeraldo erano dentro i miei castani e la cosa mi piaceva molto. Non avevo mai desiderato il contatto visivo con qualcuno, come con lei, quella sera.
Avete presente come quando guardate qualcuno e sperate solo che questo si giri e vi guardi? Ecco. Ecco cosa volevo quella sera.
«Mi dici perché ultimamente mi stai sempre intorno?..» non le risposi, continuai ad accarezzarle il viso cercando di resistere dalla tentazione di baciarla senza alcun freno.
«Attento, eh! Potresti innamorarti di me!»
Mai, pensai in quel momento. Il corpo si irrigidì appena quelle parole arrivarono alle mie orecchie e il senso di nausea si ripresentò subito sullo stomaco, come ormai accadeva da giorni interi. Forse ero malato, un'influenza temporanea credevo. E invece dopo mi resi conto che era qualcosa che faceva molto più male di un raffreddore.
«Non c'è questo pericolo.» le sorrisi e le accarezzai il viso.
Per quanto mi sforzassi, sapevo che sarebbe stato difficile cancellare quel fantastico sguardo verde smeraldo dalla mente che si ripresentava ancora e ancora.

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