Capitolo III - Secondo Mese (Part II)

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-Lea-

«Magari non vuole dirti cosa gli sta accadendo» Harry fece spallucce mentre era intento a guidare lungo la superstrada per arrivare in tempo all'appuntamento dal ginecologo.

«Perché? Insomma, se è preoccupato per me basta dirmelo, se è in crisi con mamma non mi sconvolgo, e se ha problemi a lavoro si risolve! Perché nessuno mi dice mai le cose?» sbuffai lasciando cadere sulle cosce le braccia che poco prima tenevo in aria come un drammaturgo professionista.

Harry si fece una breve risata per alleggerire la tensione.

«Prova a dargli tempo, magari nemmeno tua madre sa cosa sta accadendo a tuo padre» poggiò una mano sul mio ginocchio mentre guidava tranquillo e indisturbato.

«Se è maschio che nome vuoi dargli?» sbottai cambiando all'improvviso argomento.

Ero in una posizione strana: ero seduta di fianco e riuscivo a fissarlo molto bene.

«Yves» disse semplicemente, sicuro della mia reazione.

«Beh, ne potremmo parlare...» dissi leggermente schifata, non che odiassi quello stilista, ma per un bambino mi sembrava un nome troppo particolare! Già immaginavo il mio piccolo, seduto in prima fila il primo giorno delle elementari, con la maestra che gli chiede di fare lo spelling del nome perché non riesce a pronunciarlo. E poi tutte le abbreviazioni! No! Quel nome era già scartato per me, ma forse potevo pensarci, solo per quel mamelucco al mio fianco «Se è femmina?» domandai di nuovo iniziando a giocare con le dita della mano che era ancora a contatto con il mio corpo.

«Annily»

«No! Questo no! Ti passo "Yves", ma "Annily" no!» scostai con poca grazia la sua mano da me, per poi rimettermi composta sul sedile con le braccia conserte.

Iniziò a ridere così tanto divertito che quasi mi spaventò. Che cosa idiota prendere i nomi delle nostre madri e unirli! Già era un'idea che mi aveva fatto cagare in Twilight, figuriamoci quando era uscita dalla bocca di Harry!

«E dai! Non si può mai scherzare!» si lamentò, però continuando a sorridere.

«Tu però sbagli sempre momento per scherzare» borbottai.

«Lea, non sappiamo nemmeno se sia maschio o femmina, che ti cambia se il nome lo scegliamo oggi o tra quattro mesi? Alla fine, per come sei fatta, all'ultimo cambierai idea e farai di testa tua lo stesso» sghignazzò per poi tornare con la mano sulla mia gamba.

Okay, aveva ragione, ma che male c'era a pensare già al nome?

Girò a sinistra per prendere l'uscita per poi proseguire per qualche altro chilometro su strade interne.

Arrivati allo studio del ginecologo che aveva seguito la gravidanza di mia madre, la ragazza all'entrata ci fece aspettare in una stanzetta tutta colorata con cicogne disegnate e donne incinte con i mariti. Io ed Harry eravamo gli unici ragazzi e gli unici a prendere in giro le coppiette che parlavano con il feto facendogli vedere, per così dire, i giochi da neonato.

Va bene il fatto che parli con tuo figlio ancora nella pancia, ma porca paletta, fargli vedere i giocattoli è alquanto ridicolo. Così entrambi passammo venti minuti a trattenerci per non ridere davanti a quelle bellissime coppie felici.

«Secondo me divorziano tra due anni...» gli mormorai vicino l'orecchio, dato che eravamo appiccicati, e sedevamo praticamente su una sedia unica.

«No...Io gli do almeno dieci anni» mormorò anche lui.

«No, fidati. Il tempo che il pupo nasce e inizia ad urlare e lui se ne va a gambe levate» risposi sicura, fissando discretamente quella coppietta sfortunata davanti a noi.

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