-Lea-
Effettivamente non avevo ancora valutato appieno i problemi che avrei avuto una volta partorito, non tanto dal punto di vista fisico, ma per quanto riguardava l'adattamento.
Ritrovarmi con una persona dipendente da me era strano, oltre che impensabile, ma mi bastò passare insieme a quel fagotto qualche mese e alla fine la mia nuova routine era diventata la solita routine.
Dopo tre anni le cose erano cambiate completamente, Noah era diventato un ometto, ormai parlava a raffica proponendo le sue opinioni, fissando tutti negli occhi, non aveva paura di niente e quello impauriva me, tanto che un giorno lo ritrovai arrampicato sulle mensole della sala.
Era imprevedibile, correva ovunque e a soli due anni aveva iniziato a strimpellare la chitarra giocattolo che Anne gli aveva regalato al compleanno.
Uscii dalla camera, ormai vestita con pantaloni capri neri, e una blusa antracite e tacchi alti, rigorosamente regalatemi da mia madre che ancora, a ventiquattro anni, mi comprava le cose. Arrivata in cucina mi versai il caffè caldo.
Fu mentre ne stavo sorseggiando qualche goccio, evitando accuratamente di scottarmi la lingua, che mi accorsi di un'assenza abbastanza non superficiale.
Tornai in camera, ma niente, e in bagno, nemmeno.
Dove diavolo era finito?!
Corsi nella cameretta. Era nel suo lettino, tutto accartocciato su se stesso. Sorrisi nel vederlo in quel modo, andando verso il letto abbassandomi abbastanza per potergli scostare i capelli.
«Ehilà» sussurrai, accarezzandogli la guancia «Svegliati, amore» continuai, finchè non aprì gli occhi e mi guardò stranito per poi sorridermi mentre si stropicciava gli occhi con una mano.
«Ehi» sbadigliò.
«Cosa stai facendo qui dentro?» sorrisi poggiando le mani sulla ringhiera in legno bianco.
«Non riuscivo a dormire» fece spallucce, sbuffando una risata.
«Oh mio Dio» sussurrai, sorridendo divertita «Vatti a dare una sistemata, altrimenti faremo tardi» feci per andarmene ma tornai indietro «Passami Noah, altrimenti lo schiacci» allungai le mani verso di lui che lentamente spostò il braccio al di sotto della testa del piccolo ancora addormentato profondamente.
Era stupendo con quelle guanciotte piene e arrossate, e la bocca aperta a formare una "o" perfetta, per non parlare dei capelli biondicci e ricci, abbastanza lunghi per un maschietto, ma che gli stavano perfetti.
Sì, ero completamente innamorata di mio figlio.
Quando me lo passò, il piccolo ancora dormiva, ma sapevo che avrei dovuto svegliarlo io, come sempre d'altronde, ma mi fermai due secondi volendo vedere come riusciva ad uscire dal box.
Iniziò mettendosi con il sedere all'insù ed infine alzandosi in piedi, con il rischio di sfondare le delicate stecche della base.
«Non guardarmi in quel modo» borbottò di spalle, mentre cercavo invano di non ridere a quella visione.
«Scusa ma vedere un ventiquattrenne in un culla diciamo che è esilarante. Peccato che non avevo in mano il telefono, altrimenti ti avrei immortalato» mormorai uscendo dalla camera sentendolo ridere come me poco prima.
Andai in camera poggiando il piccolo sul letto, provando a svegliarlo e una volta che aprì gli occhi lo vestii con l'abito "elegante" che Anne ci costrinse a comprare, perché se era per me lo avrei vestito con la solita camicia bianca e pantaloni blu, per andare sul sicuro, ma Anne ci mise davanti il completo e con sguardo assassino ci portò alla cassa.
«Hai preso la tesi?» gli domandai prima di uscire di casa, lasciandola completamente in disordine.
«Sì» si guardò attorno, prendendo velocemente le chiavi della macchina.
Lo vedevo, era in ansia, aveva paura.
Doveva commentare la sua tesi difronte alla commissione ed altre trecento persone, per fortuna che io avevo ancora due anni, frequentando la facoltà di medicina.
«Non essere spaventato, hai studiato, non hai nulla da temere» gli strinsi la coscia, e subito dopo sentii la sua mano sulla mia.
«Non vedo l'ora di finire tutto» prese un profondo respiro.
«Dov'è papà?» mi domandò guardandomi dal basso, mentre prendevamo posto nell'aula magna dell'università.
Presi Noah in braccio, indicandogli uno dei tanti ragazzi vestiti eleganti, in piedi a parlare fra di loro, mentre attendevano che la commissione prendesse posto e la cerimonia iniziasse.
«Eccolo lì» il piccolo lo adocchiò subito, sbracciandosi per salutarlo e subito fu ricambiato.
«Come sei cresciuto» Gemma si avvicinò velocemente a noi, sedendosi al mio fianco salutando prima me e poi il piccolo che l'abbracciò e non si staccò più «Chi è il patato più bello? Chi è? E' Noah!» continuò facendogli il solletico.
«Gemma non è il tuo gatto» le feci notare per la milionesima volta.
«Era agitato?» fece come se non avessi parlato, indicando di sfuggita suo fratello, ancora intento a parlare con i suoi amici.
«Sì, spero solo che non si blocchi» sospirai «Ha dormito l'intera notte nel lettino con Noah» le confessai, sapendo che Harry non l'avrebbe presa molto bene.
Gemma si lasciò andare ad una leggera risata, sovrastando appena il vociare nella sala immensa.
«Ma ci entrava?!» domandò fra le risate mentre il piccolo aveva preso a giocare con i suoi capelli sciolti.
«Certo»
«Già tanto che ha dormito, agli esami delle superiori passava le intere notti sveglio, girando per casa come un fantasma» mi confidò, prendendo in mano le mani di suo nipote per giocarci e baciarle ogni tanto.
«Anne e Des sono arrivati?» cominciai a guardarmi attorno, cercando quei visi famigliari.
«Sono fuori a parlare con i tuoi» rispose distrattamente.
«E se non fanno in tempo a venire?» mi agitai.
«Lea, smettila. Non ti far venire l'ansia!» mi rimproverò.
-Spazio a me-
Finale tremendo, lo so, ma non ho trovato alternative "all'epoca", e cambiarlo mi avrebbe stravolto il terzo libro, perciò l'ho lasciato così.
Ce l'ho fatta a concludere anche questo libro, adesso passerà altro tempo prima che pubblicherò il terzo ed ultimo libro di questa trilogia, perciò spero vivamente che qualcuno lo legga e niente, un bacio grande e grazie mille a chi ha letto, a chi leggerà e a chi metterà una stellina.
BaciXx
Caterina
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Seasons of Love II
Fanfiction"Se tornassi indietro, invece di non vedere l'ora che finissero i nove mesi della gravidanza, ne avrei amato ogni attimo, consapevole del fatto che la cosa stupenda che mi viveva dentro era la mia unica occasione di collaborare con Dio alla rea...