Capitolo 4 - Il mistero del 22

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«Cosa cazzo vuol dire che ho gli indizi?» sbraitò Trev, appallottolando il foglio e lanciandolo contro il muro. Erano tornati a casa, pieni di dubbi e di risentimento. Liam, per prima cosa, si era cambiato. Quei vestiti non facevano per lui. Trev era rimasto tutto il tempo a ragionare su quella lettera.

«Ragiona, Trev. Ti ha mai spiegato il perché di queste stranezze?» chiese Liam. Ricordava che il nonno era sempre stato criptico ed enigmatico. Trevor scosse la testa.

«Mi disse solamente che era importante aprirlo ai miei 22 anni,» confessò. Liam sbuffò, rigirandosi tra le mani quella strana chiave. Era grande e pareva vecchia. All'estremità che non si inseriva nella toppa, vi era un cerchio in acciaio evidentemente consumato. La seghettatura non era di quelle moderne, era arrotondata, quasi smussata dal continuo uso, oppure semplicemente realizzata male o di fretta. Che indizio poteva rappresentare quel mero oggetto? No, quella chiave doveva essere il modo di aprire, di raggiungere l'eredità, non di trovarla. C'era qualcosa che gli sfuggiva, un indizio che era sotto i loro occhi ma non riuscivano a coglierlo. Liam alzò gli occhi al cielo, poi li spalancò e saltò in piedi, ripensando alla risposta data poco prima dal suo migliore amico.

«Aspetta! E se fosse questo l'indizio? Intendo, perché a 22 anni?» urlò, euforico. Trev non sembrava convinto. Il ragazzo avanzò, sedendosi sul divano, affranto.

«Dove sarebbe l'indizio?» ribatté il moro. Liam ci pensò su.

«Cosa ci può essere di importante, legato al numero 22? Legalmente parlando, ci sono diritti o doveri che scaturiscono da quest'età? Mi pare di no,» rispose Liam. L'altro parve pensarci, poi un cipiglio gli si disegnò sul viso.

«Se fosse qualcosa di matematico?» propose. Liam lo fissò.

«Due più due fa quattro,» lo informò. L'altro scoppiò a ridere.

«Qualcosa di più complesso, genio del male,» ironizzò Trev. Lui studiava statistica quindi era portato per le materie scientifiche, mentre Liam, studiando economia, era più abile a far quadrare i conti, non a definire aritmeticamente un numero.

«Tipo?» chiese il biondo, corrucciando la fronte.

«È un numero difettivo,» dichiarò Trev «Perché la somma dei fattori è minore del numero stesso. È un numero di Smith. Nonno conosceva degli Smith forse?» provò il moro. Liam lo fissò.

«Sei intelligente, talvolta. Non so, conoscevate degli Smith? Ma poi, dobbiamo pensare a qualcosa che tuo nonno potesse escogitare, non credo lui sapesse che il 22 è un numero difettoso,» rispose Liam. Trev scosse la testa.

«Difettivo,» lo corresse, l'altro non colse il senso delle sue parole.

«Come?» chiese, Trevor sbuffò platealmente.

«È un numero difettivo, non difettoso. Che cazzo è un numero difettoso? Mi sorprendi ogni giorno che passa con la tua arguzia,» dichiarò l'altro. Liam ignorò la frecciatina e tornò sul discorso precedente.

«Non credo conosceste degli Smith. Altre proprietà matematiche?» domandò, con fare professionale. Trev sorrise.

«Non lo so. Altri possibili collegamenti? Intendo, di altro genere. Che so, boh. No, non lo so,» si esibì il moro in una raffica di parole poco sensate. Liam si sforzava, ma non riusciva a cogliere qualcosa di sensato. Trev guardò l'orologio ed imprecò.

«Cazzo, devo andare a lavorare. Affanculo l'eredità, mi serve lo stipendio da plebeo del bar,» dichiarò, prima di alzarsi e raccogliere i propri effetti personali. Il tempo di dare un rapido saluto a Liam, di mandare un messaggio Whatsapp a Rachel e di espletare i propri bisogni fisiologici, e Trev se ne andò, lasciando il povero biondo a scartavetrarsi i coglioni su di un'eredità che non era nemmeno sua. Rinunciò immediatamente, inserendo il foglio dentro una rivista - Sia mai che qualcuno l'avesse trovato - e poggiando la chiave sul mobiletto della pasta in cucina, sarebbe sembrata una delle chiavi dei mobili della casa (un po' diversa, ma nessuno ci avrebbe fatto caso). Si diresse, senza pensarci due volte, in bagno. Lavò la vasca e aprì l'acqua calda, con l'intento di immergersi non appena fosse piena. Prese i Sali da bagno e li buttò nell'acqua, dopo aver spruzzato del sapone per creare schiuma e immerso uno di quei cosi per rilassare i muscoli. Profumò l'aria col deodorante spray dell'erboristeria, al sapore di limone e un'altra cosa che, in quel momento, gli sfuggiva. La vasca era piena a metà, così lui cominciò a spogliarsi. Amava farsi il bagno, lo rilassava, in ogni stagione, compresa l'estate. Per molti il bagno caldo era peggio rispetto ad una doccia rapida e fredda, per Liam non era così. La sensazione dell'acqua sulla pelle, del proprio corpo sotto quella patina calda e profumata dai Sali. La schiuma, che guizzava in superficie. Era tutto estremamente idilliaco. Inserì il telefono in uno di quei cosi trasparenti per non farli bagnare, attivò la cassa Bluetooth. Fece partire la musica in modalità random. Rise, di Katy Perry, rimbombò nella piccola cassa arancione. Era tutto perfetto. Entrò nell'acqua, godendosi il primo momento di calore assoluto al semplice contatto con il liquido bollente. Si immerse e rimase qualche secondo nell'estasi totale. Poi, l'effetto stordente dell'odore dei sali lo portò a starnutire qualche volta. Si mise a pensare. Pensò a Trev. Provava veramente qualcosa per lui? O era solo una sensazione? Era solo la voglia di avere di più dalla propria vita? Lo sperava. Non voleva provare qualcosa per Trev. Lui non avrebbe capito. Lui non avrebbe ricambiato. Si ritrovò curiosamente a pensare ad Erik. Il suo rivale l'aveva aiutato e non poco quel giorno. Era un gran bel ragazzo, decisamente. Non l'aveva mai visto in quel modo, non l'aveva mai visto affabile, gentile. Dietro alla sua personalità all'apparenza sbruffona, si nascondeva un ragazzo buono. Il lontano rumore del campanello distrasse Liam dai suoi pensieri. Immediatamente spense la musica, si alzò, si sciacquò con la doccia e si mise un asciugamano in vita. Ancora bagnato, indossò le infradito e avanzò, a petto nudo.

«Arrivo!» dichiarò, accelerando verso la porta. Appena la raggiunse, non si preoccupò di guardare dall'occhiolino, sapeva perfettamente chi fosse. Alle 15 di ogni giorno, Rachel, di ritorno dalle lezioni, si precipitava all'appartamento di Liam e Trev per attendere il suo ragazzo e poi scoparlo fino a farlo (s)venire sul letto. Non necessariamente sul letto. Anche sul divano, sulla lavatrice, sul marmo della cucina. Una volta persino in piedi addosso alla porta a vetri - da quel giorno Liam non la toccava a mani nude -. Il biondo fissò l'orologio da parete, che segnava le 14.40. Era in anticipo. Aprì la porta, con un sorriso strafottente. L'espressione gli si spense immediatamente quando vide il volto che si ritrovò davanti. E no, non era decisamente Rachel Jones.

Just Friends (Trilogy of Secrets, 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora