Capitolo 5 - Titanio

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[Dedicato a _farfallalibera_. Ti sono vicino <3]

Erik Greynolds spalancò gli occhi quando Liam Donovan aprì la porta del proprio appartamento. Ciò che si propinava davanti al moro era un'immagine niente male. Liam Donovan, da molti ritenuto il ragazzo più figo dell'università alla pari con Trevor Mulgrew – Anche se, secondo Erik, il paragone non reggeva: Liam era cento volte meglio del suo coinquilino –, era dinnanzi a lui. I capelli scompigliati mettevano in risalto, e non poco, gli occhi azzurri come il ghiaccio. La candida pelle del viso era bagnata, così come il torace e gli addominali, perfettamente scolpiti. In vita, un asciugamano bianco impediva a Erik di godere ancor di più di quello spettacolo eccezionalmente stupendo. Il moro concentrò la propria attenzione sulle goccioline che scorrevano sui guizzanti muscoli delle braccia e del petto. Improvvisamente, la bocca di Erik si asciugò di colpo. Perse il dono della parola, così come la mente lucida e razionale, suo grande marchio di fabbrica. Il biondo agitò una mano davanti ai suoi occhi, lui si riscosse dalla sensazione di torpore che l'aveva preso nel fissarlo.

«C-come?» chiese, con un filo di voce. Liam aggrottò la fronte.

«Ti ho chiesto cosa ci fai qui,» rispose, incerto. Erik mosse le spalle, sciogliendo i propri nervi contratti. Doveva tornare a ragionare, al più presto. Non capiva perché quella visione lo avesse destabilizzato così tanto.

«Io... co-cosa ci faccio qui. Sì, io ecco... ero venuto...» per cosa era venuto? Gesù, non riusciva a riattivare il cervello. Stava facendo figure di merda su figure di merda, e non era capace di pensare. Non era da lui. Non le figure di merda, quelle le faceva giornalmente. Il non riuscire a usare quel raziocinio che tanto lo contraddistingueva dalla massa, che lo rendeva diverso. Migliore forse no, ma sicuramente differente.

«Erik, ti senti bene? Vuoi entrare?» chiese Liam, facendosi da parte. Erik rimase immobile, non poteva muoversi. Ma che cazzo gli succedeva? Erik era sempre stato in grado di parlare. Era il suo scudo, la sua difesa. Inizialmente Erik era il classico sfigato delle superiori, l'emarginato che guarda le ragazze ma non le parla perché beh, perché lui è brutto, è antipatico. Intorno alla terza superiore, aveva deciso di cambiare. Si era fatto qualche amico – più conoscenze per trarre vantaggi che amici veri, di quelli non ne aveva –, aveva fatto in modo che gli altri gli dovessero dei favori. Aveva concluso le superiori da rappresentante di istituto, era conosciuto da tutti, ancora un po' troppo sfigato però. L'università aveva ribaltato tutto: lui era diventato capitano della squadra di Hockey, presidente del club del libro, era nel consiglio degli studenti, nel collettivo, gestiva il club "organizzatori di eventi". Insomma, era una delle tre persone più popolari del campus. E Liam si era accorto di lui. Ad ogni evento, tra i due vi era una sorta di sfida. Era implicito, erano i più conosciuti. Sì, c'era anche Mulgrew, ma lui si tirava sempre fuori da queste faccende. Liam odiava Erik. Erik odiava Liam. In realtà Erik ammirava molto l'altro, ma era più comodo far credere che lo odiasse. E poi, quell'anno si sarebbero svolte le elezioni per l'associazione studentesca, visto che il rappresentante e i consiglieri si erano laureati l'anno prima. Le candidature erano proposte dai membri, ed era uscito il suo nome. E quello di Liam. Lui contro Liam, un'altra volta.

«Erik, mi sto preoccupando,» ribadì Liam, avanzando verso di lui. Quando il biondo lo toccò, uno scossone attraversò il corpo del giocatore di Hockey. Improvvisamente, riprese a ragionare.

«Sì, scusami. Mi è solo girata la testa, allenamenti duri questa settimana. Sai, ci sono i playoff,» provò ad arrancare Erik, avanzando ed entrando nell'appartamento. Liam non era convinto, ma si accontentò di quella spiegazione. Lo invitò a sedersi, mentre lui si fiondò in bagno a vestirsi. Erik osservò quel grazioso appartamento, apprezzandone gli aspetti più reconditi, come quel piccolo tavolo nella cucinetta, le tende graziose ed ornate di giallo, il tappetto color noce in tinta coi mobili dell'ingresso. Era tutto così... strano. Da Liam si sarebbe aspettato un posto più burbero, quasi una tana più che una casa. Si sbagliava. Si mosse, accavallando le gambe. Nel farlo, fece cadere la rivista che era sul tavolino.

«Cazzo!» sussurrò, raccogliendola. Un foglio cadde da essa. Erik lo prese e lesse la lettera che vi era scritta. Liam arrivò, cogliendolo in flagrante.

«Eccomi scusa io... lascia quella lettera, cazzo,» disse, togliendola dalle mani. Erik arrossì ed abbassò lo sguardo.

«Scusa, non volevo leggerla. Mi è caduta la rivista e poi...» provò a giustificarsi, l'espressione di Liam da rude divenne stranamente dolce.

«Tranquillo, non fa nulla. Non dirlo a Trev, se no mi sclera contro che nemmeno Gandalf,» ironizzò, facendo sorridere l'altro. Erik si alzò.

«Ero venuto a portarti questi vestiti lavati, non ti rubo altro tempo,» disse, lasciandogli il sacchetto e dirigendosi alla porta.

«Grazie Erik, ma puoi stare se vuoi. Tanto Trev tornerà tardi,» propose Liam. L'altro lo guardò, poi scrollò le spalle e annuì.

«Che cosa vuol dire quella lettera?» chiese, tornando a sedere. Liam andò in cucina, prese due birre dal frigo e ne porse una a Erik, che ringraziò, bevendola.

«Una cazzata. Il nonno di Trev, un testamento. Pare che ci sia un indizio nel numero 22, qualcosa di introvabile,» spiegò Liam, con tranquillità, bevendo a sorsi la propria Ceres. Erik aggrottò la fronte.

«Tipo che devi trovare un collegamento con qualcosa?» chiese, l'altro annuì.

«Esattamente, solo che non ne sono capace,» confessò Liam. Erik ci pensò, poi scrollò le spalle.

«Sicuramente ci avrai già pensato, ma il 22 è il numero atomico del titanio. Non so se ti possa servire,» dichiarò il moro. Liam sputò la propria birra, cominciando a tossire come un dannato.

«Titanio! Titanio del cazzo! Oddio, ti amo Erik. Mi hai appena spiegato il mistero del testamento,» gridò Liam. Erik sorrise. Era così buffo Liam, spiritoso e simpatico. Un bussare alla porta interruppe i due. Liam spalancò gli occhi, guardando l'orologio.

«Cazzo, è Rachel!» sussurrò, fissando Erik. Questi spalancò gli occhi.

«Rachel... Jones? Porca troia, Liam fammi uscire di qui,» intimò il giocatore di Hockey. L'altro annuì ripetutamente.

«Okay, manteniamo la calma. La prima porta a destra, è la mia stanza. Chiuditi a chiave,» ordinò Liam. Erik ci si diresse a grandi passi. Il biondo rimase in preda al panico. Eliminò la traccia della seconda birra, nascose la lettera e pulì il pavimento dallo sputo di prima, il tutto mentre Rachel urlava da fuori la porta. Okay, Liam ce l'aveva fatta. Si tolse la maglietta e la lanciò sul divano. Poi andò ad aprire, con solo i pantaloni della tuta addosso.

«Scusa, Rachel, ero sotto la doccia,» inventò lui. Lei entrò a grandi passi, scuotendo la testa.

«Che giornata di merda, dovrò rifare il test di Diritto pubblico. Odio la professoressa Turner e...» cominciò a raccontare, andando in cucina per prendere una birra. Aggrottò la fronte.

«Acqua di colonia... Armani. Cosa hai spruzzato? Che schifo sto odore. È lo stesso profumo che mette il mio ex. Hai presente Greynolds, il capitano della squadra di Hockey?» chiese, voltandosi per prendere la birra dal frigo. Liam tossì, cercando di mascherare una risata.

«Vagamente,» finse, con maestria. Lei annuì, rigirandosi verso di lui.

«Sì, esatto. Gran figo, ma poco uomo. Meglio Trev. Sa fare quella cosa, con la lingua...» spiegò, quando l'altro la interruppe immediatamente.

«Zitta, zitta. Okay, non mi toglierò mai più quest'immagine impura dalla mente...»

Just Friends (Trilogy of Secrets, 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora