Capitolo 10 - Dov'è finito Liam?

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Erik lanciò il cellulare sul divano, tirandosi delle sberlette in fronte. Sapeva che non doveva preoccuparsi. Liam era sicuramente da qualche amico, magari era tornato da Trevor a prendere le sue cose, forse era da Rachel oppure Trevor l'aveva perdonato e ora stavano scopando. C'erano tantissime possibilità che lui se ne fosse semplicemente andato. Ma Erik aveva una sensazione. Era il presentimento di qualcosa di brutto. Il moro aveva provato a chiamarlo più volte, ma senza risultato. La cosa che più lo spaventava era che stava indagando su quel codice, su quella frase. Se avesse scoperto tutto, fosse andato nel posto in cui doveva andare e l'avessero rapito? O, ancor peggio, ucciso? Una morsa strinse lo stomaco di Erik Greynolds. Doveva scoprire cosa fosse accaduto. Anche a costo di entrare in contatto con quella scazzosa della sua ex. Prese il cellulare, le chiavi e la giacca e uscì dall'appartamento, ancora in tuta. Salì sull'auto e viaggiò rapidamente sino a London avenue, dove viveva quella squilibrata. Raggiunse l'appartamento, e suonò due volte. Nessuna risposta. Merda, doveva essere da Trevor.

«Fanculo, Mulgrew!» urlò, rientrando in auto e dirigendosi a casa di Trevor Mulgrew. Raggiunse il palazzo in pochi minuti. Scese, il portone era aperto. Salì le scale sino all'appartamento. Si fece forza. Era tutto per Liam, no? Suonò. Dopo qualche secondo, la porta si aprì. Trevor era a petto scoperto davanti a lui. Erik digrignò i denti, immaginando come sarebbe stato bene il suo pugno su quella faccia da sbruffone. Entrò senza fare complimenti.

«Che cazzo fai,» disse Trevor, indicandolo. Rachel arrivò nella sala dalla camera da letto.

«Erik, cosa... è tutto okay? Hai una faccia...» chiese lei, notando l'espressione di Erik. Questi scosse la testa.

«Ho un presentimento. Liam è scomparso, e credo che abbia risolto la frase del testamento,» rispose, fissando Mulgrew. Questi scrollò le spalle e rise.

«Destino, un frocio in meno sulla terra,» disse. Questa volta, Erik non ebbe nemmeno il tempo di provare a trattenersi: il suo pugno si stampò sul naso dell'altro. Trevor urlò di dolore, e si piegò di lato. Erik si sentiva stranamente meglio. Era soddisfacente. Sorrise, contento del suo operato. Rachel si chinò immediatamente a soccorrere il suo ragazzo, sotto lo sguardo incredulo di Erik. La sua ex sarà pure stata fuori di testa, ma non era tipa da stare con un omofobo razzista. Era cambiata, negli anni. Sembrava più... spavalda. Non c'era più la timida ragazzina che lui aveva conosciuto alle superiori.

«È il tuo migliore amico. Cristo, un po' di senso del rispetto. Aiutami a trovarlo, poi potrai tornare a non fare un cazzo come tuo solito, che è comunque meglio di quando fai qualcosa, perché ti ritrovi solo a insultare e discriminare,» proruppe Erik, fissando il dolorante ragazzo. Lui scosse la testa.

«Fuori di qui. Non ho intenzione di aiutarti a trovare quel... coso. Cazzi tuoi,» rispose Trevor. Erik gli sputò addosso e si precipitò fuori. Fanculo Trevor Mulgrew, avrebbe trovato da solo Liam. Tornò al proprio appartamento. Durante il viaggio in auto, non poté che immaginare il peggio. Sarebbe stata colpa sua. Non doveva lasciarlo solo. Era responsabile per lui, era un suo... amico. Forse. Si provava quella sensazione al petto quando si era preoccupati per un amico? Erik non credeva, ma non trovava altre possibili spiegazioni. Arrivò al proprio appartamento. Controllò in camera, poi in sala e in cucina. Non c'erano bigliettini, nulla che potesse indicare dove fosse. Il block notes era poggiato sul tavolo della cucina. Corrucciò la fronte e prese una matita dal barattolo sul mobile. Colorò la prima pagina come facevano nei film, ma l'unico risultato fu di avere una pagina totalmente grigia. Complimenti, Erik, non sei buono come detective. Scrisse la frase su di un altro pezzo di carta. La guardò. Doveva trovare la soluzione, più tempo passava, più la morse attorno al suo stomaco e al suo cuore si stringeva. Prese il cellulare, mandò un messaggio sul gruppo whatsapp "Bei patati" (Quel nome ancora non lo sopportava, ma Clarissa non accettava altre soluzioni).

Gente, help me. Ho bisogno di menti fresche per risolvere un indovinello particolare. Chi viene a casa mia e mi da una mano? È urgente.

Dopo qualche minuto, si fecero avanti Gaby e Mike. Quel gruppo era stato creato dai suoi amici, più o meno. Non è che fosse quel legame in cui ci si frequenta giornalmente, ma erano comunque persone con cui condivideva aneddoti. Per Erik c'erano gli amici, che erano loro, e i veri amici, e non ne aveva mai avuti. Il gruppo contava sei persone, Erik incluso. Gli altri erano Clarissa, Gabriela, Michael, Anthony e Mia.

In una decina di minuti, casa sua dovette accogliere due ospiti. Gabriela e Michael, seduti sul divano, avevano un blocco e una matita a testa. Sul tavolino c'era un foglio con scritta, in grande, la frase:

"20 rocamboleschi anni nella nostra voce".

«Liam era convinto che fosse un indirizzo. Quel 20 sta per il numero, e le parole devono contenere due o tre lettere valide,» spiegò Erik, indicando il foglio.

«Okay vediamo, codice anticonvenzionale. Livello...2, direi,» cominciò Michael, studente di psicologia.

«Quindi, basta trovare due lettere a parola che stiano insieme a quelle della parola successiva e che siano una via di New York,» confermò Gaby, che studiava criminologia. Erik provava e riprovava, con i due che lo aiutavano. Tentativi falliti, altri plausibili ma complessi. Codici presi da google, altri dai libri. Non c'era nulla che li aiutasse. Ma la soluzione era lì, davanti ai loro occhi. Era talmente facile da risultare nascosta. L'indirizzo era scritto. Erik fissò le lettere, le mise mentalmente in colonna. Le guardò, una a una, e riconobbe il lungo viale nei pressi dell'East river.

«Cazzo! Fanculo, ce l'ho!» urlò, sventolando un foglietto. Si mise a sottolineare. Scelse la prima e l'ultima lettera di ogni parola, poi le unì e scrisse l'indirizzo sotto.

"20 rocamboleschi anni nella nostra voce".

"20 Riainan Ave".

«Ma è a nord del fiume! Cazzo, due lettere a parola, era elementare!» proruppe Gaby, lanciando i suoi fogli. Erik non attese oltre, prese la giacca e volò in auto. I due sarebbero tornati a casa dopo. Raggiunse il viale e si fermò al numero 18. Il 20 era poco più avanti. Parcheggiò e scese dall'auto, avanzando sino al numero cercato. Era un magazzino, sembrava abbandonato. La porta era aperta, segno che Liam era stato lì. Erik la spalancò ed entrò. Era tutto buio, così accese la torcia del telefono. Avanzò di qualche passo, prima di fermarsi: il pavimento aveva ceduto, c'era una crepa larga una ventina di centimetri. La superò, andando a sbattere contro qualcosa di solido. Abbassò la torcia per vedere cosa fosse. Erik impallidì, quando si rese conto di aver appena colpito un piede. Il piede di un corpo, riverso faccia a terra. Erik cominciò a respirare in maniera accelerata. Sembrava... morto. Era morto, probabilmente. Doveva farsi forza. Doveva capire se era Liam. Così si chinò, il cuore in gola. Contò mentalmente, preparandosi a voltare il corpo.

Tre, Due, Uno...

Just Friends (Trilogy of Secrets, 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora