Capitolo 7

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L'acqua scorre sul mio corpo, regalandomi un sensazione di appagamento e di relax. Così pura e sacra che scorre su un corpo marcio e malfatto. Chiudo il rubinetto ed incomincio ad insaponarmi con il bagnoschiuma. Lo passo più di una volta sulle mie ferite e i segni dell'aggressione. Vorrei tanto che scomparissero, ma per un po' mi faranno compagnia, una compagnia poco gradita. Riapro il rubinetto, ma questa volta l'acqua non scorre più dolce e delicata, bensì violenta e crudele, procurandomi dolori forti e incontrollati sulle mie ferite. Incomincio a gridare dal dolore, appoggiandomi sulle fredde piastrelle del bagno. Grido forte, ma non spengo il rubinetto, che continua imperterrita a fuoriuscire. La vedo come una sorte di punizione, inflittami perché non ho reagito, perché mi sono lasciata sopraffare dalla rabbia e non sono riuscita a controllarmi quando ho distrutto l'armadietto. Chiudo gli occhi e stringo i pugni, cessando le mie grida. Decido a chiudere l'acqua ed esco dalla doccia. Prendo l'accappatoio e lo indosso. Esco dalla stanza senza vedermi allo specchio. Per ora ne ho fin troppo di specchi.

Mi dirigo in camera mia dove è già posizionata la biancheria. Le bende che mi ha messo Bradley sono durate anche sotto la doccia, ma il dolore quello non è cessato. Nelle mie condizioni e dopo quello che è successo dovrei fare assenza per almeno una settimana a scuola. Indosso i miei vestiti e prendo il cellulare che ha finito di caricare. Ci sono tantissime chiamate da parte di Kim, e so per certa che è preoccupata del mio comportamento, come dargli torto. La chiamerò quando si saranno calmate un po' le acque. Mi giro e noto sul mio letto la maglietta del ragazzo che mi ha aiutato. Dovrei lavargliela, almeno questo.

Il suono del cellulare mi fa svegliare dai miei pensieri. Non lo tengo salvato quindi non ho proprio idea di chi sia.

"Pronto."

"Signorina Johnson è la scuola che la chiama. Siamo venuti al corrente di quello che è successo sta mattina nei corridoi dell'istituto."

Le notizie corrono veloci, penso frustata.

"Si lo so."

"Bene, vorremmo parlare con suo padre domani mattina."

"Mio padre non c'è."

"Senta signorina Johnson se non fa venire suo padre entro domani mattina sarò costretta a chiamare i servizi sociali."

"Aspetti, arriviamo ad un compromesso. Visto che mio padre tra cinque minuti va a lavoro e domani mattina non c'è, gli e lo potrei passare così risolvete per telefono."

"E chi mi dice che la persona con cui parlerò è suo padre?"

"Ovvio, perché a chi dovrei passarvi? Tra cinque minuti esce quindi il tempo scorre. Risolverete questa questione in pochi minuti e come persone adulte. Se mi deve infliggere una punizione o una sospensione va bene. Ma basta che parli ora con lui."

"Va bene me lo passi." Sospira.

So essere molto convincente quando voglio, ho imparato a mentire senza farmi accorgere.

Esco frettolosamente da casa e busso di corsa alla porta di Jim.

Mi viene ad aprire.

"Jim è la scuola, fammi da padre." Supplico con il volto.

Jim sospira frustato.

"Cosa è successo?" Domanda.

"Incidente di percorso." Mento dandogli il telefono.

Lo prende ed incomincia a parlare con la preside.

Dopo un po' stacca, sento che è arrabbiato.

"Cosa diavolo hai fatto Alisha? Hai distrutto un armadietto nel bel mezzo di un corridoio."

Troverò la luce nel buio del tuo cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora