Capitolo 8

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Il momento più catastrofico e noioso della giornata è ormai alla porta. Vorrei chiuderla quella porta per non far accadere, quello che purtroppo deve accadere. Sono davanti alla porta dello strizzacervelli, su essa c'è una targa su cui c'è scritto: "Dottor Daniel Robinson."

Non riesco a comprendere a come si faccia a chiamare dottore. Con un sospiro di frustrazione apro la porta senza degnarmi di bussare. Prima inizia la seduta, prima vado a lavorare.

La figura che mi si para di fronte è quella di un uomo al di sotto dei trent'anni. Sta chinato sulla scrivania nell'intento di leggere qualche scartoffia e non si è ancora accorto della mia presenza. Tossisco lievemente per farmi notare e vedo che salta dalla sedia spaventato, questo non mi fa altro che ridacchiare.

"Vedo che ti diverti a farmi spaventare, ragazzina."

Anche lui con questa ragazzina, no!

"Si è una cosa che mi appaga." Fingo un sorriso.

"Credo che tu sia Alisha Johnson."

"Perspicace, eh sì quello purtroppo è il mio nome."

"Accomodati." Dice indicandomi la sedia. Sbuffo e mi dirigo verso essa. "Qualcosa mi dice che non ti piacciono gli psicologhi."

"Si nota tanto?" Domando ironicamente.

"Umh...un po'. Allora veniamo al punto. Sei tu la ragazzina che ha distrutto un armadietto di vetro giusto? Okay allora cominciamo subito."

"Si meglio cominciare così subito me ne ritorno a casa mia. E poi non mi sdraierò su quella poltrona, è già uno sforzo se sono qui."

"Poteva rifiutare."

"Oh certo che potevo ma purtroppo ne risentiva la mia media, quindi ho deciso di sacrificarmi."

"Come mai hai avuto quello scatto nel bel mezzo di un corridoio?" Incomincia con le domande.

Devo trovare un modo per fare tutte le sedute, rispondendo a meno domande possibili. Ecco perché odio gli psicologi, fanno troppe domande, importandosi di fatti che non li riguardano minimamente.

"Vorrei saperlo anch'io."

"Vuoi dire che l'hai fatto incoscientemente?"

"Purtroppo le cose non si fanno mai incoscientemente."

"Non la comprendo."

"Credo che non ci riuscirà mai, dottore." Dico marcando l'ultima parola.

"Che rapporti hai con suo padre signorina."

'Non c'ho un rapporto.' È questo che avrei dovuto rispondere.

"Normale." Rispondo impassibile senza tradire le mie emozioni, che ormai non esistevano più. Ero diventata un ghiacciolo, impassibile che non provava più nulla se non indifferenza.

"Allora suppongo che quello scatto sia dovuto a rabbia. Eh perché ha avuto quello scatto?"

"Non ho avuto nessun scatto di rabbia. Come ho già detto anche alla preside mi sono appoggiata e si è rotto il vetro dell'armadietto. Cosa ci posso fare se qui esistono armadietti scadenti?"

"Purtroppo gli alunni non la pensano come te."

"Signor Robinson mi pare che io e lei non abbiamo confidenza, e poi gli alunni parlano e parlano. Devono trovare il modo di far passare la loro monotonia."

Rimane per un attimo interdetto sulle mie parole, come se non se le aspettasse, oppure come se non si aspettasse che uscissero così fredde e indifferenti, senza far trasparire nessuna emozione.

Troverò la luce nel buio del tuo cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora